Family&Kids

Diventare mamma all’estero…in Cina!

Written by Federica Italia

Ci siamo sposati dopo 6 mesi dal nostro trasferimento in Cina e 6 mesi dopo sono rimasta incinta del nostro primo figlio.
Mi resi conto di avere un piccolo ritardo proprio il giorno prima della partenza per l’Italia per il periodo pasquale. Avrei dovuto viaggiare sola perché mio marito mi raggiungeva 10 giorni dopo. Feci subito il test a casa perché non avrei voluto dirglielo per telefono o aspettare i 10 giorni in cui saremmo stati separati. Quella sera lui aveva un’importante cena di lavoro fuori città e sarebbe rientrato tardissimo. Al mattino quando mi raggiunse in cucina per colazione trovò sul suo piatto un pacchettino minuscolo con dentro due calzini da neonato. Ricordo la sua esplosione di gioia come uno dei momenti più belli della nostra vita insieme. Desideravamo entrambi tantissimo un figlio e fu durissima separarci quel mattino stesso dopo una sola ora dal mio annuncio.
Anche per questo per me è stato chiaro da subito che mio figlio sarebbe nato in Cina. Rientrare in Italia avrebbe infatti voluto dire separarmi da mio marito almeno un mese prima del parto, rischiare che lui non fosse presente all’evento perché la Cina non è proprio dietro all’angolo e fargli perdere i primi mesi di vita del piccolo. Personalmente non ho avuto dubbi perché per me l’importanza di vivere un evento così eccezionale accanto a mio marito superava di gran lunga tutte le preoccupazioni. Ovviamente ho posto come unica condizione di trovare una struttura che mi facesse sentire tranquilla e sicura.

L’esordio invece fu pessimo! Dovevo fare il secondo giro di analisi generali e mio marito aveva organizzato perché la segretaria dell’azienda dove lavorava prenotasse e mi accompagnasse nell’ospedale migliore della città.
Appena varcammo la soglia del grande reparto maternità mi sentii soffocare. Mi ritrovai circondata da centinaia di donne cinesi con il pancione con il classico ed orrendo grembiule senza maniche che si usa in Cina, quando si è incinta, sopra agli altri abiti. Grembiule che io allora pensavo servisse per segnalare che si è in attesa e non venire così spintonate per strada fra la folla per poi scoprire invece che è addirittura un grembiule anti-radiazioni la cui funzione non ha nessuna conferma scientifica, ma che tutte le cinesi meno acculturate continuano ad usare. Nel salone d’attesa tutte le donne incinta e le tante accompagnatrici erano impegnate a parlare tutte insieme a voce alta come solo i cinesi sanno fare.
La segretaria aveva prenotato per avere un trattamento internazionale/VIP. Ci hanno fatto fare su e giù per vari piani più di una volta perchè evidentemente non sapevano dove dovessimo andare. L’ascensore, o meglio il montacarichi, era talmente stipato che nonostante il caldo, il mio essere a digiuno e la pressione bassa, decisi di salire e scendere le scale a piedi. Dopo un bel po’ ci fecero tornare esattamente dove erano tutte le altre a fare la stessa fila. Piccolo particolare: nessuno parlava una parola di inglese. La segretaria non finiva più di dirmi “sorry” perché evidentemente era chiaro anche a lei che il trattamento VIP che le avevano riservato non esisteva affatto.
Dopo più di un’ora finalmente mi chiamarono. L’infermiera mi investì con un fiume di parole in cinese e mi diede in mano una vaschetta rettangolare di quelle che usano in Italia nei supermercati per l’affettato. Solo che era per l’urina. Di una plastica così sottile che non rimaneva rigida sui miei palmi nemmeno da vuota. Mi indicò una parete con tante porticine che capii essere i bagni. La segretaria continuava la sua litania di “So sorry”.
Vorrei risparmiarvi quello che venne dopo, ma serve per farvi capire il livello del mio sconforto. Ero in Cina da più di un anno e mai mi era capitato di vedere i famosi bagni pubblici cinesi descritti da Terzani in uno dei suoi libri, tanto che credevo fossero ormai una cosa appartenente al passato o una leggenda metropolitana. Scoprii proprio quel mattino che non era così…
Entrai attraverso una delle porticine, tutte aperte sia sotto che sopra, in uno dei bagni con il grande soffitto in comune e vidi che purtroppo non era l’unica cosa in comune. In mezzo al pavimento c’era una canaletta, dove scorreva l’acqua, che attraversava tutti i bagni per cui io vedevo passare anche ciò che arrivava dai bagni posizionati prima di me. Grazie a Dio la mia era una gravidanza senza grandi nausee… Riempii la mia vaschetta del prosciutto e la portai con difficoltà all’infermiera senza rovesciarla, mi assicurai che usassero un ago nuovo per farmi il prelievo ed uscii da lì il più velocemente possibile. Appena in strada telefonai a mio marito esplodendo in un pianto liberatorio e dicendogli che io lì non ci avrei mai più messo piede.

