#expatimbruttito Food

Come si cambia, tra stereotipi e realta’

Written by Amiche di fuso

Come nel piu’ classico stereotipo italiano modello “spaghetti, pizza e mandolino” nei mesi che hanno preceduto la mia partenza, tra le varie cose che mi preoccupavano, pensavo anche a come sarei sopravvissuta in terra straniera senza i miei piatti preferiti. Come cavarsela senza il ragu’, la pizza, i formaggi, il pane e gli affettati? Di cosa mi sarei nutrita negli Usa, per definizione noti per la totale assenza della buona cucina?

Non potevo immaginare di fare colazione senza i biscotti del Mulino Bianco o di mangiare la pasta senza una buona spolverata di Grana Padano 36 mesi, ne’ mi vedevo a bere quella brodaglia allungata che osavano definire caffe’ o il vino con il tappo a vite. I primi mesi infatti siamo sopravvissuti solo grazie ai generosi pacchi che ci arrivavano dalle famiglie, quasi come gli emigranti agli inizi del ‘900. Ad un certo punto pero’ ci siamo resi conto che stavamo diventando davvero ridicoli, per almeno due buone ragioni.

a prima era che, pur vivendo in un posto dove nei negozi si trovavano ottimi prodotti, da anni eravamo abituati a farci in casa ragu’, pizza, pane e pasta fresca, per cui non aveva senso non farlo piu’ proprio nel paese in cui questi cibi non erano piu’ facilmente reperibili o non ci piaceva come li facevano. Quindi, passato il primo momento di rodaggio alla ricerca degli ingredienti piu’ simili a quelli a cui eravamo abituati, abbiamo ripreso le vecchie abitudini e ricominciato a mangiare secondo tradizione.

La seconda ragione era che ad ogni viaggio avevamo sperimentato con gioia la cucina locale, anche in quei paesi dove le condizioni igieniche lasciavano davvero molto a desiderare, quindi partire cosi’ prevenuti e cosi’ tipicamente “italiani” nel non voler avere assolutamente a che fare con il cibo americano non era proprio da noi, dovevamo rimediare! Cosi’ ci siamo buttati alla scoperta di quello che ci offriva questo nuovo paese, a volte rimediando qualche delusione e molti “mai piu’” e altre volte scoprendo che alcuni prodotti erano meglio del loro equivalente italiano. Ad oggi, dopo due anni, possiamo dire di aver sviluppato una serie di “dipendenze” per alcuni piatti americani, tanto che la settimana prima di partire per l’Italia cerchiamo di mangiarne il piu’ possibile, come faccio con la pizza buona in patria.

Per prima cosa, sara’ banale, andiamo matti per gli hamburger made in USA, perche’ la carne e’ davvero buona…e abbiamo scoperto qui quella di bisonte, ancora piu’ saporita, per cui quando li prepariamo in casa facciamo sempre un misto di mucca e bisonte! Il marito poi li accompagna con dosi industrali di mostarda, mentre io invece adoro la “sour cream” (panna acida), non solo con la carne ma anche sulle patate bollite, insieme ad una spolveratina di erba cipollina.

La mia passione per gli hamburger americani e’ tale che una sera alle 11 (ero tornata in Italia da 1 mesetto, dopo 6 mesi in Ohio) ne avevo cosi’ voglia da dovermi infilare in un fast food a Ferrara per trovare consolazione…ma il triste panino che mi hanno dato, con dentro una misera svizzerina bassa e secca, ha solo acuito il mio desiderio di un vero hamburger statunitense! Qui ci manchera’ la “coppia ferrarese” (il pane tipico, fragrante e gustoso), ma l’abbiamo sostituita egregiamente con i bagels (o le bagels, non l’ho mai capito), quelle ciambellone salate, morbide e disponibili in tante varieta’…io li adoro soprattutto al sesamo, tostati e farciti di cream cheese. Certo, il Philadelphia si trova anche in Italia, mi direte…ma vi assicuro che qui ha tutto un’altro sapore!

