Family&Kids

Sono incinta! E ora che faccio??!

Written by Amiche di fuso

San Francisco, marzo 2013.
Dopo un ritardo di due mesi e dopo due test di gravidanza, entrambi positivi, comincio a nutrire il sospetto di essere incinta 😀
Mi trovo in un Paese straniero, non ho un ginecologo e, a dire la verità, non ho nemmeno un medico di base: non ho la più pallida idea di che cosa si debba fare in questa situazione.
Ecco come una lieta notizia può portare con sè anche un milione di ansie e preoccupazioni!

A due anni di distanza da allora, scrivo questo post che non intende essere un decalogo di ciò che s’ha da fare in tali circostanze, ma che vuole semplicemente raccontare quella che è stata la mia gravidanza in California, offrendo qualche consiglio utile a chi dovesse trovarsi in una situazione simile.

Preciso subito che per vivere negli States tranquilli è necessario avere una copertura assicurativa per le spese mediche. Questo vi permetterà per esempio di non dover pagare di tasca vostra 15.000$ per l’ambulanza in caso di incidente!
Viste pero’ le differenze notevoli che ci sono tra Stato e Stato, negli stessi Stati Uniti, e tra le varie assicurazioni mediche e i singoli piani assicurativi, non posso darvi la certezza che quello che è successo a me capiterà anche a voi! Ogni caso è a sè!
Cercherò comunque di stare quanto più sul generale possibile per darvi delle indicazioni di massima su quello che vi converrebbe fare da mamme in dolce attesa negli States e mi auguro che i commenti a questo post arricchiscano il mio racconto di altre informazioni utili!

Quindi, a marzo 2013 sospettavo di essere incinta.

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Di certezze all’epoca ne avevo essenzialmente due: conoscevo il nome della mia assicurazione medica, Healthnet, e il tipo di piano assicurativo, HMO. Non avevo ancora scelto il medico di base perché non sapevo si dovesse fare, così scoprii ben presto, telefonando all’assicurazione, che me ne era stato dato uno a caso a 40 minuti d’auto da San Francisco.
Chiamai il centro medico per un appuntamento con il medico di base ma la segretaria, sentendo quali sintomi avevo, insistette a darmi appuntamento col ginecologo (con mio grande sdegno, ché di essere incinta io proprio non mi volevo convincere!)

Al primo appuntamento mi fecero fare subito l’esame delle urine e il ginecologo entrò poco dopo nella stanza in cui mi trovavo con mio marito dicendo: “Congratulations!” con un sorriso a 32 denti.
All’epoca ignoravo che questa è la parola chiave negli States per annunciare una gravidanza!
Fu poi, quando provammo a cercare il battito di nostro figlio con il doppler, e lo sentimmo subito, forte e chiaro, che i dubbi sparirono definitivamente: ero proprio incinta e il cuore di mio figlio andava forte come un treno!
Quel giorno scoprii anche che il ginecologo faceva partorire le sue pazienti a Berkeley, a 20 minuti d’auto da San Francisco e questo mi convinse a cercare subito un’alternativa più vicina a casa. Sul sito dell’assicurazione vidi che tra i centri medici collegati a Healthnet vi era un ospedale a tre blocchi da casa, così chiamai di nuovo l’assicurazione per richiedere il cambio del medico e quindi del ginecologo, ma ci volle un mese perché il passaggio diventasse effettivo. Nel frattempo continuai ad essere seguita dal primo ginecologo.

Da maggio pero’ cominciò una nuova vita: ospedale vicinissimo, la mia gravidanza era normale e fui quindi inserita in un programma particolare che prevede la creazione di gruppi prenatali di mamme in attesa, guidate da un’ostetrica per tutta la gravidanza.
Gli incontri, con i compagni/mariti al seguito, avevano una cadenza mensile fino al sesto mese, poi avevano luogo ogni due settimane e infine ogni settimana avvicinandosi alla data prevista per il parto. In pratica sostituivano i controlli medici, tant’è che la ginecologa io l’ho vista due volte in tutto!
In questo modo, il carico lavorativo dei dottori si alleggerisce e loro si possono dedicare alle gravidanze a rischio oppure occuparsi dei controlli più invasivi, delle prescrizioni dei medicinali o degli ordini di esami aggiuntivi, e allo stesso tempo si dà più spazio alle ostetriche, che poi si ritroveranno in sala parto, le quali si prestano a dedicarsi con più pazienza alle mamme.

