#expatimbruttito Family&Kids

Gravida(nza) Isterica – seconda parte

Written by Amiche di fuso

Dopo aver messo via i pennelli e accantonato l’impresa di finire il dipinto per racimolare un po’ dei soldi veramente ladrati dall’ospedale quella mattina, mi sono dovuta mettere in modalità fachiro per sopportare i dolori che si facevano sempre più forti, con la certezza, purtroppo, che fino alla mattina dopo non sarei potuta andare a farmi vedere.

Mia madre mi aveva sempre detto, forse credendo di consolarmi, che avere dolori mestruali forti come i nostri ci preparava meglio al parto perché le contrazioni che lei aveva avuto con me le avevano fatto solo un poco più male… Che culo! 25 anni di crampi e l’unica nota positiva è che resisterai meglio alle doglie.

Comunque aveva ragione, le mie doglie non erano molto più dolorose dei crampi da endometriosi a cui sono abituata, peccato che per quei crampi io mi potessi comunque avvalere del supporto di qualche antidolorifico, mentre qui me li dovevo sorbire tutti, nelle loro montagne russe di forti e fortissimi…

Quella notte avrò consumato il tratto che va dal lavandino della cucina al cesso di camera nostra. Cammina dicono, ti aiuta dicono. Ho anche bevuto circa 15 galloni d’acqua perché, anche quello pare aiuti. Presa dalla disperazione, dopo la doccia calda che, quella davvero, aiuta, ho anche bevuto un po’ di vino perché sembra che rallenti le contrazioni. Fatto sta che puoi provarle tutte, ma dopo 3 notti che non dormi e senza poterti sdraiare (non so perché il  mio di dolore aumentasse da sdraiata) le 9 ore che ormai mi separavano dall’agognata visita mi sembravano infinite.

Devo ringraziare il mio gruppo di supporto ADF che via chat mi dato la forza di resistere, con me che non avevo altro sollievo che sedermi sull’unico supporto che non peggiorasse i dolori: il cesso.

Finalmente l’alba.

Butto Zac giù dal letto e lo costringo a chiamare la linea delle infermiere dell’ospedale per vedere se potevano assicurarmi un appuntamento immediato con la ginecologa sostituta. Ovviamente la risposta è stata no. Allora, a mo’ di sacra famiglia, siamo partiti verso l’ospedale, con me che ad ogni buca stritolavo la mano di Zac e pensavo che se mi rimandavano a casa, quelle buche mi avrebbero fatta svenire dal dolore.

Dovevo essere conciata parecchio male perché, dopo avermi scaricato davanti all’entrata dell’ospedale, uno dei tizi responsabili del parcheggio, che normalmente manco mi salutavano, si è offerto subito di recuperare una sedia a rotelle. Così Zac mi ha portato su allo studio della dottoressa e credo che abbia minacciato di morte la receptionist per farla avvertire (ELLA voleva mandarmi di nuovo al labour and delivery senza dire niente alla dottoressa).

Inutile dire che la gine è corsa subito su a visitarmi e mi ha fatta ricoverare immediatamente.
Ma per essere ricoverata devi sempre passare dal fottutissimo labour and delivery. Pare una specie di monopoli.  Niente, non ce se lo può scampare. Dopo dieci minuti che aspettavamo, sono stata circondata da uno stuolo di medici e infermiere che sono calati tipo avvoltoi sulla carogna e hanno iniziato a chiedermi come mai fossi di nuovo lì ad un giorno di distanza. Siccome io ero irremovibile a quel punto, hanno deciso di chiamare la gine, la quale, dopo aver sentito che mi volevano DI NUOVO mandare in triage, credo li abbia mollato l’equivalente di un bestemmione medico dicendo che ERO GIÁ pronta per il ricovero e basta. Avrà aggiunto: non vedete che è gialla e trema… e datele sta cazzo di epidurale no?!

