Reinventarsi

Quello che non ti aspetti

Maria Montessori
Written by Amiche di fuso

L’idea di trasferirmi in America non mi aveva entusiasmato fin dall’inizio. Non era la lontananza il disagio maggiore – sebbene Seattle sia davvero molto distante da quello che era il centro della mia vita nella capitale tedesca – quello che mi frenava, oltre al non aver mai subìto il fascino degli Stati Uniti, era il fatto che almeno all’inizio non avrei potuto lavorare per via delle leggi americane sull’immigrazione.

Ho sempre più o meno lavorato dai 20 anni in poi, ho sempre lavorato e studiato, ho sempre desiderato una seppur piccola indipendenza economica per togliermi tanti sfizi.
Quando mi sono trasferita stavo finendo un nuovo percorso di studi, mi mancavano pochi esami e la tesi, quindi in qualche modo sapevo che avrei avuto da fare anche lì, eppure non poter lavorare mi pesava. Tanto. Ho sempre ritenuto che studiare soltanto fosse per me riduttivo. Fortunatamente il tipo di visto con il quale mi trovo negli USA mi ha consentito di richiedere un permesso di lavoro che è strettamente legato ad esso: così, a novembre 2013 (un anno dopo) il tanto atteso work permit è arrivato.

Dunque, che fare? Io sono fondamentalmente un’insegnante di italiano, è quello in cui mi sono specializzata dopo una laurea in filosofia, è il campo in cui ho più esperienza, ed è ciò che in assoluto mi piace di più fare. Il problema di questo mestiere è che non è affatto semplice farlo: ci si può accontentare di lezioni private (e per me è stato un buon inizio), ma in base al posto in cui ci si trova spesso ci sono più insegnanti che studenti e le scuole hanno poca richiesta.

A Seattle però, e questo andava davvero oltre ogni mia aspettativa, è successa per me una magia. Ma non subito.

Col work permit in mano ho cominciato a tediare tutti gli asili della zona col mio curriculum e una freschissima laurea in pedagogia, ma ovviamente l’aver troppe qualifiche non si è rivelato di aiuto. Per lavorare negli asili tradizionali spesso basta avere 18 anni e il diploma di liceo, per essere insegnanti responsabili un bachelor, ma anche solo i due anni del community college…insomma di sicuro un bachelor e due master in mio possesso non mi avrebbero aiutato; anche perché a me mancava proprio l’esperienza pratica che è fondamentale. Quello che ho notato nei datori di lavoro è stato soprattutto lo stupore nel trovare me, con un master (corrispettivo della nostra laurea specialistica) in pedagogia e volere insegnare in un asilo (notoriamente un lavoro pagato pochissimo) invece di tentare la carriera accademica con PHD. Ma io volevo fare esperienza e non mi sono data per vinta.
Dopo aver fatto una prova in un asilo tradizionale però, ho davvero capito che quel lavoro non faceva per me, che non avevo studiato per fare la baby sitter o la vigilante di bambini urlanti senza controllo che impiegavano le loro ore con giochi rumorosi e poco educativi. Sono stata sfortunata a capitare in un asilo del genere, ma poi parlando con insegnanti che avevano fatto quel lavoro per tanto tempo mi demoralizzai sentendo che per la maggior parte era stato un lavoro di ripiego. Insomma una casualità sfortunata di eventi mi aveva buttato giù.

In quel momento sono andata in crisi, ho rimesso in discussione tutto e cercato di capire cosa volessi fare davvero. Sapevo che volevo insegnare ai bambini, ma in un modo diverso.

Quello che cerco in un lavoro non sono i soldi (a quelli ho rinunciato quando scelsi di studiare filosofia) nè la possibilità di fare carriera; quello che cerco è la gratificazione personale che per me arriva sempre e necessariamente dai contatti umani. Ho lavorato parecchio tempo in un ufficio davanti ad un computer e a fine giornata mi sentivo vuota e inutile, perchè quello di cui sento il bisogno è un sorriso, un “grazie”, un “ho capito”, insomma ho bisogno di sentirmi utile agli altri in qualche modo e di fare qualcosa che renda gli altri felici e soddisfatti. E anche se spesso non viene riconosciuto, fare l’insegnante è uno dei lavori più importanti e alla base di una società, formare delle persone  – e nel mio caso delle persone in divenire – è per me una delle cose più gratificanti che io abbia mai provato nella mia vita. Insegnare agli adulti mi dà tanto e per molti versi è più semplice, ma insegnare ai bambini è una sfida enorme, farsi amare da loro, mettersi in discussione ogni giorno mi dà molto di più.

Con la testardaggine che mi caratterizza ho cercato qualcosa di più adatto a me e mi sono fatta avanti chiedendo di collaborare come volontaria/tirocinante in un asilo Montessori. Il metodo si è rivelato essere perfettamente in linea con le mie aspettative e già dopo pochi mesi, data la mia naturale compatibilità coi bimbi e le mie conoscenze, mi avevano offerto un lavoro per l’anno successivo. Essendomi io specializzata con una tesi di neuroscienze sui bambini bilingui, ho realizzato il sogno di mettere in pratica i miei studi insegnando italiano a dei piccoli americani, in un ambiente Montessori. La passione è diventata talmente grande che ho preso la decisione di formarmi completamente come insegnante Montessori certificata, inizierò ad agosto.

Restare a casa ad aspettare e rifiutarmi di lavorare gratis di sicuro non mi avrebbe portato da nessuna parte. Il regalo più grande è stato quello di scoprire una passione per un metodo che, ironia della sorte, è del tutto italiano ma al quale gli Stati Uniti attribuiscono grande serietà e valore. La vita, i viaggi, e la buona volontà portano quello che non ti saresti mai aspettato.
A questa esperienza americana devo tanto in questo senso: devo la scoperta di una passione, la conoscenza di persone qualificate e dedite al loro lavoro, la voglia di rimettermi in gioco e quella di non rinunciare alle mie ambizioni, la curiosità generata in me e tutti i momenti bellissimi che ho trascorso insegnando a quei bambini. A Seattle devo lo stimolo di avermi spronato a studiare di nuovo (e ancora!), a volermi migliorare sempre, all’aver potuto anche lì trovare qualcosa che non mi facesse fermare, perché fermarsi proprio non fa parte della mia natura.

Valeria, Washington
Ha collaborato con Amiche di Fuso da Febbraio 2014 a Novembre 2014

Immagine presa da qui

 

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

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