Vivere all'estero

Bloody Hot: Una Lunga Estate Londinese

Written by Elisa, Abu Dhabi

Ero arrivata a Giugno preparata dagli amici che già vivevano a Londra da anni: il peggio non è l’inverno uggioso, ma la mancanza di estate. I quindici gradi e pioggia a giugno. Poi a luglio. Poi ad agosto. Inframmezzati, è vero, da giornate di sole che durano dalle cinque del mattino alle dieci di sera, che però non sono mai abbastanza in un mese da lasciare la pelle calda da provare sollievo contro il fresco della notte.

Mi sono approcciata alla mia prima estate inglese con zero aspettative, sapendo che comunque andava avrei lavorato troppo per potermi lamentare. Il 29 giugno ho fatto l’ultimo weekend a Torino e Bologna, facendo il pieno di famiglia, amici e sole sulla pelle. Sono tornata a Londra col cuore pronto ad affrontare il grigetto perenne, e invece ho trovato ad attendermi sole e 28 gradi. E, nello sbigottimento generale, l’estate londinese quest’anno è durata ben un mese e mezzo.
E’ iniziata in sordina, con qualche sera in cui non c’era bisogno della giacca. E poi ricordo una mattina di essermi svegliata improvvisamente, come se fosse successo qualcosa: erano le cinque del mattino e, per la prima volta, la stanza era inondata di luce del sole. Poi sono arrivati i pomeriggi caldi che hanno riempito le padding pools dei parchi. A luglio il sole era così caldo che a dormire si sudava pure con le finestre aperte, grazie ovviamente al superbo isolamento delle case londinesi che hanno iniziato a rilasciare calore con lo stesso perverso gusto con cui in inverno restano gelide pure con i termosifoni a palla. E in men che non si dica una serie di ricordi sudati e afosi ha iniziato a popolare la scatola dei ricordi londinese.
Il 2 luglio mi sono trasferita a lavorare vicino al River Lea: ho fatto una prima passeggiata ad Hackney Downs per scegliere il mio baretto preferito sotto il sole bollente e ho ritrovato con entusiasmo l’odore dell’acqua nel mio quotidiano. Ho camminato lungo il canale a ogni pausa pranzo, così tanto che il segno dei sandali mi si è stampato sui piedi, abbronzatura di cui vado molto fiera solo perché è nata nella città storicamente senza sole.

Passeggiando lungo il canale faccio amicizia con alcuni boaters, con i quali passo intere nottate ad Enfield a guardare il canale asciugarsi e a chiederci se ci sia abbastanza acqua per loro per muovere le barche la mattina dopo. Guidando alle quattro di mattino lungo la North Circular Road mi godo i finestrini abbassati e la linea dell’orizzonte già rosa, incredula che questa sia la stessa città in cui il sole non esce per settimane.
Ho solo qualche maglietta e due vestiti estivi ma non compro nulla, sempre convinta che l’estate finirà nel momento in cui uscirò da un negozio con un costume in mano. Imparo a vivere con poco e mi è piace. I prati sono diventati biondi come i miei capelli, gli inglesi increduli, noi europei euforici. Finisco mezzo chilo di gelato vegano sotto un albero lungo il Tamigi con la mia amica Lisa e ho ancora caldo. I supermercati sono vuoti di pane, tutto il CO2 prodotto in UK viene dato alle fabbriche di birra che rifocillano i pub e non ce n’è più per conservare i cibi. Luglio sta finendo, è ora di lasciare l’ufficio sul canale, per una serie di coincidenze resto ad Hackney e mi sembra di vivere in un’altra città. La gente in metropolitana sviene, là dove non c’è l’aria condizionata il caldo è insopportabile.
Il giorno del mio compleanno corro per non perdere l’ennesimo treno, restituisco le chiavi di un appartamento vuoto e invito un paio di amiche a cena per festeggiare. Lisa si ferma a dormire, porta un paio di pantaloni lunghi perché sembra che domani la massima sia di 20 gradi, ma di nuovo ci svegliamo che ce ne sono già 21 e per la prima volta va a lavorare di nuovo con i vestiti di ieri.
Qualcosa scatta in me, dovrei lavorare e invece voglio solo godermi l’estate: decidiamo di fuggire un weekend all’isola di Wight, dormendo in campeggio e lasciando languire i piedi nell’acqua fredda. La bellezza dell’isola sotto il sole mi lascia senza fiato, questo Paese sarebbe davvero molto più vivibile se solo si superassero regolarmente i 20 gradi fra giugno e settembre. É tempo di piani per il futuro, di aperitivi a Whitechapel e di barbecue in giardino con solo un bikini addosso. In casa fa troppo caldo per starci, il cibo va a male in poche ore e io devo tornare a lavorare. Nell’unico weekend in cui speravamo non piovesse per non dover rimandare un progetto, su Hampstead Heath si scatena un diluvio così persistente che restiamo bloccati su una collina da un mare di fango.
Il 16 agosto, sotto una pioggerella insistente, porto tutti i miei averi su un furgoncino con l’aiuto di Aaron, un ragazzo trovato su Gumtree. Ho addosso i sandali che si inzuppano in pochi minuti: l’estate inglese è finita. Sugli scaffali tornerà il pane da toast assieme alla birra, gli inglesi oggi non boccheggeranno. La pioggia sulla pelle è una benedizione, sono le lacrime che non ho tempo di versare lasciando quella che abbiamo chiamato casa per un anno mentre chiudo il lucchetto di una storage room in cui il mio mondo resterà in standby per non so quanto.
La pioggia mi lava i capelli e i sandali e i pensieri: per la prima volta da settimane ho freddo. Queste settimane di estate a Londra hanno il sapore e la frenesia di un sogno: spesso mi chiedo se avrebbero avuto lo stesso ritmo impossibile ed euforico se il sole non avesse attivato le mie endorfine e reso tutti ubriachi di vitamina D.
Ma a Luton c’è un aereo che mi aspetta per inseguire il sole e la vita che ho scelto per me. Mi aspettano Croazia, Slovenia, Italia, Francia e Spagna, e Dio solo sa quanti ricordi prima di aprire di nuovo quel lucchetto e ridare quattro mura alla mia casa.
L’estate vera per me inizia ora.
Elisa, Inghilterra
Ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2017 a dicembre 2018

 

 

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Author

Elisa, Abu Dhabi

Nata con i piedi nell’Adriatico e cresciuta sotto le Due Torri, una delle mie prime ricerche su Google è stata “come ci si trasferisce negli Stati Uniti”: i risultati mi hanno convinta dell’importanza fondamentale della libertà di movimento in Europa. Ho vissuto in Francia, a Londra, in Macedonia e ora faccio base ad Abu Dhabi. Mi occupo di sostenibilità, insegno yoga, sono ambasciatrice dello slang parigino di banlieue nei quartieri bene di Londra e della cucina vegana senza glutine in giro per il mondo.

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