Family&Kids

Guide Giapponesi Ep.2 – Gravidanza nipponica

Written by Veronica Marocco

Prima o poi doveva succedere, ed è successo a Tokyo: un altro baby in arrivo per le zie di Amiche di Fuso! E così oggi vi racconto la mia esperienza con la gravidanza nipponica (ovviamente, tutto ciò che segue è frutto della mia esperienza personale, come sempre).

Passata la prima fase di emozione, le prime settimane di attesa chenonsisamai, si parte con le visite di routine, le ansie, le ecografie, l’osservazione della pupa che cresce… e ovviamente si scopre che il Giappone, su alcune cose, si distingue dal resto del mondo 🙂

Primo scoglio: trovare un ginecologo /a che parlasse Inglese. Per fortuna mi ero già premunita e avevo fatto delle visite di controllo già da qualche tempo, dunque ho continuato ad andare dalla mia Sensei con grande gioia.

La dottoressa si è dimostrata molto brava e capace, ma sicuramente un po’ evasiva e sbrigativa rispetto ai medici a cui ero abituata in Europa. Alla mia domanda sulla dieta da seguire, se ci fossero altri alimenti oltre ai soliti noti che mi sconsigliava, la sua risposta sorpresa è stata che “No, ma cosa dici mai, ma puoi mangiare tutto! Il pesce crudo è un ottimo nutriente per il bambino in crescita!”. Partendo dal presupposto che probabilmente le Giapponesi hanno gli anticorpi che fanno le veci dell’abbattimento una volta ingerito il sashimi incriminato, io ho detto maancheno, e mi sono attenuta al senso comune europeo (e mondiale, direi). Ed è stato qui che mio marito ha esclamato la famosa frase, rimasta celebre: “Ogni volta che un ginecologo giapponese parla, ne muore uno in Occidente!”

Scoglio due: la clinica /ospedale. Perché se ne vuoi una in cui un po’ di personale (e i medici) parli inglese, e che magari ti faccia anche una peridurale, la shortlist si riduce forse a… due o tre a Tokyo? La peridurale richiede un capitolo a parte: molti ospedali non la offrono, molti altri solo in orari di ufficio, quando è presente l’anestesista. La mia dottoressa mi ha spiegato sorridente che loro, le donne giapponesi, lei compresa, al 90% dei casi non ne fanno uso. Ma siccome io sono una vile occidentale, pavida e tremebonda, ecco, mi piacerebbe averla.

Scoglio tre: gli esami. Che a me sembrano pochi rispetto a quelli proposti in altri Paesi. Quando una nuova ginecologa in un altro Paese (di questa nuova avventura parlerò a parte in un altro post, vi basti sapere che c’è un cambio in corsa!) ha chiesto che io ripetessi la toxoplasmosi al sesto mese, prima di passare definitivamente con lei, la mia Sensei ha sgranato gli occhietti: “Ma è già stata fatta, è negativa, va tutto bene!”. Si, ma al terzo mese. Va bene che non so più cosa sia il formaggio se non le mozzarelle di plastica Kraft made in Hokkaido, va bene che piango di fronte alle vaschette di sushi, ma vuoi mai che in questi tre mesi passati abbia lavato male un pomodoro?

Scoglio quattro: la degenza. A parte il fatto di doversi registrare all’ospedale prescelto mille mesi prima del parto, durante le visite di ricognizione da me fatte in alcuni ospedali di Tokyo mi è stato confermato che “le giapponesi stanno circa sette giorni in ospedale, ma voi straniere dopo cinque giorni volete uscire”. Vaglielo a dire che in Italia dopo due notti – tre giorni ti accompagnano all’ascensore e schiacciano il pulsante del parcheggio, mentre le infermiere fanno ciao ciao con la manina.

In ultimo: le ecografie. Fatte ogni mese, benissimo, ma… dopo una panoramica sulla pupa e una serie di misure misteriose che non mi vengono spiegate, l’annuncio del peso raggiunto dalla piccola sanguisuga mese dopo mese, una serie di “Kawaiiiii!” con occhi languidi verso lo schermo, il tutto finisce. Ma come? mostrami un radio, un piedino, un’ulna! Spiegami tuttecose!

Scherzi a parte, finora tutto è comunque andato bene, e non posso davvero lamentarmi del sistema giapponese in generale. Un po’ tradizionalista rispetto alla maternità, vero, ma sicuramente molto attento al seguire il più possibile mamma e bambino in maniera naturale.

E voi? avete avuto esperienze di maternità in espatrio? o siete tornate in Italia per il giorno X?