Così fu che venni portata con moltissima calma in una stanza dove c’era la tv accesa su fox news e qui non tutti capiranno il dramma nel dramma che ho vissuto 😀

Iniziano ad arrivar dottori ed infermieri a uffa, ognuno con un compito specifico e io che pensavo: nei film ne bastano due di persone per far partorire, qui ne sono già venute 15, te credo che poi ti sparano 20.000 dollari di conto…

Nel mentre avevo mandato Zac a recuperare Mater a casa. Esattamente come avevo previsto, tutto il tempo restante fino al parto, ho dovuto fare da interprete. Ahhh che meraviglia. Ma dopo la santa epidurale ammetto che mi andava bene anche così.

Purtroppo nonostante le cifre esorbitanti delle loro parcelle, qualcuno ha cannato qualcosa nella mia epidurale, pare che non mi avessero inclinata abbastanza, fatto sta che non sentivo più nulla fino al collo… quindi vai di riduzione di epidurale. Peccato che, dopo due ore abbiano deciso di rompermi le acque, e dopo altre due, visto che poco o niente si smuoveva, di indurmi.

Ecco. L’avevo sentito parecchie volte che i dolori da induzione sono più forti di quelli delle contrazioni naturali. Io con l’epidurale ridotta. Praticamente ho fatto un parto naturale ma con un gamba addormentata che ciondolava di qua e di la. Ehhh ma l’eccellenza americana in campo medico eh! Non dimentichiamocelo mai…

Poi vedi il conto e pare che ti abbia fatto partorire il primario, invece no, tutti residents che, per l’amor di Dio, saranno anche bravi, ma allora perché pago anche il medico che non vedo?!
La mia, per fortuna, si è palesata dopo 20 minuti di spinte inutili, e ha subito preso l’unica decisione che c’era da prendere: una bella epitosomia e via, un minuto di spinta e Zoe Mae era fuori pronta per incontrare la sua mamma gialla ittero con le occhiaie viola. Ma a lei sono piaciuta lo stesso, mi ha guardata con quegli occhietti blu belli vispi e mentre mi perdevo ad adorarla, mi ha subito cagato addosso XD

A quel punto credevo che il peggio fosse passato, che saremmo stati in armonia io e la mia piccola famiglia, che avrei finalmente dormito un paio d’ore…
Invece no. L’ospedale ti manda in camera una persona ogni ora e mezza, una controlla te, quella dopo la bambina, quella dopo è l’inserviente, e poi si ricomincia da capo. Non ho chiuso occhio per 2 notti.

Ho fatto il madornale errore di dire che volevo allattare al seno quando mi avevano chiesto se volessi dare esclusivamente latte materno, combinare con latte in polvere o dare esclusivamente latte artificiale. Da quel momento ho perso ogni diritto sui miei capezzoli. Chiunque venisse infieriva su me e su Zoe perché lei non si attaccava bene. Io che allattavo per ore e ore di seguito e non era mai abbastanza. Era chiaro che non riceveva abbastanza nutrimento, ma alla mia domanda “possiamo darle una aggiunta di latte in polvere?” mi hanno praticamente quasi denunciato per maltrattamenti su minore.

Così mi hanno mandata a casa con capezzoli sanguinanti e una neonata che piangeva disperata per la fame, dicendo che dovevo continuare a provare, che il latte sarebbe arrivato in qualche giorno.

Al terzo giorno senza chiudere occhio (dopo i due insonni all’ospedale) non ce l’ho fatta più e le ho dato un po’ di latte artificiale. E lei, povero cuore, è poi subito crollata a dormire con il pancino finalmente pieno.

Il giorno dopo avevo il controllo dal pediatra. Inutile dirvi che aveva perso un chilo e che ancora un po’ e mi mandano gli assistenti sociali per malnutrizione. Loro. Loro che mi hanno proibito di darle il latte in polvere, ora mi dicevano di darle tutto quello che voleva e di tornare l’indomani per vedere prendeva peso altrimenti eravamo nei guai.

Io, in preda agli ormoni e allo sfinimento, mi sono sentita la madre peggiore dell’universo.
Per fortuna il giorno dopo, dopo averla ingozzata come un’oca da fois gras, aveva ripreso già mezzo chilo e quindi siamo stati graziati e lasciati quietare per una settimana.

