#expatimbruttito

Di inaugurazioni e panciere

Written by Amiche di fuso

Non so nei vostri paesi d’adozione ma, negli Stati Uniti, ho notato da subito una tendenza a chiamare le cose con un altro nome… Credo per essere politically correct. Cosa che a me va benissimo, sia chiaro, non fosse che queste parole più “eleganti e corrette” danno luogo a situazioni esilaranti (più per gli altri che non per te, ma alla fine l’importante è che qualcuno ci rida sopra).

Stamattina mi sono trovata alla ricerca dell’ennesima mutanda di cotone. Ogni volta che ne trovo una marca e un modello che mi stanno comode (piacere non è preso in considerazione perchè sarebbe chiedere troppo), regolarmente smettono di produrle. E vabbè, ricominciamo da capo tanto le mutande uno mica le deve comprare tutti giorni, no?

Da un paio di anni a questa parte le compro da Victoria Secret’s, colori e fantasie chiaramente iper hipster, ma hanno un minimo di cotone, almeno nella pattina, e quindi mutismo e rassegnazione e sborsare 30 dollari per 5 paia. Questo ennesimo acquisto mutandiero mi ha fatto tornare in mente un episodio esilarante del mio primo anno in California, nella poshissima Santa Barbara.

Il posto dove lavoravo all’epoca aveva invitato tutti i dipendenti ad andare ad una super mega inaugurazione per una  mostra di mercanti d’arte a L.A.. Io e l’altra italiana (che era ancora più nuova di me) chiedevamo un po’ a tutti i colleghi consigli su come vestirci. Insomma, la risposta era sempre “nothing is enough for that show“. Tant’è che noi ci si immaginava tipo su un red carpet con sullo sfondo i dipinti ed in primo piano tutti con un blue steel spazzato dalla botta di ventilatore che si vede  in tutti gli scatti delle riviste patinate.

Così, entrambe, ci rechiamo da Nordstrom, unico posto dove potevamo arrivare a piedi e che ci sembrava vendere abiti che potessero fare al caso nostro. Voglio premettere che io ODIO comprare vestiti. Da sempre. Non mi ricordo quando ho iniziato a detestarlo, ma ho immagini di me piccolissima che cadevo in crisi depressivo-irose ogni volta che mia madre mi portava a fare shopping.
Ma per questo cacchio di show nothing is enough, e quindi decido che mi toccava la tortura… vuoi mai che facessimo fare brutta figura all’azienda…

Appena arrivate veniamo subito accerchiate dalle commesse, le quali compiono sempre lo schema di rito, quello dello squalo che caccia: partono da lontano e poi si avvicinano a cerchi concentrici finché non le puoi più ignorare e devi rispondergli. Chiaramente non sono mai commesse che ti assomigliano: non sono basse 1.60 con 20 kg in più e capello unto da post lavoro con biancheria spaiata. NO. Sono tutte delle modelle che non ce l’hanno fatta e quindi, come vendetta, cercano di rendere l’acquisto di vestiario il più lungo e mortificante possibile per noi donne che non rientriamo nella categoria Mikado come forma corporea.

Così, scoperto il motivo dello shopping, ci indirizzano verso gli abiti da sera, con un monito un po’ ceneretolaresco dicendo: “ricordatevi che oggi chiudiamo un’ora prima per inventario, ma fate pure con calma!”

Con CALMA?! Io in 40 minuti devo scegliere, spogliarmi, provare, rivestirmi (perché chiaramente quello che ho scelto non mi entra e la taglia più grande o più piccola è irrintracciabile persino dall’FBI), andare a cercare una scelta B, ricominciare da capo e tutto questo senza sosta finché non trovo qualcosa che effettivamente mi stia (piacere, di nuovo, è un lusso che io non ho), il tutto sotto l’occhio vigile della commessa che ogni 30 secondi mi chiede “allora come va?!” aprendomi la porta del camerino mentre io sono ancora con le zinne al vento cercando di tirare su la cerniera.

