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Shock culturale inverso: Moci dal Peru

Written by Nadja Australia

Ho conosciuto Moci via Facebook, in un grande gruppo internazionale di expat. Ci chiedevano una breve presentazione, e io scrivo che vivo a Lima. Qualche giorno dopo un viso sorridente, una foto solare e amichevole, mi chiede se mi può contattare che presto deve venire qui. Lei è peruviana, ma ha vissuto tanto all’estero, ed è preoccupata dallo shock culturale inverso, quello da rientro!! Mai avrei pensato che sarei stata così “sociale” anche nel mondo virtuale, e invece sono finita pure su Amiche di Fuso!

Non divaghiamo, torniamo a Moci.

Ci scriviamo in inglese qualche messaggio, finché lei non mi dice che è sposata con un italiano e se voglio possiamo “switchare” nella mia lingua (sarò stata così scarsa? Non gliel’ho mai chiesto!!). Parliamo, tanto. Ci piacciamo, ci scambiamo i numeri. Arriva a Lima poco tempo dopo, sempre con il suo sorriso e la sua meravigliosa famiglia. Diventiamo amiche. Di quelle che a pelle si riconoscono e si trovano. Le nostre bimbe pure. I mariti si piacciono. Quanto è complicata questa cosa? Trovare una amica che ha pure un marito che va bene al tuo così che possiate fare uscite tutti insieme? È andata bene! Ve la devo per forza far conoscere! Eccola qui:

1)Parlaci di te!

Mi chiamo Moci, al momento sono quella che io stessa chiamo una “local expat” a Lima. Sono peruviana, sposata con un italiano da quasi 10 anni. Ho due figlie, una di 4 e l’altra di 2 anni. Sono andata via ufficialmente e definitivamente da Lima nel 2008, ma in realtà credo che dopo il mio Master a Madrid nel 2005 non sono più realmente tornata. Ho vissuto due anni a Panama, poi Budapest (più di 5 anni) e in Italia (4 mesi). Da marzo del 2016 sono a Lima.

Sono una avvocatessa in pausa , Life Coach, Blogger e collaboro con Expatclic.com e con la ONG Emprendedoras del Hogar.

2) Come ci sei ri-finita a Lima?

In realtà, per una casualità del destino anche se in maniera volontaria! Non era nei miei piani tornare a Lima, non era quello che cercavo. E’ successo però che mio marito ha cambiato posto di lavoro e poteva sceglie dove vivere, sapendo comunque  che avrebbe viaggiato per lunghi periodi (anche tre mesi di fila fuori casa). Il lavoro prevedeva che stesse fuori casa circa il 60% del tempo, tutto questo quano le mie figlie avevano meno di tre anni una meno di 4 mesi l’altra! Potendo scegliere dove vivere, con le bimbe così piccole, ci è sembrato (ok, più a me che a lui) una buona idea venire a Lima! In questo modo, io avrei avuto compagnia nei mesi in cui lui sarebbe stato via e le bambine avrebbero finalmente provato l’ebrezza di avere la famiglia vicino, di avere dei nonni, zii, cugini e di sentirsi parte di un clan. E così, dopo qualche mese di passaggio in Italia, siamo approdati in Perù.

3) Pro e contro di Lima. Cosa le manca e cosa esporteresti?

Dunque vediamo. Personalmente il vantaggio principale di stare a Lima è la mia famiglia. Dare tutto questo alle mie figlie è la parte migliore dell’essere tornati, senza nessun dubbio. Adoro vederle con i nonni e con mio fratello, vederle giocare e condividere esperienze con i cugini.

Di Lima come città, credo esporterei l’offerta gastronomica e quella culturale, la varietà di frutta buonissima e stare di fronte al mare. Forse anche il calore della gente (ovvio ci sono eccezioni come ovunque), credo che siamo un popolo abbastanza accogliente.

Rispetto a quello che le manca, in primo luogo credo sia un buon sistema di trasporto pubblico e un traffico ordinato. A Lima, come sai, lo stile di vita cambia molto in base al quartiere dove vivi. Noi, appunto per la questione traffico, abbiamo deciso di vivere vicino alla scuola di nostra figlia e questo ha significato non avere la possibilità ad esempio di uscire a fare una passeggiata e dover prendere la macchina per fare (quasi) tutto. (NdR: la scuola è un quartiere di Lima poco “pedonale” e con molti meno parchi rispetto a quelli presenti in altre zone). Questa è stata una delle cose che più ci è costata sacrificare.