Appena fui di nuovo calma, mi informai subito per i migliori ospedali di Shanghai anche se si trovava a quasi due ore d’auto dalla nostra città. Non potevo pensare di partorire in un ospedale dove nessuno parlava inglese dato che già sarebbe stato difficile lo stesso farlo in una lingua non mia. Scoprii che quasi tutte le espatriate di Shanghai partorivano in una clinica privata seguiti da un’ostetrica famosissima per la sua bravura. Avendo una buona assicurazione sanitaria non era un problema che si trattasse di una struttura a pagamento. Prendemmo subito appuntamento e rimanemmo in effetti colpiti dalla clinica per pulizia, modernità ed efficienza. Era presente anche la rianimazione infantile per cui non ebbi dubbi a decidere che nostro figlio sarebbe nato lì.

Al settimo mese di gravidanza convinsi mio marito a trasferirci a vivere in una città un po’ più lontana dal suo lavoro, ma con una bella comunità expat e, soprattutto, un ospedale dove c’era un vero reparto internazionale dove parlavano inglese. Non potevo accettare di vivere in un luogo dove, se avessi avuto urgenza di cure per mio figlio, nessuno avrebbe potuto capirmi. Inoltre, la distanza dall’ospedale dove avrei partorito, si sarebbe ridotta ad un’ora soltanto.

Un venerdì sera alle 11 persi il tappo amniotico ed iniziai ad avere qualche contrazione. Mio marito, distrutto dalla settimana lavorativa e dopo aver chiuso una pesante conference call con l’Italia, mi disse di stare tranquilla e se ne andò a dormire. Le contrazioni continuarono e all’una, quando ormai le avevo già regolari e da copione, decisi che era arrivato il momento di svegliarlo. Cercò di convincermi ad andare al mattino e faticai per farlo scendere dal letto dicendogli che ero sicura che era arrivato il momento!
In Cina lui disponeva di una macchina con autista dato che la patente internazionale non è riconosciuta e l’esame va fatto in cinese. L’autista in quel periodo era una donna e mio marito nell’ultima settimana l’aveva pregata di dormire con il cellulare acceso in caso che avessimo avuto bisogno di notte. La chiamò al telefono e dopo soli 5 minuti suonò il campanello! Probabilmente dormiva in auto sotto casa nostra da giorni!!
Arrivammo in ospedale velocemente perché a quell’ora l’autostrada era deserta. Io ero già abbondantemente dilatata, ma il piccolo era ancora troppo in alto. Ad un certo punto, dopo diverse ore, gli rallentò per un attimo il battito e decisero per un cesareo d’urgenza. Fecero entrare anche mio marito in sala operatoria e, nonostante la preoccupazione, mi sentivo al sicuro. Dopo l’epidurale anche i dolori forti finirono e poi fu solo gioia ed emozione.

Appena fuori dalla pancia Ero diventata mamma e vedevo la nostra creatura in braccio al suo papà tutto vestito di verde come i suoi occhi, l’unica parte del viso scoperta. Il suo sguardo così luminoso e felice che non importava che il suo sorriso fosse nascosto dalla mascherina.

Impronta del piede

Impronta del piede

In questo tipo di cliniche il papà può rimanere a dormire in camera con la mamma ed il bimbo e così, quella stanza di ospedale di Shanghai, è stato il primo luogo che ci ha visto diventare una famiglia vera.