Dopo 20 minuti di sto tour de force, io e compare, troviamo due abiti che potrebbero andare. Ma la commessa non è convinta. Tira fuori dei sandali trampolo (vade retro Satana), per vedere se potessero compiere il miracolo e trasformarci da Girelle a Mikado, ma niente… Il miracolo, con sua grande desolazione, non avviene.
E dunque, non dandosi per vinta, con un guizzo negli occhi (simile a quello di Ursula quando la vuole mettere in quel posto ad Ariel) ci dice che c’è qualcosa che dovremmo comprare che ci renderebbe delle silfidi. Prosegue pronunciando una parola mai sentita e che manco capisco a dire il vero. Vede le nostre facce prive di espressione e per paura di non averci convinte corre a chiamare la sua compare Lisle Von Rhoman (da “La morte ti fa bella”) che ci giura e spergiura che anche lei, si anche lei che ha le fattezze dello stelo dello stecca-lecca, usa questo capo portentoso.

A questo punto, avendo sentito il nome pronunciato due o tre volte, credo di avere più o meno afferrato come si chiama. Sempre col monito di “fate con calma, che tanto chiudiamo fra ben 15 minuti” ci mandano verso il reparto hosiery (altro mistero che mi è stato svelato quel giorno… io l’avrei chiamato reparto calze…).

Arriviamo al reparto dove ci attende la strega di Hansel e Gretel che ci mostra con il gesto plateale proprio delle fiabe, uno stuolo di stendini di questi magici oggetti, in diversi colori che fanno dal nero al bianco, passando per tinta carne… Noi le guardiamo, leggiamo il nome (finalmente) e diciamo: -Spanx?!-
Il guardo la collega e le dico: -scusa ma… ma… sono panciere!-

Da li scoppia l’ilarità implacabile. Sempre con la spada di Damocle del tempo che ci rimane prima della chiusura, afferriamo un paio di stili di panciere diverse (chiamatele col loro nome, che spanx è fuorviante). Mentre ci apprestiamo a misurarle, sempre con la strega fuori dalla porta, io ne infilo un modello che forse era un pelo stretto… Non riuscendo a superare la barriera della coscia superiore, chiedo aiuto alla compare, la quale è a sua volta pancerata e quindi non proprio libera nei movimenti.
Insomma che la coscia viene superata, ma a questo punto sembro Bibendum e scoppio a ridere al pensiero di dovermi mettere una panciera a 27 anni. E’ stata la fine. Non so voi, ma io, se rido, perdo completamente le forze. Stritolata dallo spandex e lycra, cerco di spingere la panciera verso il basso o verso l’altro, con l’aiuto dell’amica che però ha iniziato anche lei a ridere a crepapelle. Incastrata e senza soluzione in vista, la strega comincia a bussare alla porta del camerino dicendo che tra 5 minuti chiudono.

Sono stati i cinque minuti più esilaranti della storia come cliente di un grande magazzino. Giuro che pensavo avrei dovuto comprare la panciera per poterla tagliare e liberarmi dalla morsa!

Insomma non so con quale manovra o per quale miracolo, a 60 secondi dalla chiusura,  sono riuscita a farla scendere,
Inutile dire che non le abbiamo comprate, siamo invece andate all’inaugurazione bardate come degli alberi di natale con le pance belle lustre ed evidenziate dal raso dei vestiti,  mentre tutti intorno a noi erano vestiti nero minimal, stile funerale chiccoso.

E fu così che riportai indietro il vestito (difettoso, tra l’altro) e  non comprai mai più un abito da sera.

Alessia, Louisiana

Alessia ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2014 a gennaio 2020.

Trovate Alessia qui

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

4 Comments

  • Ahah mi sono divertita un sacco leggendo la tua avventura! Comunque ti capisco, anche qua in Ungheria le donne hanno un corpo completamente diverso da noi italiane e per alcune cose faccio una fatica immane a fare shopping. Quest’estate volevo comprarmi un costume da bagno, non ti dico quanti negozi ho girato! Tutti i costumi avevano i laccetti fini fini sulla mutanda o i cerchi di metallo sul fianco, molto utili per i segni del costume e per la ciccetta che esce fuori. Quando ho detto alle varie commesse che volevo un costume con un pezzo sotto classico e senza frange fino all’ombelico sul reggiseno, mi hanno guardato perplessa come se venissi da un altro pianeta!

    • Io ormai punto tutto su online shopping, così me lo misuro nella privacy di casa mia e non ho commesse che mi spalancano la porta quando tutta sudaticcia cerco di calarmi in jeans che richiedono di essere straiata su di un letto per essere abbottonati XD

    • hehehe essere girelle è difficilisssssimo quando si cercano vestiti da sera, a me fanno tutti, come minimo, lo strascico… a parte mille pieghe e difetti, perchè dove i loro modelli hanno il culo, io c’ho le ginocchia XD

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