4) Cultural shock inverso. Cosa ti ha colpito quando sei tornata “a  casa”. 

Quello che più mi ha colpito è stato quanto sia stato difficile (e continua a esserlo) sentirsi “a casa”. E mi ha sorpreso non perchè non sapessi che era una grossa sfida ma perchè, pur sapendolo e, secondo me, aver preso le giuste precauzioni, mi è costato comunque tanto.

Il concetto di shock culturale inverso mi era familiare. In realtà, la mia tesi finale degli studi da coach era proprio su questo tema (proprio perchè ne avevo sofferto al mio rientro dal Master). Appunto perchè era un argomento a me familiare, sapevo cosa aspettarmi, sapevo che tutto (io, i miei amici, la mia città) eravamo cambiati negli anni in cui ero assente, che dovevo rifarmi una vita (ero andata via che lavoravo come avvocato, sposata da poco e senza figli e tornavo come Coach/stay at home mum, sposata e con due figlie) e che non sarebbe stato facile, però pensavo che sapendo tutto questo, il processo sarebbe stato piu facile di quello che alla fine è stato.

In realtà devo dire che è stato molto più facile adattarmi nelle altre città dove ho vissuto rispetto a quanto mi sta costando qui a Lima. E non è perchè è la prima città dove arrivo come “mamma”, è perchè è la mia città… e questo da un grosso peso emozionale a questa esperienza. Non è solo una città in più dove sono espatriata (anche se ho provato a pensarla come se lo fosse), qui c’è la mia famiglia di origine e questo da un significato diverso alla situazione. Dover riuscire a gestire la relazione/i limiti tra i miei familiari e la MIA famiglia è qualcosa che ho dovuto impare di colpo, non in modo graduale come capita a chi si sposa con qualcuno della sua stessa città. Questa è stata una delle cose più difficili, trovare il mio spazio, lo spazio per la mia famiglia.

5) Reinventarsi all’estero. Parlami del tuo lavoro!

Quando sono andata dal Peru a Panama ho voluto lavorare immeditamente, non potevo come avvocato però diciamo che ho usato tanto il mio MBA. Quando, due anni dopo, ci siamo trasferiti a Budapest, ho smesso di lavorare per motivi di visto. Fin li tutto bene, è stato divertente incontrare gruppi di expat, imparare ungherese (ok non tanto), di riparlare francese, fare yoga e molte altre cose che avevo sempre rimandato. Un giorno però mi sono resa conto che mi mancava qualcosa, che si mi piaceva la mia vita, ma mancava fare qualcosa per me (questa in realtà è una sensazione che ho sempre avuto, anche quando esercitavo come avvocato, sempre ho pensato che c’era altro da fare, che quella non era la MIA passione). Mi misi a pensare a tutte le cose che avrei potuto fare e che fossero “portatili”. Ad un certo punto ho pure pensato che avrei potuto esportare artigianato tipico peruano!

Prima di questo, c’erano state varie conversazioni isolate e lontane nel tempo riguardo la carriera di coaching, come qualcosa che si sarebbe potuta adattare perfettamente alla mia vita e a me. In realtà, al momento, non gli avevo dato molta importanza, però poi ci ho ripensato e mi sono messa a studiare. E’ risultato, effettivamente, che eravamo compatibili! Era qualcosa perfetta per la mia personalità, con quello che mi piaceva fare, che si può fare per la maggior parte del tempo anche via Skype, super flessibile, compatibile con il nostro viaggiare per il mondo e rimanere con i miei figli (anche se in quel momento non ne avevo… e ovviamente rimasi incinta subito dopo aver deciso di fare il corso).

Così nacque l’idea e, con il tempo, mentre mi esercitavo e vivevo il mio cammino di “auto conoscenza”, il progetto ha preso forma. Ho iniziato ad avere molto chiaro come potevo aiutare, e  chi volevo aiutare. E’ un lavoro che mi entusiasma molto e che è andato formadosi nel tempo (lentamente), con in mezzo gravidanze, traslochi transoceanici e shock culturali inversi!

6) Tra le Amiche di fuso abbiamo varie “coppie miste” di italiana sposata con “straniero”. Come è il contrario?! Come è avere un marito italiano?

