Vivere all'estero

Storia di una famiglia che nascerà a Londra

Written by Elisa, Abu Dhabi

E così è successo: nel giro di quattro mesi ho preso la decisione, inscatolato la mia vita e prenotato un biglietto sola andata.

Direzione Londra.

È questa in breve la ragione per cui, da oggi, faccio parte anche io del team Amiche di Fuso. Mi chiamo Elisa, sono celiaca e ho la malsana mania di provare qualunque cibo senza glutine passi sulla mia strada. In mezzo alle expat seriali e a chi è emigrato per amore o per inseguire un sogno, io sono quella che non si lascia alle spalle nient’altro che la famiglia, che deve cominciare a costruirsi un futuro.

A gennaio, subito dopo essere tornata dall’Australia una serie di imprevisti, di salute e lavorativi, ho consumato tutta la carica che mi aveva dato l’aver vinto un concorso come reporter di viaggio a una settimana dall’apertura del mio blog.

Ho 23 anni e una partita IVA che mantengo a fatica, tra clienti che apprezzano i miei vestiti più che il mio lavoro e centinaia di proposte se va bene sottopagate, il più delle volte a titolo gratuito spacciato per esperienza. Ho sempre meno tempo di fare yoga, e spesso rimando gli appuntamenti con gli amici per l’emergenza di un cliente. Per paura di perdermi un’opportunità.

Sento che mi manca qualcosa.

Inizialmente penso che a mancarmi sia un progetto stimolante, come lo è stato quello di Natale in Australia, e che magari nel frattempo mi faccia anche guadagnare bene.

Ma più ci penso più capisco che non è così.

Mi manca essere circondata da gente che ha sogni enormi ma anche concreti, con cui confrontarmi non su quanto manca alle ferie, ma su come raggiungere i nostri obiettivi. Mi manca un mentore, qualcuno da cui prendere esempio nel mettere in pratica le idee con metodo ed efficienza. Mi manca a tutti gli effetti un metodo in campo lavorativo: quelli che vedo attorno a me sono o inefficienti o dannosi.

In poche parole, mi manca la vita che avevo in Francia.

Sono tornata meno di tre anni fa, piena di aspettative su come trapiantare in Italia i semi di innovazione e creatività che avevo visto germogliare nella cittadina piovosa in cui ho fatto l’università. Dove tutti i locali chiudevano alle nove di sera, ma il teatro era sempre pieno e le mostre degli artisti locali pure. Dove avevo incontrato persone straordinarie, che mi avevano fatto venire voglia di tornare nel mio Paese per unire le mie due passioni: quella dei media -sia social che tradizionali- e quella della cultura.

Sono tornata e mi sono barcamenata tra decine di contratti occasionali e  lavori in nero. Progetti tenuti in sospeso per anni, associazioni che non mi hanno mai pagato il lavoro svolto e aziende che hanno preferito persone “con qualche pelo bianco nella barba” per fare un progetto di comunicazione ai teenager sui social. Ho raggranellato tutte le esperienze che potevo, cercando di trovare lo spazio per fare qualcosa di diverso e innovativo, ma la risposta è stata sempre “ne parleremo”.

Mi sono sbattuta correndo da una città all’altra per cogliere ogni opportunità, corso di formazione, potenziale cliente, occasione di crescita personale e opportunità di networking. Ma ogni progetto con altri è stato ridimensionato o rimandato finché non è diventato irrealizzabile. Ogni idea che ho cercato di portare avanti da sola è stata stroncata da una sequela di “in Italia non funzionerebbe” e sbattuta contro infiniti dubbi legali e inghippi burocratici.

Mi piace il fatto di essere sempre in giro. Ma dopo quattro anni, l’idea di non poter mai unirmi a una serata organizzata all’ultimo o fare la spesa senza il terrore di buttarne la metà comincia a pesarmi. Spesso mi sveglio di notte senza sapere dove sono: in viaggio? A casa, ma quale? È domani che riparto? Fondamentalmente ho zero prospettive: il mio lavoro non mi piace più, non mi permette nemmeno di curarmi se sto male e soprattutto non mi fa vivere serena.

Questi due anni sono bastati a ricordarmi quello che avevo già capito al liceo.

L’Italia sarà per sempre la patria della mia famiglia di origine, ma non è la mia.

A fine marzo ho il cuore a terra, e capisco che è ora di cambiare qualcosa.

Prendo un aereo last minute per Londra, dove fa l’Erasmus una delle mie amiche di sempre. Ogni mattina prendo la reflex e salgo su un double decker a caso. Esploro un quartiere della città, poi lavoro in un caffè con davanti una colazione senza glutine.

trasferirsi a londra

È un pomeriggio di sole e luce morbida, io ho appena preso un cupcake vegano in una bakery in Portobello Road e cammino tra le case pastello di Ladbroke Grove.

E in quel momento lo penso: “mi piacerebbe vivere qui, per un po’”.

Mai avrei pensato che di lì a un mese il mio ragazzo mi avrebbe proposto di trasferirci lì a settembre.