Un altro caposaldo dei miei pranzi al volo al bar dell’ospedale e’ la famosa “Caesar Salad”, fatta di lattuga, bacon croccante o pollo, scaglie di formaggio e crostini agliosi, il tutto condito da una salsa (“dressing”) molto gustosa. Qui non c’e’ nulla che assomigli ad un pecorino stagionato, ma il “White Cheddar del Vermont” e’ stata una piacevole sorpresa e adesso non manca mai nella nostra tavola di espatriati. E se e’ vero che mancano i posti dove fare un bell’aperitivo all’italiana, a casa si puo’ compensare bene con tutte le settecentomila varieta’ di patatine, “pita chips” e “veggie straws” che esistono, accompagnate da un equivalente numero di bevande possibili (adoro la “Cherry Coke”, mi si tolga il passaporto italiano per questo, sono pronta!). Ci siamo anche abituati al caffe’ americano (sappiatelo, nel caso la Cherry Coke non sia motivo sufficiente per revocarmi la cittadinanza!), non per il gusto in se’, ovviamente, ma perche’ e’ piacevole starsene seduti in uno Starbucks a sorseggiare lentamente la brodaglia bollente, navigare su Internet o leggere una rivista.

Mi piace il concetto “sociale” del caffe’ allungato, ecco, e mi riscalda berlo mentre cammino per strada in mezzo alla neve, a -20. In Italia ero piu’ incline al vino che alla birra…al vino qui ho rinunciato, quello italiano spesso ha costi improponibli soprattutto in rapporto alla effettiva qualita’….pero’ ho cominciato ad apprezzare molto di piu’ la birra, che qui esiste in moltissime varieta’ ed edizioni speciali stagionali, spesso prodotte da piccoli stabilimenti locali che offrono anche tour guidati con assaggio finale.

Infine, anche se per apprezzamento avrebbe dovuto essere ai primi posti, mi piace moltissimo la “clam chowder”, una zuppa a base di latte/panna, vongole e patate, cremosa e saporita, che ho scoperto per la prima volta a San Francisco nel 2010 e che mangio ogni volta che mi capita di ritrovarla!

Insomma, contrariamente a tutte le aspettative, questo paese ha saputo conquistare anche il mio organo piu’ importante…lo stomaco!
Lara, Ohio
Ha collaborato con Amiche di Fuso da Febbraio 2014 a Gennaio 2015

 

 

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

9 Comments

  • La cherry coke, mai ! Come mai la root beer e la Dr. Pepper! Pero` bisogna dirlo dopo averle provate…quindi sperimentare con il cibo come con tutto il resto! Per il resto concordo con tutto quello che dice Lara ( e ci sono certe birrette che sono proprio buone)…. e non ha parlato delle costine di maiale che si staccano dall’osso, inondate di salsa barbeque… qui anche a me toglieranno il passaporto!

    • No, la Root beer e’ out anche per me! La Cherry Coke non la bevo sempre, ma il gusto mi piace proprio.
      Ah, le costine…che buone!! Piu’ ci penso e piu’ mi vengono in mente altri piatti di qui che adoro!

  • Dici bene, anche se siamo italiani e ci manca la nostra cucina, è bello sperimentare cosa ci offre il resto del mondo! Io poi sono molto curiosa e al supermercato ci perdo le ore a vedere cosa c’è, cosa trovo e cosa non trovo (e mi ingegno a capire come posso fare per rimpiazzarlo). 🙂 Vivo a San Francisco da 2 mesi e mi sto divertendo molto a cucinare e scoprire nuovi sapori. E ora è tempo di zucche!

    • Il tempo delle zucche e’ il migliore, sia perche’ mi piace usarle come decorazione sia per cucinarle!! Si’, penso che sia molto piu’ bello e interessante sperimentare sapori e accostamenti nuovi…alcuni sono deludenti, ma altri diventano nuove passioni!

  • Secondo me noi italiani partiamo un po’ svantaggiati all’estero… convinti che la nostra cucina sia la piu’ buona del mondo, siamo restii a provare altri piatti… Fermo restando che alcuni prodotti e piatti nostri non si sostinuiranno MAI, io ho scoperto la cucina asiatica qui in Australia e mi piace da morire!

    • E’ vero, consci della nostra meravigliosa cucina partiamo dal presupposto che niente sia allo stesso livello…invece ci sono tante alternative interessanti!

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