Credo che quello che più mi colpisce ( e ancora adesso mi da fastidio) è la facilità con cui alza la voce. Continuo  a pensare che si sta arrabbiando quando incece si sta solo appassionando alla conversazione (ok, la metà delle volte è passione, l’altra si sta arrabbiando e alza la voce più di quanto io credo sia accettabile, però trovare la differenza tra le due situazioni è una sfida!). Questo continua ad essere un problema di comunicazione… anche dopo 10 anni!

Una cosa che noto da sempre è la chiara distinzione tra gli italiani ai quali piace la montagna e quelli a cui piace il mare. A tutti quelli li fuori dico che prima che si innamorino di un italiano devono chiedere se è di mare o di terra. Ad averlo saputo prima…

Il “colpo d’aria” e  “ho preso freddo” mi fanno morire! Anche “la cervicale” (mai sentito prima)… cioè sapevo che esisteva e poteva fare male, però diciamo che non era una preoccupazione costante nella vita di nessuno (e ne avevo sentito nominare così spesso il famoso foulard per il collo, la sciarpa!).

7) Hai due figlie (splendide). Cittadine del mondo. Secondo te quanto hanno di peruano e quanto di italiano?  

Chiara è ancora molto piccola e non credo si identifichi in qualche nazionalità ancora. In ogni caso, parla quasi solo spagnolo- anche se capisce perfettamente l’italiano- e credo abbia solo ricordi del Peru. (NdR= entrambe le bimbe sono nate a Budapest). Giulia di identifica in entrambi i paesi. Ha caratteristiche sia italiane che peruviane. Lo dice chiaramente. Ama il riso e anche la pasta, o mangiare con il pane… e sopratutto fare la scarpetta!! Beve la chicha morada tutto il giorno (bevanda tipica peruviana ottenuta dal mais viola). Lei stessa si definisce peruviana e italiana ma, stranamente, ha un sentimento di appartenenza molto forte con Budapest, la “mia città” come lei la definisce, e dove vuole tornare a vivere.

8) E tu, dove vorresti vivere? E quando? Rispetto alle bambine, vorreste vita nomade o stabile? Fino a che età è “giusto” o utile fargli fare questa vita?

Dove voglio vivere? Non ne ho idea. Non sono affatto pronta per scegliere un posto, “per sempre” non esiste ancora nella mia testa! Voglio ancora espolorare il mondo, adattandomi (o provando a farlo), cambiando, crescendo. Quando? Nessuna idea nemmeno per questo! Immagino che quando le mie figlie saranno grandi, il posto che loro sceglieranno dove stare influenzerà in qualche modo la mia decisione. Non so. In ogni caso Lima non era una mia ossessione. Non ho mai pensato di voler tornare (si, in visita, in modo che le mie bimbe conoscessero le loro radici)… Cosi, per ora, vita nomade… mi piace questa vita, sento che mi ha dato molto a livello personale.

Riguardo alle bambine, fino a che età è giusto fargli fare questa vita? Ma sopratutto, è giusto dargli questa vita? Non lo so. Credo sia una delle tante decisioni che abbiamo preso per loro e che dovranno accettare (povere!) fino a che andranno all’Università. Confido nel fatto di poterle crescere in modo che questo tipo di vita gli regali dei benefici. Spero che la loro personalità aiuti in questo (al momento sembra che abbiano la stoffa delle viaggiatrici, quanto meno la più grande). Sono consapevole che prima o poi ci odieranno per questa vita però credo anche che con il passare del tempo saranno felici e coscienti di tutti i benefici che essere “nomade” gli ha portato (come essere poliglotte e avere una mente più aperta). In verità credo che essere cittadine del mondo ha molti lati positivi (ad un prezzo alto, è vero) e che, nel mondo moderno, sono cose che ti danno un valore aggiunto.

9) Qui in AdF parliamo spesso dell’importanza degli amici tra expat. Tu sei tornata in Peru e hai comunque cercato amici al di fuori di quelli che avevi lasciato qui. Questa cosa mi ha colpito molto. Expat cerca expat? Once expat, always expat? Mi provi a spiegare perché? 

Non so se “once expat, always an expat” si applica a tutto il mondo ma nel mio caso sicuro si. Mi sento chiaramente una expat. Una delle mie paure quando decisi di tornare era che avrei potuto perdere la mia identità da expat ma non è successo… per niente (sarà questa la vera colpa dei miei problemi di adattamento?! ahahha).