Il corso durava 2 ore ogni volta e prevedeva una prima parte autogestita durante la quale le mamme si preoccupavano di controllare la propria cartella clinica, cercando i risultati degli ultimi esami, e la aggiornavamo pure con i dati da noi presi durante la visita (ci pesavamo e ci misuravamo la pressione del sangue da sole o con l’aiuto del compagno). Nella seconda parte incontravamo l’ostetrica nella stessa stanza, dietro ad un separé, la quale controllava la crescita della pancia e con un doppler sentiva il battito del bambino prima di rispondere a dubbi e perplessità. Nella terza parte invece il gruppo si riuniva per affrontare insieme temi diversi: si è partiti da nozioni generali di genetica e da informazioni precise sulle ecografie e sugli esami, trimestre per trimestre, per arrivare a trattare temi inerenti allo sviluppo fetale, la buona nutrizione della mamma, i segnali del travaglio, la gestione del dolore, e poi l’allattamento e l’uso di anticoncezionali nel post parto.

Frequentare questo corso per sei mesi mi ha permesso di essere accompagnata nel percorso che mi ha portata al parto e alla nascita di mio figlio; mi ha permesso di incontrare e conoscere altre mamme che ancora oggi frequento di tanto in tanto e di scoprire il sistema sanitario americano pian piano, familiarizzando con esso in un ambiente davvero amichevole.

Detto questo, ecco che cosa suggerirei col senno di poi ad una donna che si scopre incinta negli States e si trova a confrontarsi per la prima volta col sistema assicurativo e sanitario americano:

  1. Contattate immediatamente la vostra assicurazione medica o, se possibile, aprite un account sul loro sito per verificare che tipo di piano assicurativo avete e quindi a quale  tipo di copertura avete diritto per le spese mediche.
  2. Assicuratevi di scegliere quanto prima un medico di base che deve essere ovviamente nella rete di medici della compagnia assicurativa (alcuni piani assicurativi permettono di scegliere tra una rosa più ampia, comprendente anche medici fuori dal network: contattate l’assicurazione per informazioni più dettagliate sulla copertura delle visite di specialisti in-network o fuori dal network). Per la scelta del medico di base, io mi sono basata su due fattori essenziali: vicinanza del centro medico e qualità del servizio dello stesso (online potete trovare recensioni sui medici e sui centri in cui lavorano, ci sono siti appositi come www.zocdoc.com, www.healthgrades.com, www.vitals.com; e per San Francisco e la Bay Area date un’occhiata al classico www.yelp.com inserendo nel campo della ricerca il nome della persona o del centro riguardo ai quali vi interessa avere i pareri dei pazienti).
  3. Contattate il medico di base se sospettate di essere incinta e lui/lei potrà dirvi a chi rivolgervi, sempre che non abbiate già scelto un ginecologo nella rete di medici della compagnia assicurativa.
  4. Se dovete fare degli esami (prelievi del sangue, urine o che…) preoccupatevi sempre di chiedere la prescrizione al medico di base e di andare nei centri che dipendono dalla vostra assicurazione, di modo che i controlli siano coperti.
  5. Informatevi sulla possibilità di visitare il reparto di ostetricia e ginecologia prima del parto! Spesso è previsto, ed è davvero molto utile, specialmente se si è estranei all’ambiente ospedaliero del Paese in cui vi trovate: vi aiuterà a familiarizzare con un luogo nel quale arriverete magari nel pieno del travaglio e dove trascorrerete molte ore prima e dopo la nascita di vostro/a figlio/a!
  6. Una volta che conoscerete il vostro piano assicurativo, saprete anche che cosa coprirà esattamente la vostra assicurazione (cesareo, ossitocina, epidurale…) e magari questa è una cosa che volete sapere prima di cominciare l’avventura giusto per farvi un’idea sulle spese del parto!
  7. Pensate anche al Birth Plan, qui lo chiamano così. Si tratta di un documento da voi stilato, o in alcuni casi precompilato, nel quale potete offrire allo staff medico delle indicazioni ben precise relative alle vostre preferenze per il travaglio, il parto e il post parto. Non volete un travaglio medicalizzato? Chiedete luci soffuse e musica nella stanza? Volete al seguito il marito o un paio di amiche? Volete che il neonato venga subito messo tra le vostre braccia? Tutto questo può essere indicato su questo foglio che dovrete stampare e portare in ospedale quando sarete in travaglio. Verrà appeso nella stanza e rispettato dalle ostetriche di turno. Tenete presente pero’ che alcune cose potrebbero non andare esattamente come vi siete immaginate e se il cesario è necessario e d’urgenza, dovrete rinunciare all’idea del parto naturale.