Ma passiamo a tutte le gioie post parto di cui nessuno mi aveva parlato. Perché ci sono cose che nessuno ti dice, non si sa perché. Già avevo scoperto piccole grandi rotture di balle portate dalla gravidanza una volta che ormai c’ero dentro fino al collo, con gente che mi diceva “eh si è verooo me lo ricordo…”. Ah. Te lo ricordi ma non me ne hai mai parlato… A volte mi chiedo se sia un po’ come un rito di iniziazione ad una loggia massonica, te lo dicono quando ormai sei lì e non hai più scampo XD

Ma eccomi, dopo aver partorito un essere umano delle dimensioni di un’anguria, mi ritrovo cucita come una salamella, proprio là, nella zona su cui dovrò poggiare tutto il mio peso per sedermi ad allattare per i prossimi 6 mesi a partire da SUBITO. Avendo fatto l’epidurale sono rimasta con una gamba gigia che non rispondeva ai comandi per una giornata. L’ideale se si pensa che dovevo andare in bagno a cambiarmi ogni ora visto che si erano aperte le cataratte del Nilo del dopo parto (altra cosa che non ho sentito fino a dopo il fatto).

Peccato che l’iter per il cambio dell’assorbente delle dimensioni di una canoa sia tutt’altro che semplice: una volta giunti sul luogo, prima di poter fare pipì, bisognava montare una specie di vaso millimetrato con cui si assicuravano che tu ne facessi abbastanza. Ecco, ricordiamoci che io avevo solo una gamba funzionante, usare le mani per montare sto coso era un’impresa. Fatta finalmente pipì non penserai mica di poterti asciugare, vero?! Eh no. C’era tutta una sfilza di operazioni che andavano dalla bottiglia strizzabile, alla compressa di cotone imbevuta non so di che, allo spray che doveva lenire tutto il conguaglio di tessuti accorsi lì sotto a fare conoscenza. E poi… e poi c’era lei: la mutanda di finto tessuto. Praticamente dei pantaloncini elastici taglia unica, che sulle mie forme da foca in secca, una volta calate per fare la prossima pipì, diventavano insrotolabili e bisognava prenderne un altro paio… ricordiamoci sempre saltellando da una parte all’altra su una gamba sola.

Ma non finisce qui.
Nessuno mi aveva nemmeno mai detto dell’incontinenza da 90enne. Roba che ho seriamente contemplato di comprare i pannoloni da anziane sportive.
Vi risparmio i particolari ancora più crudi ma vi consiglio, in caso non aveste ancora figli, di torchiare le amiche che ci sono già passate per farvi dire tutta la verità sul prima, durante e dopo.

Avrei ancora da aggiungere delle cose non dette dall’assicurazione, di come Zoe Mae non fosse poi coperta automaticamente dalla mia… Ma anche questa è un’altra storia e andrà raccontata un’altra volta.

Finisco solo dicendo che: il prossimo figlio spero di farlo in Italia.

Alessia, Louisiana

Alessia ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2014 a gennaio 2020.

Trovate Alessia qui

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

4 Comments

  • Di nuovo una stretta al cuore Ale… diciamo che mi stai facendo rivalutare di brutto l’idea che avevo della vita in US. Un abbraccio forte a te e a ZM!

    • Elisa, grazie <3 che dire, gli Stati Uniti trattano benissimo che ha i soldi, per i poveracci va parecchio male però 🙁

  • Non si dovrebbe ridere delle disgrazie altrui ma…. come si fa a leggerti senza ridere?? Ho pure mal di pancia
    Cmq in parte ti capisco, io son reduce da due cesarei ma tutto a costo zero (adoro la Svezia)
    Ps. Congratulazioni mamma

  • Fai bene, rido pure io per non piangere XD l’auto ironia è l’unica cosa che mi ha salvata in questi anni qui 🙂 Grazie per le congratulazioni! Senti ma è vero che in Svezia alla puerpera portano spumante e smørrebrød ?

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