Vivere all'estero

Il freddo dentro

Written by Amiche di fuso

Qui da me fa freddo.  Me ne lamento costantemente e lo sopporto sempre di meno.

Chiedetelo alle mie “Amiche di Fuso” che mi accusano di parlare del clima ogni santo giorno che partecipo alla chat.

È che trovo difficile attraversare l’inverno.

Mi manca il sole, mi manca l’aria aperta. Non sono nata qui e non me ne frega niente di andare a fare buchi nel ghiaccio per pescare o fare sci di fondo. Sono una persona che prende energia dal sole: amo camminare all’aperto, sentire il sole caldo sulla pelle e qui mi sto spegnendo.

Sbuffo e mi lamento e non mi riconosco neppure.

Faccio un lavoro che mi piace e molto, ma alla mattina quando devo vestirmi per uscire di casa  l’idea di mettermi 10 strati addosso e ancora sentire freddo, vivere in doposci e con il cappello in testa per 6 mesi all’anno, mi diventa come una zavorra sulle spalle. Mi toglie energia, nonostante l’impasticcamento costante di vitamina D.

Non era così. Vivo qui da 20 anni. Il cambiamento climatico starà estremizzando i fenomeni meterologici, ma non è che a novembre siamo mai andati in giro in maglietta o per lo meno non molto frequentemente.

Anzi Facebook mi ricorda che quasi ogni anno la neve è già scesa in questo periodo.

Mi ricordo come fosse difficile fare le cose quando Francesca, mia figlia, era piccola. Di certo vivere in un clima freddo non è facile quando si hanno bimbi piccoli da vestire e svestire entrando e poi uscendo dai luoghi chiusi. Poi i primi anni aveva otiti frequenti che la facevano restare a casa… ed io chiusa in casa con lei, visto che allora non lavoravo.

Eppure non ho mai avuto questo rifiuto categorico al vivere qui che ho ora.

Accendo la televisione al mattino e le previsioni del tempo mi riempiono di rabbia… non di tristezza, di rabbia. Sono incazzata!

Ma chi sono diventata? È l’essere invecchiata che mi ha fatto diventare così oppure devo trovare il motivo di questo rifiuto in qualcosa d’altro?

Altro che vedere il bicchiere mezzo pieno, qui mi sono bevuta anche l’ultima goccia… d’acqua?  Facciamo di vino!

Non so come, ma un post di una mamma espatriata come me, che si lamentava delle mie stesse cose e le risposte che le sono state date, tra cui: “Cerca le risposte del tuo malessere dentro di te!”, ha fatto scoccare la scintilla. Ma davvero: e se il mio lamentarmi del clima non nascondesse un senso di malessere più profondo ed interiore?

È certamente più facile dare la colpa alla neve e alle strade sporche, al non potersi vestire in modo grazioso perché infagottati da maglioni e giacche imbottite, che non guardarsi dentro.

Ed è da ieri che ci penso.

Questo post è nato qualche giorno fa per essere un post sul Natale e le belle tradizioni che ci sono qui, il freddo serviva solo a introdurre il concetto: “Farà pure freddo qui, ma se c’è un mese in cui il freddo non dà fastidio è dicembre con il Natale…”.  Mi ero fermata alle prime frasi.

Invece le parole sono andate in un’altra direzione e hanno preso una loro vita, oggi che l’ho ripreso in mano.

I pensieri si accumulano mentre li sto scrivendo e a dire il vero non so dove arriveranno.

Scrivere però è catartico e a me serve come soul searching (il guardarmi dentro che forse devo fare).

Per ora sono arrivata ad una conclusione.

Questo è stato un anno durissimo. Psicologicamente devastante.

Abbiamo avuto un lutto in famiglia che né io né mio marito riusciamo ad elaborare ancora. Siamo ancora nella fase incredulità e solo ora cominciano ad affiorare i bei ricordi, quelli che in teoria dovrebbero aiutarci. Lui ha perso suo fratello ed io un amico di infanzia che poi era diventato anche parte della famiglia.

Siamo ancora alla fase di arrabbiatura: era giovane, poteva fare ancora tante cose, perché è successo? Perché quelle cure che dovevano avere un 80% di successo, non lo hanno avuto proprio con lui?

Posso pensare quindi  che sia più facile esternare qualche maledizione per una giornata nevosa o fredda che non esternare la propria rabbia per una morte così inaspettata.

Inoltre questi fatti della vita cambiano le priorità dell’esistenza. Improvvisamente la perdita di un coetaneo ti fa invecchiare, ti toglie quel senso di invincibilità che fa parte della giovinezza, in cui ci si sente invincibili.

Ci sono cose che improvvisamente perdono importanza. Ho una bella casa, la amo, ma è qui! Non sarebbe meglio un piccolo appartamento, ma vicino alle persone della mia famiglia?