Tenerezza

Tenerezza

Siamo stati coccolati dalle infermiere sempre molto presenti ed abbiamo mangiato benissimo con tanto di menù come al ristorante. L’ultima sera ci hanno addirittura organizzato una cenetta a lume di candela in camera chiedendoci se volevamo che ci tenessero il piccolo. Noi abbiamo rifiutato e ce la siamo invece goduta tutti e tre insieme.

Avvolto alla cinese

Avvolto alla cinese

Essendo il periodo prenatalizio i nostri amici expat erano già tutti partiti e non abbiamo voluto che le nonne venissero prima del parto. Volevamo esserci solo noi e desideravo che mio marito stesse con me senza doversi preoccupare di portarle avanti e indietro da casa all’ospedale. Non abbiamo quindi ricevuto nessuna visita, ma non ci siamo sentiti soli o privati di qualcosa. In questo modo ci siamo anzi goduti ogni singolo attimo senza distrazioni esterne.

Ed è stato assolutamente perfetto come volevamo.

 

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Federica Italia

6 anni vissuti fra Cina e Thailandia. Un figlio nato a Shanghai e uno in Italia. Con 11 traslochi all'attivo mi sembra di aver vissuto più vite. Guardo il mondo con occhi curiosi, di solito dietro all’obiettivo della mia Canon. Adoro leggere e scrivere sui miei blog: Mamma in Oriente sulla Thailandia e My Travel Planner, il mio nuovo progetto dedicato ai viaggi!

34 Comments

  • Non invidio la parte con le latrine condivise, mi ero persa questo dettaglio sulla Cina…

    Le foto del tuo bimbo sono spettacolari e la tua esperienza molto bella.
    Hai fatto bene a partorire con tuo marito vicino, avrei fatto lo stesso… Hai avuto coraggio, viste le premesse di cui sopra.

    • Me le sarei perse volentieri anch’io!!!
      Però è stata sicuramente un’esperienza bellissima e non mi sono mai pentita nemmeno per un minuto di aver fatto la scelta di partorire da sola con mio marito.

    • Il coraggio viene sempre quando si desidera tanto che un evento così importante avvenga con il tuo compagno a fianco! Per me non sarebbe potuto essere altrimenti. Fermo restando ovviamente di avere una struttura adeguata e che mi desse sicurezza.

  • Bellissimo il tuo racconto e il tuo bambino.vivo in Cina anche io,sono sposata da poco,sinceramente ho ancora qualche dubbio a far nascere mio figlio qui.

    • Grazie!
      Secondo me infatti non deve essere una forzatura. Te la devi sentire tu prima di tutto e la decisione può essere presa con serenità solo se ti senti tranquilla della struttura ospedaliera. Anche io non avrei mai messo a repentaglio la vita del mio bambino se non avessi riscontrato che la struttura era ottima. Poi certo l’imprevisto può capitare in Cina come, purtroppo, in Italia.

  • Anche io ho deciso che saremo solo io e lui. Mi preoccupa la lingua, perché l’inglese qua lo parlano tutti ma in quei momenti come si fa ad essere sicuri di poter passare da una lingua all’altra? ho bisogno di qualcuno vicino e non può che essere lui, che oltretutto gioca in casa, e un’infermiera che non se la cava con l’inglese la trovi spesso, i malintesi sono dietro l’angolo. E non ci saranno visite immediate: credo che quei primi giorni in tre siano fondamentali. Ma che ansia….

    • In tutta onestà ti dico che l’ansia per la lingua ce l’avevo anch’io eccome!! Anche perché allora l’inglese lo parlavo ancora meno di adesso… La presenza di mio marito mi rassicurava anche proprio perché lui lo parla molto bene. Ti posso dire pero’ che lui si è addormentato appena arrivati in ospedale e l’ho fatto svegliare al mattino dopo perché temevo si perdesse la nascita!! Lui era proprio sereno e tranquillo.. Ed io me la sono cavata nelle ore del travaglio anche da sola. Alla fine i comandi non sono molti e la gestualità fa tanto! Nei momenti essenziali poi ovvio che c’è stato anche lui ed è stato fondamentale! E’ legittimo comunque essere in ansia, non pensare di essere anormale!.
      Sì i primi giorni in tre sono meravigliosi!