Credo che uno cerca sempre di essere capito, sentire che “you can relate to”… io sapevo di poter contare su questo con gli expat. Ho sempre avuto paura (e può essere che fosse ingiustificata) che i miei amici di sempre non capissero perchè mi sentivo come mi sento. Volevo vicine persone che capissero come è questa cosa di cambiare e ricominciare, volevo continuare a sentire lingue diverse e parlarle anche io. Avevo bisogno di stare vicino a persone che non si aspettassero che fossi la stessa persona che era partita (cosa che i miei amici di qui forse si aspettavano), con chi potevo essere la nuova me senza problemi e che condividessero la mia visione del mondo, della vita.

D’altronde, come ho detto prima, sapevo che la relazione con i miei amici non sarebbe stata la stessa. Non per essere cambiati tutti con il tempo, (perchè questo non significa necessariamente che non saremo potuti comunque restare amici) ma perchè adesso ognuno aveva una nuova vita, della quale io non faccio parte e nella quale sarebbe stato difficile inserirsi. Tutti sono sposati, hanno figli, impegni con famiglia, la politica, compleanni dei figli, amici nuovi (di lavoro, della scuola dei figli etc), una nuova routine. Si, ogni tanto mi incontro con loro, non molto spesso (a volte penso che li vedevo di più quando non vivevo fissa qui) e l’affetto di sempre rimane ma io avevo ben chiaro che dovevo crearmi una vita nuova e questo includeva nuove amicizie (che non sono state solo expat ma anche, ad esempio, genitori della scuola di mia figlia etc).

10) Uno dei tuoi post che più mi ha colpito e interessato è stato quello sull’uscire dalla confort zone per cercare amici. Cosa puoi consigliare a chi è al primo espatrio?

Il mio primo consiglio è quello di cercare sempre associazioni di expat, esistono ovunque! Anche gruppi Facebook, gruppi con i quali abbiamo qualcosa in comune (expat, mamme, lettori, che parlino una delle lingue che parliamo, che vivano nella vostra zona etc). E andare alle riunioni che organizzano. Lo so che molte volte non abbiamo voglia perchè spesso l’età media dei presenti non coincide con la nostra o che non ci sembra di aver nulla in comune con loro o cadiamo in  pregiudizi o stereotipi. Però quello che ho imparato è che uno incontra potenziali amici nei posti più inaspettati e così magari ci presentiamo ad una colazione dove ci sembra di non c’entrare niente e magari proprio allora qualcun’altro che non voleva andare ci è finito ed è compatibile con noi! Le mie amiche più care a Budapest sono venute così, in gruppi dove non avevamo nulla in comune  però nei quali i nuovi expat ci finivano per default.. io andavo sempre, e sempre con la speranza che ci finisse qualcuno come me!

Crearsi una vita sociale richiede lavoro  e se uno si vuole sentire a casa deve crearsi una rete di appoggio/amicizia, come volevo io, è super importante fare uno sforzo dall’inizio… a me cambia la vita una volta che conosco qualcuno, che ho qualcuno con cui bere un caffè, con cui condividere le giornate.

Che vi avevo detto?

Grazie Moci per il tuo tempo, e per la tua amicizia!

E voi? Avete la vostra rete di amiche?

Nadja, Peru


Di seguito l’itervista in lingua originale per chi parla spagnolo! Moci parla benissimo italiano ma per parlare di se preferisce l’inglese o la sua lingua madre! Eccola qui:

1) Hablanos de ti!

Mi nombre es Moci, por el momento soy lo que yo llamo una “local expat” en Lima. Soy peruana, casada con italiano desde hace casi 10 años. Tengo dos hijas, una de 4 y otra de 2. Salí oficial y definitivamente de Lima en el 2008 pero en verdad creo que luego de mi maestría en Madrid en el 2005 nunca volví realmente a Lima. De Lima me fui a Panama (2 años), luego a Budapest (más de 5 años) y a Italia (4 meses). En Marzo del 2016 regresé a Lima.

Soy abogada en retiro , Life Coach, Blogger y colaboro en Expatclic.com y en la ONG Emprendedoras del Hogar.

2) Porque has regresado a Lima?