Mio cognato non è la prima persona che abbiamo perso da quando viviamo all’estero, ma in lui abbiamo sommato e somatizzato tutte le perdite precedenti delle persone a cui abbiamo voluto bene.

Questo senso di spossatezza e la tristezza latente non sono reazioni superficiali al freddo del Wisconsin: sono probabilmente un aspetto dell’elaborazione del lutto…con ancora un lungo viaggio per essere completato.

Non sono una psicologa e forse dovrei parlare con qualcuno che di questo si occupa, ma avere scritto queste frasi mi è servito .

Rimango ancora con tanta strada da fare perché se può servire esternare i propri sentimenti, io sono comunque una persona che deve agire. E devo cambiare le cose. Credo mi servirebbe davvero “cambiare aria”, ma ora non è possibile ancora.

Spero solo che con il tempo saranno nuovamente di più le giornate in cui troverò che il sole è caldo anche in Wisconsin e che comunque qui è un luogo bellissimo in cui vivere.

Lo pensavo prima, negli anni in cui non mi sono mai lamentata ed in cui il bicchiere era non solo mezzo pieno, era proprio pieno!

Se nel frattempo mi lamento di una nevicata di troppo, abbiate per favore pazienza! E sopportatemi!

Claudia, Wisconsin

Ha collaborato con Amiche di fuso da settembre 2015 a dicembre 2019. Potete continuare a seguirla su Un’alessandrina in America

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Author

Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

5 Comments

  • Il tuo post ha toccato me…come quell’altro aveva toccato te.
    Credo che il bello dello scambio, di leggere gli scritti uno(a) dell’altro(a) sia proprio questi effetti…quelli di sentire che, forse, ci aiuta a tirar fuori qualcosa che abbiamo tenuto dentro.
    Il tuo post ha toccato me perché anch’io sono insofferente. Non al clima, ma all’ambiente…in cui vivo da 37 anni, anch’io da expat. A noi ha colpito un lutto, ma la perdita non di una persona, ma di un legame forte legato all’attività di mio marito con i suoi che ha dettato i nostri ritmi in tutti questi anni.
    Mi sento come te così…stufa. Con una voglia di essere altrove, di essere in un posto dove possa fare cose che mi piacciono e che sento di non poter fare qui mentre la vita mi passa davanti. Voglia di poter essere e fare liberamente dopo anni di condizionamenti – e anch’io dico che ho avuto e ho tante belle cose, non è che sia stata male, anzi. Ho anch’io una bella casa che adoro; ma anch’io mi sto chiedendo se debba stare sempre qui, e mi stanno passando per la testa idee nuove, diverse…non so se prevedono un grande cambiamento una volta che saremo fuori dalla bufera in cui ci troviamo.
    Ti mando un forte abbraccio. Purtroppo neanch’io so dire cosa si debba fare – sono nella stessa situazione – ma credo tanto che il dire, l’ammettere queste sensazioni sia già un buon passo in avanti…verso una ulteriore crescita.
    Buon Natale

    • Ana Maria,
      spero davvero che le mie parole ti possano servire e sono contenta che mi capisci. Certe volte mi sento un po’ incompresa perche` dal di fuori le persone vedono una persona immusonita, ma non sempre vuoi o puoi “raccontargli la tua vita”. Questo post e` stato uno sfogo…catartico. Ogni giorno va un po’ meglio….spero che anche per te sia lo stesso. Un “caldo” abbraccio e buone feste! Claudia

  • Anche io non sopporto l’inverno, quello sardo, figuriamoci uno come quello che vivi tu!me
    Il 2019 è stato un anno devastante anche per me. A Natale segno le assenze invece che le presenze. Però tornerà la primavera e vivremo anche per chi non c’è più. Un abbraccio

  • Gentile Signora, ho letto con attenzione e capisco che il suo disagio non e’ una posa. Lei ha gia’ fatto un grosso salto trasferendosi dal suo Paese di origine al Wisconsin, quindi ha gia’ l’atteggiamento giusto: fare la valigia non la spaventa, e cercare altrove cio’ che le manca non e’ un tabu, specie considerando che le cose e le persone cambiano, quel che era perfetto ieri puo’ non andar piu’ bene oggi.
    Io, ma e’ un umile suggerimento, starei attento a due cose soltanto.
    La prima: cercherei di capire se per caso il mio malessere non stia dentro di me. Gia’ Seneca, venti secoli fa, diceva che talvolta si deve cambiare atteggiamento mentale, non luogo fisico.
    La seconda: starei attento ai fondamentali. Anche il posto piu’ bello del mondo non e’ piu’ bello, se non da’ a noi pane e lavoro per vivere decorosamente e prospettive per il futuro dei nostri figlioli (cose che qui in Italia purtroppo stanno diventando sempre piu’ rarefatte)..
    I migliori auguri per il 2020, a Lei e ai suoi cari.

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