Vivere all'estero

Ode alle prime volte

Written by Valentina Svizzera

Assistere al primo anno di vita di un bambino (anche se è la terza volta) è qualcosa di assolutamente eccezionale, almeno se lasciamo da parte coliche, risvegli notturni e tutta quella immensa fatica e patemi che questo incredibile periodo porta con sé. Anche se è la mia terza figlia, o forse ancora di più, perché so quanto questa fase sia transitoria, rimango terribilmente affascinata dalla naturale sete di scoperta che ogni bambino porta in maniera innata con sé (e che poi si spegne via via negli anni), stregata da tutte le prima volte!

Non sono più smaniosa di vedere i primi passi (anzi!), ma mi perdo nell’espressione a volte meravigliata, a volte impegnata, altre concentratissima, o frustrata che accompagnano questo accelleratissimo processo di crescita, che mai più nella vita sarà cosi intenso…

Ok, sarò nel girone infernale della mamma rinco, che davanti alla sua bambina che stringe nel pugnetto per la prima volta la sabbia e vede il suo viso sente il cuore esplodere di una forse sciocca ma assurda gioia, ma non è solo questo: ci pensate a che concentrato di esperienze nuove e scoperte vivono questi pupetti? Nulla è come i primi anni di vita.

Via via le esperienze nuove si diradano, e anche forse la nostra sete di scoperta (e il tempo che abbiamo a disposizione per sperimentare nuove attività e mettere così alla prova anche noi stessi), acciambellati tra abitudini consolidate, lavori che volenti o nolenti ci definiscono e incasellano e relazioni storiche…

Eppure c’è qualcosa che ci scaraventa fuori dalla nostra comfort zone e ci obbliga ancora una volta (e poi un’altra e un’altra ancora, nel caso di spostamenti reiterati) e questa cosa è proprio l’espatrio.

Non solo un cambiamento di vita totalizzante: lasciamo il lavoro, gli affetti più cari, siamo scaraventati in una nuova realtà in cui spesso non conosciamo nemmeno la lingua, obbligati (o spronati) a ricrearci una identità nuova in espatrio… Ma ci sono anche le piccole cose di ogni giorno: ritrovarsi tra strade sconosciute, imparare a conoscere i prodotti locali e non, dove comprare le cose, magari scovare un bar in cui bere, se non proprio un buon caffè, qualcosa di simile… Se ci sono figli pensiamo in genere prima di tutto a loro, alla scuola, alle loro esigenze… Ricrearsi un giro di relazioni interpersonali. Ad esempio per me che sono originariamente un po’ timida le prime volte in un gruppo grande di persone mai incontrate prima son sempre un po’ una sfida…

Tutto questo a tratti è elettrizzante, ad altri è terrorizzante, e comunque tanto stressante, anche se magari non ce ne accorgiamo e teniamo botta, di certo ci assorbe tantissime energie emotive… Soprattutto se i trasferimenti sono parecchi, se i figli aumentano, e l’entusiasmo verso i nuovi cambi non è direttamente proporzionale all’età e al numero di traslochi magari!

D’altro canto mi capita rientrando in Italia di imbattermi in persone (non tutte, per carità e ovviamente escludendo chi magari si trova in condizioni lavorative ed economiche parecchio precarie!) che sulla quarantina o addirittura prima, sono già annoiate dal lavoro, da una vita che è andata su binari prestabilitissimi: matrimonio, casa magari di proprietà, figli che cominciano a crescere ecc. Persone a caccia di nuovi stimoli che trovano non tanto in nuovi progetti, ma magari in nuove cose da comprare o esperienze che in realtà occupano il tempo, ma non li cambiano, non li spronano a crescere e rimettersi in gioco… A questo punto vedo una mancanza di progettualità  e crescita che mi fa tremare.

Allora ringrazio in cuor mio l’espatrio che ci regala nuove sfide da affrontare insieme, la capacità di guardare avanti con progettualità e flessibilità, di reinventarsi e crescere di continuo. Nonostante la fatica, che quest’anno nel mio caso si fa parecchio sentire, sono grata di questa opportunità: e non parlo tanto di opportunità lavorative ed economiche (anzi), ma la grande palestra di vita che mi ha dato modo negli anni di mettermi sempre in gioco e continuare a crescere come persona, insieme ai miei figli e alla mia famiglia, ma anche da sola, come donna e come essere umano. Che mi ha regalato una grande visione laterale delle cose.

Certo mantenere il giusto equilibrio non è semplice, ci saranno periodi in cui ci sentiremo più stressati e stanchi e vorremmo solo ritrovarla la nostra comfort zone, e ne abbiamo tutti i diritti in fondo: ci saranno fasi in cui malediremo anche il fatto che siano i nostri figli a risentire degli spostamenti e che noi dobbiamo esser sempre lì a far da cuscinetto, mentre vorremmo solo una coperta sotto cui rintanarci per un po’, le amiche di una vita con cui chiacchierare e sfogarsi, anche solo non far la fatica di doverci esprimere costantemente in lingue non nostre, ma alla fine tutte queste prime volte ci regalano una grande opportunità di crescita e realizzazione personale… Voi che ne pensate?

Valentina, Svizzera

 

 

 

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Author

Valentina Svizzera

All'estero dal 2006, viaggiatrice da sempre, trismamma, autrice, formatrice e life e parent coach certificata, mi visualizzavo in un Paese caliente e vivo in Svizzera, sogno un mondo di bambini felici e adulti consapevoli, per ora mi limito passo a passo a costruire il cambiamento supportando gli altri nel loro percorso! E sapete cosa? Questo mi rende estremamente felice e grata, ovuqnue mi trovi nel mondo. :-)

2 Comments

  • È vero, a volte si ha proprio voglia di mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi!!!
    Poi però mi ricordo che se sono così lontano da tutto e da tutti ne deve valere la pena e così mi rimetto in moto ed esco per l’ennesima volta dalla mia comfort zone, ogni volta facendo un passo un po’ più in là 😉

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