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, quando pensavo alla possibilita' di partire dall"Italia la mia immaginazione si fermava a Londra...e invece dopo due anni in Francia, nel 2011 scendo dalla scaletta di un aereo che mi porta dritta a Hong Kong, per quasi quattro anni. Nel 2014 la seconda tappa del tour asiatico: Tokyo, immensa, calma e caotica al tempo stesso. Dopo due anni nella megalopoli giapponese, nuova destinazione è Taipei, capitale dell'isola di Taiwan, che rimarrà nei nostri cuori: qui è nata Beatrice, la nostra bambina. Nel 2019 siamo arrivati a Shanghai, per poi tornare in Europa, in Francia, nell'estate del 2020. Per l'inizio del 2022, quando ormai credevo sarei rimasta europea, e dopo essere diventati quattro, accogliendo Francesco (nato a Nizza), un nuovo biglietto aereo diceva Doha, Qatar. Un bel giro del mondo del quale proverò a raccontare.

8 Comments

  • Ciao Veronica, prima di tutto *Congratulazioni per il prossimo arrivo!* ^^

    Io non ho avuto esperienze di maternità in generale, ma ho lavorato per 3 anni in una clinica di fecondazione assistita a Barcellona, dove facevo da interprete fra le pazienti italiane e i medici spagnoli della clinica. Che dire, è lì che ho scoperto che le raccomandazioni sulla maternità cambiano nelle sue sfumature da Paese a Paese, anche rimanendo in ambito mediterraneo.
    Esempio tipo, la paziente italiana che mi chiama per chiedere consiglio sulla dieta da seguire, io che traduco la domanda al medico spagnolo e lui che mi dice: mah, evitare pesce e carne cruda, e poi basta…niente di che…
    Le pazienti italiane (e io) non ci potevano credere: ma come, e gli insaccati, e i formaggi freschi, e il caffè, e l’insalata lavata con l’amuchina, e chipiunehapiunemetta?!

    I medici spagnoli ormai lo sanno che noi italiane (e i nostri medici) siamo ansiose-andanti…però quanta quanta tranquillità in più si vivono le future mamme spagnole!

    • Leggendo i commenti mi rendo conto che allora non sono sola! Capitolo Amuchina (che qui non esiste) disastroso. Penso essere stata la migliore cliente Amazon per l’aceto bianco Heinz degli ultimi mesi!

  • Cara Veronica, congratulazioni anche da me!
    Io, expat temporaneamente di ritorno con l’unico desiderio di ritornarmene in fretta nel Nord, ero incinta a Torino, città dove sono nata e conosco anche le pietre e, se non le conosco io, le conoscono i miei, trent’anni fa. Considerata primipara attempata (oggi farebbe ridere) e quindi a rischio, seguita dal mio ginecologi di Bruxelles dove è nato mio figlio, con cesareo d’urgenza per la posizione e peridurale agli albori (inesistente a Torino), avevo comunque ripreso contatto con il mio vecchio (si fa per dire) ginecologo torinese, al quale mi sono dovuta rivolgere per una minaccia di aborto.
    Ed ho scoperto che 1) a diffferenza di quelli begli, i ginecologi torinesi che disponevano di un ecografo si contavano sulle dita di una mano (il mio, fortunatamente, era tra quelli) e comunque ti facevano un’ecografia soltanto in caso di comprovata necessità (a BXL ogni volta)- se non avevano l’ecografo dovevi rivolgerti a una delle tre o quattro strutture cittadine che ne disponevano ed aspettare da uno a sei mesi; 2) amniocentesi e villocentesi si facevano di routine soltanto dopo i 35 anni in Belgio e in Italia in caso di rischio diagnosticato; 3) esami all’inizio della gravidanza: rosolia, toxoplasmosi, zuccheri. La mutua italiana passava tre visite, in Belgio una al mese. Punto. Le raccomandazioni, qua e là, erano genericamente di “fare attenzione”, di lavare bene l’insalata, eventualmente di ridurre le sigarette e di limitare il consumo di vino alle grandi occasioni. Eppure la mia gravidanza, come quella delle mie coetanee, è andata benissimo e mio figlio è nato vivo, sano e vegeto come gli esseri umani prima che la gravidanza venisse medicalizzata ad oltranza. Gravidanza che, ricordo, non è una malattia ma un evento naturale ed un periodo da godersi senza preoccuparsi eccessivamente. Il problema che oggi anche gli scienziati incominciano ad ammettere pubblicamente è che le generazioni dagli anni Settanta in poi, nate negli anni in cui la tecnologia ha facilitato i lavori di casa e P&G e compagni ci hanno regalato prodotti killer per tutti i germi possibili e immaginabili, e spesso cresciute ad omogeneizzati e ad alimenti industriali prodotti in condizioni di igiene perfetta non dispongono degli anticorpi necessari a far fronte agli attacchi della vita. E questo vale soprattutto in Italia, dove ogni due pubblicità una riguarda germicidi.
    Quindii direi che ti puoi rilassare e ricordarti che i bambini giapponesi nascono come tutti gli altri (pedata mongola a parte) anche senza tanti esami.

  • sull’epidurale il discorso è tale e quale all’Italia. Solo i grandi punti nascita la offrono 24 ore su 24, visto che serve un anestesista libero. E in generale le ostetriche cercano di convicerti a non farla perché dicono rischi di rallentare o fermare le contrazioni.