En realidad, por casualidades del destino pero de manera voluntaria. No estaba en mis planes volver a Lima, no era algo que buscara pero mi esposo cambió de puesto de trabajo por uno en que podía elegir dónde vivir y en el que viajaría por periodos prolongados de hasta de 3 meses. El puesto preveía que estuviera fuera de la casa alrededor del 60% del tiempo. Este puesto lo obtuvo cuando mis hijas tenían menos de 3 años y 4 meses respectivamente. Al tener la posibilidad de elegir donde vivir y estando mis hijas tan chiquitas, nos pareció (más a mi que a él ) una buena idea venir a Lima. Así, yo estaría acompañada en los meses que él no estuviera y nuestras hijas podrían tener la experiencia de tener familia cerca, de tener abuelos, tíos, primos, de sentirse parte de un clan. Así que, previa pasada por Italia por unos meses, nos vinimos a Lima.

3) Pros y contras de Lima. Que le “falta” y que te llevarias?

A ver, para mi -en lo personal, el pro principal de estar en Lima es lo de la familia. Darle eso a mis hijas es lo mejor de haber vuelto, sin lugar a dudas. Disfruto de verlas con mis papás y con mi hermano, de verlas compartir con sus primos.

De Lima como ciudad, creo que exportaría la oferta gastronómica, la oferta cultural también, la variedad de frutas ricas, el estar frente al mar. Quizás también la calidez de la gente (claro que hay excepciones, como en todos lados), creo que somos bastante acogedores.

Sobre lo que le falta, en primer lugar creo que un buen sistema de transporte público y un tráfico ordenado. En Lima, como sabes, los estilos de vida cambian mucho dependiendo de donde vivas. Nosotros, justamente por el tema del tráfico, decidimos vivir cerca del colegio de nuestra hija y eso ha hecho que perdamos la posibilidad de caminar y que tengamos que movilizarnos, para casi todo, en auto. Es una de las cosas que mas nos ha costado sacrificar.

4)Choque cultural inverso.  Que te ha sorprendido mas en el regreso “a casa”.

Creo que lo que más me ha sorprendido es lo difícil que ha sido (y sigue siendo) sentirse en casa. Y me sorprendió no porque no supiera que iba a ser un reto si no porque sabiéndolo y, según yo, habiendo tomado las precauciones del caso, igual me ha costado tanto.

El concepto de choque cultural inverso me era familiar. De hecho, mi trabajo final cuando hice mi entrenamiento para coach fue sobre el tema (justamente porque ya lo había sufrido cuando volvi de mi maestría). Justo porque me era familiar, sabía qué esperar, sabía que todos (yo, mis amigos, mi ciudad) habíamos cambiado en los años que no estuve, que tenía que rehacer mi vida (me fui como abogada trabajadora, recién casada y sin hijos y volví como Coach/stay at home mom, casada y con dos hijas), que no iba a ser fácil…pero pensé que sabiendo todo eso, el proceso sería más fácil de lo que ha sido.

La realidad es que me ha sido mucha mas fácil adaptarme a las demás ciudades en las que he vivido de lo que está siendo en Lima. Y no es porque sea la primera ciudad a la que llego como mamá, es porque es mi ciudad…y eso le da una carga emocional distinta a la experiencia. No es una ciudad de expatrio más (aunque yo traté de tratarla como si lo fuera), acá está mi familia de origen y eso también le da un toque distinto a la situación, aprender a gestionar la relación/los límites entre mi familia original y mi propia familia es algo que he tenido que aprender de golpe, no de manera gradual como me imagino que ocurre cuando uno se casa con alguien de la propia ciudad. Quizás esa ha sido una de las cosas más difíciles, encontrar mi propio espacio, el espacio de mi familia.

5)Reinventarse en el extranjero. Hablame de tu trabajo.

Cuando me fui de Perú a Panamá quise trabajar inmediatamente, ya no pude de abogada pero digamos que si usé mi MBA en cierta medida. Cuando, dos años después, nos mudamos a Budapest, dejé de trabajar por temas de visa. Hasta ahí todo muy bien, disfruté mucho de poder involucrarme en grupos de expatriados, de aprender húngaro (que no aprendí tanto tampoco ), de retomar el francés, de hacer yoga, de hacer muchas cosas que por razones varias había pospuesto. Pero un dia me di cuenta que me faltaba algo, que si bien me encantaba mi vida, algo más tenía que haber para mi (esta, además, era una sensación que había tenido desde siempre, incluso cuando ejercía mi carrera, siempre creí que había algo más, que derecho no era MI pasión).  Me puse a pensar en opciones de cosas que podría hacer que fueran “portátiles”. En un momento hasta pensé en exportar cosas de artesanía de diseño peruanas.