    • Sì ricordi bellissimi! Mi sono emozionata molto anche nello scrivere l’articolo a distanza di tempo.
      Quella di fasciare il bimbo così stretto è un’usanza e tradizione cinese. Ritengono che, soprattutto i primi giorni, il bimbo si senta più tranquillo e protetto ad essere contenuto come se fosse ancora stretto dentro la pancia. E ti devo dire che ho continuato ad avvolgerlo nella coperta anche a casa per diversi giorni e lui, che è stato fin da subito un bimbo molto sensibile, ha sempre gradito molto.

      • Anche io ho usato la fasciatura morbida in Italia per entrambe le figlie, insegnatomi dalla mia doula. Certo io lo chiamavo “fagottino”, qualcun altro in famiglia meno a favore “camicia di forze”, ma il risultato era sorprendente! Ed era perfetto anche per allattare. W il fagottino 😉

        • Per allattare non ho mai provato, ma per la nanna era eccezionale. Camicia di forza è un po’ esagerato! Non ricordo che il mio piccolino abbia mai versato una lacrima quando lo avvolgevo…

  • Che bel racconto! (Bagni a parte 😉 )
    Anche io e mio marito abbiamo deciso di partorire soli… qui in Italia. Credo sia un’esperienza stupenda da vivere come coppia e famiglia nel senso stretto. Certo invidio il fatto che tuo marito potesse dormire con te e… addirittura la cena a lume di candela! Bé! 🙂

  • La fasciatura stretta si usa anche in Germania e ho imparato anch’io a fasciare, nelle prime settimane è un ottimo aiuto per far addormentare la creatura!

    • Ah vedi che non c’è bisogno di andare in Cina per trovare questa usanza!
      Anche a me serviva soprattutto per farlo addormentare…

  • Effettivamente quando ci sono già altri bimbi la logistica diventa molto più complicata. Io per il secondo ero in Italia anche se mio marito veniva a casa solo nel fine settimana perché lavorava fuori regione. Pur essendo nato un mese prima e all’improvviso, ha scelto di farlo molto opportunamente di sabato. Quindi avevo il marito a casa ed in più, per puro caso, c’era anche mia madre che non viveva nella stessa città. Così di nuovo ho potuto avere mio marito a fianco ed il mio bimbo a casa tranquillo con la nonna. Immagino, stando all’estero, quanto fosse difficile cercare di incastrare tutto!

  • Che bel post: mi ha tenuta in sospeso fino all’ultimo!
    Io ho vissuto due mesi in Cina, alla periferia di Ningbo, a tre ore da Shangai: giusto il tempo per capire che non faceva per me e scappare 🙂

    • Grazie!
      Guarda la Cina dipende molto da dove sei. Nella prima città è stata dura, nella seconda decisamente molto meglio. Se uno poi sta a Shanghai la vita è certo molto facilitata pur rimanendo un luogo con varie cose a cui adattarsi. Posso immaginare cosa fosse la periferia di Ningbo che immagino molto simile alla mia prima città (Wuxi)!!

  • Un bellissimo racconto, emozionante. Mi piace il fatto che il padre abbia la possibilità di dormire con mamma e bambino, lo trovo davvero romantico.
    Quando c’è una famiglia non ci si sente mai soli, anche dall’altra parte del mondo.
    Foto incredibili!! <3

    • Grazie!
      Dormire tutti insieme le prime notti è una cosa meravigliosa. Anche perché provando ad immedesimarmi, deve essere così brutto per i padri andarsene e lasciare lì mamma e bimbo. Se poi pensi che in Italia in alcuni ospedali ancora non ti lasciano nemmeno il bimbo in camera…
      Hai ragione quando si è una famiglia non ci si può sentire soli!

  • Ho capito dove hai partorito ;)!!! Io ho partorito in un altro ospedale ma se la tua storia risale a qualche tempo fa non c’era ancora. P.S. Però guarda che l’esame della patente in Cina si può fare in dieci lingue, dillo a tuo marito!