  • Congratulazioni! Io sto facendo la gravidanza in America.. anche qui nessuna raccomandazione per quanto riguarda frutta e verdura.. il prelievo per la toxoplasmosi me l ha fatto fare solo a inizio gravidanza é dietro mia grande insistenza e stop. Esami del sangue solo una Volta a inizio proprio base e poi controllo glicemia al settimo mese. Ogni mese visita (praticamente inutile e di 5 min) in cui sentono solo il battito e dal sesto mese misurano la pancia con un metro. Di ecografie ne fanno due Di prassi (una nel primo trimestre e la morfologica). Sotto I 35 anni nessun test Di screening se Nn ci sono altri problemi. Non si puo andare a fare un esame o un’ecografia senza prescrizione del medico (non come in italia dove puoi andare in laboratori privati o da un medico privato). Ah.. l ecografia la fa un tecnico, la referta un radiologo e te ne parla il Ginecologo. Insomma le Americane sicuramente sono piu tranquilla e spensierate Di noi ..per me abituata al sistemato Italiano mi sono sentita un po abbandonata

  • Io sto facendo la gravidanza a Doha ma verso l’ottavo mese tornerò in Italia a partorire (a Torino) causa visti che non arrivano. Qua mi trovo benissimo in un centro privato, una eco al mese con tutte le misure e 3d. Il prelievo della toxo chiedo di farlo ogni mese, la mia dottoressa ogni volta che le ricordo di scrivermelo mi guarda e mi dice “ah già tu sei fissata con la toxo” 😀
    Vedremo cosa mi aspetta a Torino, contando che arriverò lì a 32 settimane e devo iscrivermi all’Asl, trovare un ginecologo, implorare che mi inseriscano in qualche corso preparto e decidere dove partorire!!

  • Ok, piu’ leggo e piu’ mi rendo conto che siamo noi Italiane un pelo ansiose??
    Un abbraccio a voi tutte mamme!!!

  • Ciao Veronica,
    spero tu stia bene e i tuoi bimbi anche!
    Sono passati anni dal tuo post ma io sono incinta ora e quindi aggiungo la mia esperienza a 7 anni dal tuo post 🙂

    Io sono in Germania e qui vorrei dare alla luce il nostro baby, poi chi lo sa magari migreremo al caldo 🙂
    Qui l Amuchina, nonostante gli strascichi pandemici non viene usata in gravidanza e si lava bene verdura e frutta e questo puó bastare.
    Il Crudo di Parma ben stagionato lo mangio una volta ogni tanto quando mio marito mi fa la piadina integrale 😛 e le mie ostetriche amorevolmente mi dicono ufficialmente niente vino e cibo crudo…ma, “inufficialmente”tu regolati. Se vuoi il sushi vai in un ristorante di un certo livello dove sai che lo trattano “coi guanti” oppure lo prendi tu e lo abbatti tu…poi 2 dita di vino sorseggiate ogni tanto durante un pasto non hanno ucciso nessun bambino, il che non significa darsi all’alcool ne mangiare ostriche crude…ecco credo ci vada il buonsenso.

    Io sono uscita dall’ottica italiana delle mamme fissate, ogni tanto faccio ricerche sceme su google ma l’insalata la mangio anche al ristorante se il posto mi pare un luogo affidabile e poi se accendiamo il sesto senso, quello non sbaglia mai.
    Noi donne incinte, se vogliamo, possiamo essere piú intuitive di qualsiasi sensitivo se ce lo concediamo…ci sto lavorando 🙂

    Io faccio mensilmente incontri con la mia Hebamme (ostetrica) con cu pratico meditazioni guidate dentro me stessa e per incontrare l’anima del piccolo e poi le pratico da sola o con mio marito.
    Qui é molto diffusa questa pratica che vuole creare il bonding col baby ancora prima dell’arrivo perché la creatura ha giá un cuore e sente tutto sia emotivamente che fisicamente giá molto prima di quanto si pensi e questa cosa mi commuove assai.

    Poi per il parto, io ho scelto meno visite possibile dalla gine, solo le 3 canoniche e poi tutto con l’ostetrica (esami ecc…)…e parto in casa perché sento che per il nostro bambino sará la cosa piú naturale e bella arrivare qui in salotto, sul tappeto o in cameretta piuttosto che sotto gli occhi di 1000 medici che mi dicono cosa fare guardandomi dall’alto…ma questa é una mia necessità e ogni mamma valuta perfettamente cosa si sente di affrontare e scegliere per dare alla luce la sua creatura.
    Epidurale? Bah, non sento il bisogno per ora. Cerco di praticare quotidianamente yoga prenatale, parlare con il piccolo, fare Qi Gong ogni mattina e caricare il mio corpo energicamente e imparare a fidarmi di lui…forse ho letto troppi libri di Leboyer 😉 …non so ma me garba in questo modo, e poi vedremo a agosto/settembre a conti fatti quando baby deciderá di arrivare e magari avrò qualcosa di piú da condividere…

    Un caro saluto 🙂
    Erika

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