Antes de eso, de algunas conversaciones aisladas y distantes en el tiempo había salido el tema del coaching como algo que sería un buen fit para mi. En realidad, yo no le había dado importancia al tema en su momento pero luego lo recordé y me puse a investigar. Resultó que, efectivamente, era un buen fit. Algo que iba muy bien con mi personalidad, con lo que me gusta hacer, que se hace mayormente por Skype, super flexible, que era completamente compatible con viajar por el muno y con poder quedarme con mis hijos (que en ese momento aun no tenía…aunque salí embarazada justo luego de decidir hacer el curso).

Así surge la idea. Ya con el tiempo, mientas me entrenaba e iba viviendo mi propio camino de auto conocimiento,  el proyecto fue tomando más forma. Empecé a tener más claro cómo quiero ayudar, a quienes quiero ayudar. Es un proyecto que me entusiasma mucho y que se ha ido creando a su propio paso (lento), en medio de embarazos, mudanzas transoceánicas y choques culturales inversos!

6)Entre las “Amiche di Fuso” tenemos varias “parejas mixtas” de italiana casada con el “extranjero”. Como es, por otro lado, tener un esposo italiano?

Creo que lo que mas me chocaba (y admito que me sigue chocando) es la facilidad para levantar la voz. Sigo pensando que mi marido se está molestando cuando en realidad sólo se está apasionando en la conversación (OK, la mitad de las veces se está apasionando, la otra mitad si se está molestando y alza la voz más de lo que a mi me parece aceptable, pero distinguir la diferencia es aún un reto). Este tema nos sigue trayendo problemas de comunicación…10 años después.

Hasta ahora me llama la atención la clara distinción de italianos entre los que les gusta la montaña y los que le gusta el mar. A todo el mundo le digo que antes de enamorarse de un italiano tiene que preguntar si es de mar o de tierra.   De haberlo sabido antes…

El colpo d´aria y el “ho presso freddo” mi fanno moriré. Anche la cervicale (mai sentita prima)…o sea, sabía que existía y que puede doler, pero digamos que no era una preocupación constante en la vida de nadie (ni tenía que escuchar mencionar al famoso fular para el cuello).

7)Tienes dos hijas (super hermosas). Cuanto son peruanas y cuanto italianas?

Chiara todavía es muy chiquita y no creo que se identifique con ningún lado. En todo caso, habla casi solo español -aunque si entiende italiano perfectamente- y creo que solo tiene recuerdos de Perú. Giulia si se identifica con ambos países. Lo dice claramente. Tiene cosas de ambos países además. Ama el arroz y también la pasta o comer con pan…y hasta hacer scarpetta. Toma chicha morada todo el día. Ella misma se llama peruana e italiana y, además, tiene un sentido de pertenencia muy grande con Budapest, “mi ciudad” como ella la llama y a donde quiere volver (ambas nacieron ahí).

8)  Y tu, donde quieres vivir? Y cuando? Y por las ninas, vida estable o nomada? Haste que edad es “correcto” hacerlas viajar asi?

¿Dónde quiero vivir? No tengo idea. No estoy para nada lista para elegir un lugar, “para siempre” aún no existe en mi cabeza. Yo quiero seguir recorriendo el mundo, adaptándome (o al menos tratando de adaptarme), cambiando, creciendo. ¿Cuándo? Menos idea aún. Supongo que cuando mis hijas sean grandes, la elección que hagan ellas sobre donde vivir de alguna manera afectará el lugar al que yo quiera acercarme. No lo sé. En todo caso, Lima nunca fue una obsesión ni nada. Nunca sentí que quería volver a Lima (si de visita, para que mis hijas conozcan sus raíces)…. Así que, por ahora, vida nómade…me encanta esta vida, siento que ma ha dado mucho a nivel personal.

Sobre los niños… ¿hasta qué edad es justo darles esta vida? Es más, ¿es justo darles esta vida? No lo sé. Yo creo que es una decisión que hemos tomado por ellos (como tantas otras) y que tendrán (¡pobres!) que acatar hasta que se vayan a la universidad! Yo confío en poder criarlos de forma que esta vida les sea beneficiosa. Espero que su personalidad ayude en eso (hasta el momento parece que si tienen pasta de nómades, al menos la más grande). Soy consciente de que en algún momento nos odiarán por esta vida pero creo también que con el paso de los años estarán agradecidos y serán conscientes de los beneficios que ser nómades les ha traido (como ser políglotas, tener una mente amplia).  Verdaderamente creo que ser ciudadanos del mundo tiene muchas cosas buenas (con un precio alto, es verdad) y que, en el mundo actual, son cosas que te dan un valor agregado.

