Vivere all'estero

Controcorrente

Katrina, New Orleans, Uragano, 29 agosto 2005
Written by Amiche di fuso

A volte mi fermo un attimo a pensare e a chiedermi se io abbia il diritto di parlare in questa guerra che si sta scatenando nella mia città.
Abito a New Orleans da più di sei anni, ma cosa è poco più di un lustro in confronto agli oltre trecento anni di storia di questa città? Ben poca roba mi viene da pensare. Ma allo stesso tempo non sono così pochi se inizio a mettere insieme tutti i ricordi e le vicissitudini, tutte le gioie e tutti i dolori che ho provato per rendere questa  casa mia.

Tanto è cambiato da quell’ottobre 2004, da quell’inizio di autunno pre-Katrina, quando decisi che io prima o poi sarei venuta a vivere qui. Difficile descrivere come era la città allora, non credo nessuno possa immaginarla a meno di averla visitata prima di quella catastrofe accaduta  un decennio fa.
Perchè da allora, quando parli con chi qui ci vive, la misura del tempo nei racconti viene sempre detterminata da “Before the Storm” e “After the Storm”. E badate bene che qui di uragani ce ne sono stati e ce ne sono moltissimi, ma dei centinaia che hanno colpito la Big Easy, solo uno non ha bisogno di nome proprio. Solo lei: Katrina.

Il 29 di agosto è ricorso il decimo anniversario dell’uragano che quasi distrusse New Orleans, che non ci riuscì del tutto con la furia delle acque, ma che la cambiò per sempre in un modo più subdolo, dando via al processo di gentrificazione.

Voglio premettere che non sono contro il progresso ne’ contro i cambiamenti. Ma ci sono cambiamenti e cambiamenti.
La gentrificazione selvaggia di questa città non è buona e non ha ritmi sostenibili.
Quando arrivai qui nel 2009 trovai una città ancora distrutta, poche le zone completamente ripulite anche a distanza di 3 anni da Katrina. Le case avevano ancora tutte i segni lasciati dai soccorritori quel settembre indimenticato, il crimine era alle stelle, i negozi e le scuole non avevano ancora riaperto.

Dovevo trovare casa, i prezzi erano alti per un affitto perchè c’erano poche abitazioni disponibili. Ricordavo in quella visita pre-Katrina di avere visto alloggi di 2 stanze in affitto per $300 dollari al mese e di aver pensato “qui potrei vivere bene con poco”, il cibo era buono e abbondante, i prezzi bassi. La situazione era decisamente cambiata al mio ritorno.
Così  iniziai una ricerca disperata per un posto dove abitare che non fosse troppo lontano da lavoro, visto che i mezzi pubblici non funzionavano ed erano a frequenza sporadica.
C’era anche da tenere in conto che alcune zone erano proprio off limits a causa del crimine, quindi il cerchio si restringeva sempre di più.
Il Quartiere Francese, dove avevo abitato per 9 mesi, non era più abbordabile per le mie finanze, ora che volevo vivere da sola e non con una compagna di appartamento (scarafaggi e topi sono buonissimi motivi per voler essere l’unica responsabile dell’igiene della casa…). Così diressi le mie ricerche su un quartiere limitrofo, il secondo più antico della città, il Faubourg Marigny.
Non ne ero entusiasta al principio: tutti le persone che conoscevo erano nel Quartiere Francese, non c’erano negozi di nessun genere, pochissime persone in giro (e quasi tutti hipsters) e la notte era buio pesto per mancanza di luci.
Dopo le estenuanti ricerche riuscii a trovare l’appartamento dove vivo ora, un posto che amo alla follia, l’unico che sento  essere mai stato veramente casa mia da quando lasciai quello dove vivono i miei genitori.
La cosa ottima di questo quartiere è che è uno dei pochi costruiti sopra il livello del mare, cosa che durante un’innondazione non è di poco conto.

La casa mi piaceva, era un fourplex, un’antica casa vittoriana a tre piani divisa in 4 appartamenti, il mio, il più piccino e il più alto, aveva le scale dentro per accedere al piano superiore e una piccola finestra nella camera da letto, da cui potevo vedere… il nulla. Il deserto.
Non c’erano macchine parcheggiate per la strada, le case erano quasi tutte vuote e la sera si sentivano colpi di pistola provenire al di la’ di Sait Claude Ave., strada che divide il Marigny da Saint Roch che all’epoca era una zona dove era prudente non andare.