Senza una proposta di lavoro a tempo indeterminato, ma inserendoci nel mercato locale. Per la prima volta nella stessa città per più di tre mesi, con la prospettiva di restarci qualche anno. Entrambi con la possibilità di giocarci una vera chance nel campo dei nostri sogni. Per la prima volta in una casa nostra, e di tutti e due insieme.

“Perché se i sogni si possono realizzare, cosa succederebbe se l’anno prossimo li tirassimo tutti fuori dal cassetto?”

Con queste parole concludevo il mio primo post per Amiche di Fuso, senza sapere che, di lì a poco, ne avrei tirato fuori un altro: avere il coraggio di cambiare quella vita che non mi piaceva più. È un salto tutto sommato piccolo, in una città che conosco bene, ma un salto definitivo.

C’è chi partendo ricomincia e chi partendo prosegue. Io invece comincio.

Mi inserirò in un mercato lavorativo che difficilmente ci vedrà rientrare in Italia. Quella stessa Italia che da ragazzina mi spingeva a continuare gli studi a tutti i costi, e che poi mi ha sbattuto tantissime porte in faccia. Quella che mi ha ripetuto, ad alta voce, di ridimensionare le mie aspettative. Che una ragazza ambiziosa di 23 anni non era ben vista lavorativamente, anzi.

Avevo poche radici lavorative qui in Italia, e non hanno attecchito. E ora che ci trasferiamo a Londra la nostra base -famigliare e lavorativa- sarà all’estero.

come_trasferirsi_a_londra

E qui a Londra di ragazze ambiziose non solo ne cercano, ma sono pieni.
Qui non mi sentirò dire “ne parleremo” ma avrò dieci minuti per convincerli che la mia sia l’idea giusta. Dopodiché la palla passerà a un altro. A volte vincerò io, e avrò la possibilità di realizzare i progetti su cui fantasticavo già in Francia. A volte vincerà un altro, e imparerò a correggermi e migliorare il tiro.

In Italia lascio la mia famiglia di origine. Nient’altro. Non una casa, non un’automobile, non un’azienda che un giorno mi richiamerà. In Italia lascio la ragazza che ero. A Londra diventerò l’adulto che voglio essere: quelli con un albero di Natale addobbato in salotto, cuscini di proprietà e la possibilità di fare piani per il futuro con il suo compagno.

Questa in breve è la storia di un sogno tirato fuori dal cassetto, e di una coppia che, dopo anni di nomadismo, diventerà famiglia all’ombra del Big Ben.

Ed è già alla ricerca dell’albero di Natale perfetto.

Elisa, Inghilterra

Ha collaborato con Amiche di Fuso da luglio 2017 a dicembre 2018

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Author

Elisa, Abu Dhabi

Nata con i piedi nell’Adriatico e cresciuta sotto le Due Torri, una delle mie prime ricerche su Google è stata “come ci si trasferisce negli Stati Uniti”: i risultati mi hanno convinta dell’importanza fondamentale della libertà di movimento in Europa. Ho vissuto in Francia, a Londra, in Macedonia e ora faccio base ad Abu Dhabi. Mi occupo di sostenibilità, insegno yoga, sono ambasciatrice dello slang parigino di banlieue nei quartieri bene di Londra e della cucina vegana senza glutine in giro per il mondo.

8 Comments

  • Sri una ragazza fantastica e sono certa che avrai tutte le soddisfazioni che meriti e di cui ci parlerai presto, ma sappi che vorrei vedere anche le foto dei cuscini e soprattutto quelle dell’albero di Natale…perché il Natale al nord è un’altra cosa 🙂

  • Londra non e’ cosi’ idilliaca come molti pensano. Purtroppo blogs e instagram mostrano solo i lati belli e fotogenici…le casette con le porte colorate, le bay windows, i cupcakes, il brunch, Notting Hill, appunto le atmosfere natalizie…tutto bellissimo, ma ci sono altre facce della medaglia, che di cui pochi parlano pero’…Arrivano col tempo ( i primi due anni sei sotto l’effetto della sbronza e tutto sembra stupendo ), quando cominci a radicarti… Ma non vado oltre perche’ e’ giusto che tu faccia la tua esperienza. Comunque vada, vivere a Londra e’ una grande scuola. In bocca al lupo!

    • Ciao Rosy,

      devo dire che nel mio piccolo ne ho già fatto esperienza, e come me Valentina, che da Houston è arrivata qui e ne ha già scritto qualche volta.

      Non sono venuta a Londra pensando sia la terra dei balocchi. Ho vissuto in altri due Paesi e ne ho visti tanti altri, quindi so bene che non esiste. Credo però abbia le caratteristiche giuste per me in questo momento, nonostante i suoi indubbi difetti.

      Se poi vuoi raccontarci la tua esperienza in un guest post saremo felici di sentirla!

  • Molto motivazionale questo post! Quanti sogni, quanto speranze..
    Ti capisco benissimo, nonostante qualche anno in più sono ancora piena di aspettative, pure io!
    In bocca al lupo,
    Alice

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