9) Aqui en el blog hablamos mucho sobre la importancia de los amigos entre los expatriados. Tu regresaste en Peru y todavia buscaste amigos fuera de los que habias dejado aqui. Esto realmente me llamo la attencion. Expat busca Expat? Once expat, always expat? Me explicas esto?

No se si “once expat, always an expat” aplique para todo el mundo pero para mi si. Yo me siento claramente expat. Uno de mis miedos cuando decidí regresar es que perdía mi identidad de expat pero no la perdí… para nada (quizás esa sea la raíz de mis problemas de adaptación! Jaja).

Yo creo que uno siempre busca que la entiendan, sentir que “you can relate to”…y yo sabía que sentiría eso con los expat. Siempre tuve miedo (y quizás sea un miedo injusto) que mis amigos de siempre no entendieran que me sintiera como me siento. Quería tener cerca a quienes supieran cómo es eso de cambiar y recomenzar, quería seguir escuchando idiomas distintos, hablando idiomas. Necesitaba estar cerca de gente que no esperara que fuera la persona que se fue (cosa que mis amigos de acá quizás si esperaban), con quienes pudiera ser la nueva yo sin problemas y que compartieran mi visión del mundo, de la vida.

Por otro lado, como dije antes, yo sabía que la relación con mis amigos no sería la misma. No por haber cambiado todos con el tiempo (porque esto no necesariamente significa que no puedas seguir siendo amigos, para nada) sino porque ahora cada uno tiene una vida nueva, de la que yo no formo parte y en la que iba a ser difícil encajar. Todos están casados, tienen hijos, compromisos con la familia, con la familia política, cumpleaños de los hijos, amigos nuevos (del trabajo, del colegio de los hijos, etc.), una rutina. Si veo a mis amigos más cercanos, no muy seguido (a veces creo que los veía más cuando no vivía acá) y el cariño de siempre sigue ahí pero yo tenía claro que tenía que crearme una vida nueva y eso incluía amigos nuevos (que no solo han sido expats, también estás los papás del colegio de mi hija, por ejemplo).

10)  Uno de tus articulos que mas me ha gustado es el que abla del salir de la “confort zone” para buscar amigos. Que se puede aconsejar a los que son al primer viaje al extranjero?

Mi primer consejo es siempre buscar asociaciones de expatriados, siempre hay. Grupos de FB también, en general, buscar grupos con los que tengamos algo en común (expats, mamás, lectores, que hablen una lengua que hablamos, que viven por nuestra zona, etc.). Y de ir a algunas de las reuniones que organicen. Yo se que muchas veces no dan ganas porque quizás la edad promedio no coincide con la nuestra o porque parecen tener perfiles distintos o porque caemos en los estereotipos y pre juzgamos. Pero lo que yo he aprendido es que uno encuentra potenciales amigos en los lugares menos esperados y que así como uno puede aparecer en ese desayuno en el que no pega nada, quizás justo ese día vaya alguien más que tampoco pegue pero que si pegue con nosotros. Mis amigas más cercanas en Budapest surgieron así, en grupos con los que no tenia mucho en común pero en el que los nuevos expats caían por default… y yo siempre iba, siempre con la esperanza de que vaya alguien que sea como yo.

Crearse una vida social requiere trabajo y para quienes parte del proceso de sentirse en casa se basa en crearse una red de apoyo/amistad como yo, es super importante hacer el esfuerzo desde el inicio… al menos a mí, la vida me cambia una vez que conozco a alguien, que tengo con quien tomarme un café, con quien compartir.

Gracias Moci por tu intervista y mas por tu amistade!

Nadja, Peru

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Author

Nadja Australia

Espatriata per lavoro ormai più di 15 anni fa, con mio marito abbiamo vissuto in Serbia, Romania, Bulgaria, Arabia Saudita,Peru, Argentina e adesso Australia! Con noi due bimbi globetrotter che ci accompagnano nella nostra pazza vita girovaga!Il nostro mantra? Home is not a place, it's a feeling! Con la Sardegna nel cuore, viviamo dove ci porta il lavoro e ci godiamo ogni piccola cosa che i paesi ospitanti ci offrono con l'entusiasmo della prima volta!

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