    • Il mio bimbo compie 7 anni il prossimo dicembre! Tu vivi ancora lì?
      Non so se siano cambiate le cose. Ti posso assicurare che allora l’esame andava dato in cinese. Almeno dove vivevamo noi, ma ricordo che un amico di Shanghai aveva pagato una certa cifra per fare un esame “finto” (in pratica l’aveva dato un cinese al posto suo!). Ora siamo in Thailandia e qui basta fare due esami, vista e riflessi, e con la patente italiana ti danno anche quella Thai, quindi tutto più semplice. Thailandesi alla guida a parte! Ma anche i cinesi come sai non scherzano!

  • Che bello, non conoscevo così bene la tua storia! Come sai bene anche io ho scoperto che sarei diventata mamma in una clinica di Shanghai, ma nonostante fosse proprio una di quelle internazionali frequentate dagli expat non ho avuto una bella esperienza come te! Però la tua storia mi ha fatto tornare alla mente momenti comunque unici…ed è bellissimo che tu e tuo marito vi siate vissuti da soli un momento così importante…devo dire che la presenza dei rispettivi suoceri intacca un po’ la magia! Bellissimo il tuo bimbo avvolto alla cinese, sarà una bellissima foto anche per lui quando crescerà!

    • Mi spiace che la tua esperienza cinese non sia stata altrettanto positiva.
      Penso anch’io che sarà buffo per mio figlio rivedersi così avvolto! Conserviamo anche l’impronta del suo piedino che ci hanno regalato impressa su di un supporto in plexiglass.

  • che meraviglia queste foto!!!
    un ricordo prezioso per voi ma anche un regalo inestimabile per vostro figlio quando sarà grande.

    Immagino la difficoltà di trovarsi, da soli, ad affrontare i primi momenti col bimbo ma…. per carità, il parto lo si fa in due, così come si è concepito!

    Quando io (rotte le acque)andai in ospedale, Il mio compagno dovette “discutere animatamente” al telefono con sua mamma perché non venisse al pronto soccorso :-O

  • I miei sono nati tutti in U.S. e per l’arrivo del primo eravamo completamente soli. Un’esperienza che non dimenticheremo mai. Non solo per il travaglio lunghissimo (33 ore ), ma anche per le scene tragi-comiche che abbiamo vissuto . L’assistenza e’ stata eccezionale, cosi come la pazienza di tutto il personale ( mi hanno mandato anche un’infermiera italo-americana per convincermi a fare l’epidurale. Scena comicissima: abbiamo visto che tutti si complimentano con lei che mi aveva parlato in stretto dialetto calabrese, perche avevo detto subito “si”, dopo ore che provano a convincermi in inglese. In realtà, io mi ero convinta per conto mio, ma loro hanno pensato che fosse merito dell’arte oratoria dell’anziana nurse ;). ) Nonostante la stanchezza e le condizioni pietose del post parto naturale (una bruttissima emorragia e una quarantina di punti), io ricordo quest’esperienza come la piu straordinaria della nostra vita familiare. Non avrei voluto accanto nessun altro che non fosse Filippo, mio marito, che e’ rimasto tutto il tempo con me e che ha pure aiutato la midwife di turno a ricucirmi. Anche noi, non abbiamo voluto che portassero il piccolo nella nursery, e ce lo siamo tenuto in camera, fino a quando non mi hanno dimessa. La cosa più strana di quest’esperienza, e’ che io ricordo perfettamente la sensazione provata nel momento in cui , mi hanno messo addosso Davide con ancora il cordone ombelicale attaccato e tutto sporco. Io ho pensato che non avevo mai visto niente di cosi bello in vita mia. A dirla tutta, quando giorni dopo ho rivisto le foto di quei primi istanti, mi sono resa conto che il piccolo era, appena nato, veramente brutto e stropicciatissimo. Ma a me, e’ rimasta dentro quell’impressione di “stupor mundi”. Potere delle endorfine! 😀

    • Ciao! Grazie per avermi raccontato la tua esperienza di parto all’estero! È vero, anch’io non avrei voluto nessun altro vicino a me che mio marito!
      Riguardandoli a posteriori nei primi momenti di vita non sono mai bellissimi, soprattutto in un parto naturale, ma è vero…per noi mamme non c’è nulla di più bello!

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