Non era facile comprare cibo, non era certo che si arrivasse a casa tutte intere la notte e niente funzionava, ma voi non sapete quanto mi mancano quei tempi.
A poco a poco il quartiere è esploso in popolarità, non so esattamente perchè, ma sia questo che il limitrofo Bywater (dove lavoravo all’epoca) sono diventati metà della movie industry and di giovani investitori.
Tutti qui per migliorare New Orleans distruggendola un pezzo per volta.
I pochi punti di ristoro vecchi si sono trasformati in super hip places che servono craft cocktails e small plates a prezzi decisamente esorbitanti.

I prezzi delle case sono saliti del 500% in due anni, alcune anche del 1000% (lo so sembra una cifra assurda ma ho letto dati concreti), le case in affitto carissime ed inesistenti a causa degli appartamenti affittati solo ed esclusivamente a turisti come short term rental illegali.

Questi quartieri, storicamente, sono sempre stati la casa di operai e persone che lavorano nell’industria dell’ospitalità, musicisti ed artisti. Ora stanno diventando il parco dei divertimenti di turisti che sono stanchi e annoiati di stare negli alberghi delle zone già cedute loro come il Quartiere Francese, il CBD  e il Lower Garden District. Loro vogliono sperimentare la “vera New Orleans”, quella dove vivono i locali. Peccato che così facendo ci stiano spingendo via.
Tutte le case popolari sono state chiuse e le persone più povere sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni così che possano essere occupate dai nuovi arrivati. Il crimine è di nuovo alle stelle, ma nessuno pare curarsene. Tutti i soldi stanziati da FEMA e dal governo per ricostruire strutture di quartiere per i meno abbienti, sono invece stati spesi per strutture inavvicinabili da chi vive con poche centinaia di dollari al mese.

Ogni volta che esce un articolo al riguardo su un sito locale è subito guerra di commenti, tra nuovi arrivati, cittadini che sono qui da anni e nativi.

Ed è qui che mi ricongiungo a quello che ho detto all’inizio: posso quindi io parlare, io che sono un transplant qui da meno di un decennio?

La risposta credo che sia: si. Si, perchè io non sono venuta qui con l’idea di “migliorare” questa città, io sono venuta qui per conservare le sue tradizioni, perchè l’amavo com’era, con i suoi pregi e suoi difetti. Ma ora ho paura che quest’amore stia per finire perchè non la riconosco più, ne la città ne i suoi nuovi “migliori” abitanti. E questo mi spezza il cuore e mi fa tanta paura.

Alessia ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2014 a gennaio 2020.

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

12 Comments

  • Eccome se hai diritto di parlare! E’ sempre triste constatare come le cose/persone/luoghi che ci hanno tanto affascinato in passato stanno cambiando radicalmente…. Mi auguro proprio che New Orleans, cosi caratteristica e unica, riesca a non essere trasformata interamente nell’ennesimo parco gioco per ricchi!

    • Ciao Claudia, è triste davvero, non sai che rabbia ogni volta che vedo qualcosa cambiato e stravolto per far piacere ai nuovi arrivati o ai turisti 🙁 La chiamiamo già Disneylandrieu (Landrieu è il nome del nostro attuale sindaco volto al progresso). Se i prezzi non scendono rimarranno solo turisti, nuovi arrivati benestanti e i criminali.

    • Tra tutti i litigi che si scatenano ogni giorno mi sale sempre più l’amarezza, come ho detto sopra, spero in un miracolo, una città soppravvissuta ad un disastro che stanno distruggendo a forza di “migliorarla”

  • Maddai, che tristezza!
    Io sto per trasferirmi a Houston e da un sacco di tempo sogno di venire a visitare New Orleans…mi spiace venire a conoscenza di questa traumatica e forzata trasformazione…insieme a te voglio confidare nel miracolo!

    • Speriamo Marta! Intanto quando arrivi a Houston, sappi che sarai molto vicina e ti consiglio di venirla a vedere prima che puoi

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