Da italiana abituata ad andare dal medico di base e ad affidarsi a lui per consigli o indicazioni sul come muoversi per vedere uno specialista, ho fatto fatica a capire questo del sistema americano: spesso i medici o i segretari non sapevano rispondere – o non volevano prendersi la responsabilità di rispondere – alle domande inerenti alla copertura assicurativa, ai trattamenti o alle visite coperte oppure no. Questo perché ogni assicurazione è diversa e ogni piano assicurativo è diverso. La cosa migliore che potete fare quindi è di contattare SEMPRE l’assicurazione prima di una visita (e preparatevi psicologicamente a chiamate di almeno mezz’ora per ottenere anche solo un’informazione!). Il rischio che correte, se non chiamate e non avete bene in mente che cosa copre l’assicurazione e cosa no, è di dover pagare migliaia di dollari anche solo per un’ecografia in più!

Del mio travaglio di 36 ore, terminato con un parto cesario, magari vi parlo un’altra volta, ok?

Sabina, California

Ha collaborato con Amiche di Fuso da Luglio 2014 a Settembre 2016

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

12 Comments

  • Grazie delle informazioni! Io arrivo da un’esperienza italiana di parto naturale dopo cesareo vissuta in modo simile al tuo racconto per quanto riguarda il sostegno dell’ostetrica, incluso il Birth Plan, scioccando il personale ospedaliero! Io ho dovuto fare tutto privatamente, perché in Italia si è seguiti sempre e solo dal ginecologo, a parte il corso preparto con le ostetriche negli ultimi due mesi. Qui in Australia esiste la mutua che copre parte delle spese, ma non per esempio il costo dell’ambulanza. Noi abbiamo fatto un’assicurazione privata integrativa, escludendo al momento la copertura per una gravidanza…poi chissà 😉

  • pensa che gia’ qui a Los Altos, poco lontanto da te, tutto abbastanza diverso, forse per la diversa assicurazione (cioe’ no ostetrica e no incontri prenatali mensili, tutto gestito dal ginecologo anche al parto). Comunque sia la gravidanza che il parto qui a Stanford sono stati molto diversi dai miei due in Italia. Varia molto da ospedale a ospedale anche li’ ma ci sono proprio delle differenze di base sostanziali. Come dici tu l’importante e’ informarsi bene e accettare le differenze nel caso sia abbiano precedenti esperienze 🙂

    • Brava Pipa! Dici una cosa tanto importante: “accettare le differenze”… immagino che per te che ne hai avuti due in Italia e poi uno qui di differenze ce ne siano state molte, ma penso che se una persona ha la mente aperta, riesce a cogliere il bello in tutte le esperienze! =)

  • È anche molto diverso se l’assicurazione è HMO oppure PPO, nel qual caso non serve avere il referral del medico base per andare dagli specialisti. L’indicazione fondamentale che hai dato è chiedere alla propria assicurazione, in genere rispondono in modo esaustivo. Poi se hai la fortuna di essere vicina ad un centro che gestiche il parto come quello che hai trovato tu, tanto meglio!!!

    • Ciao 🙂 trovare il tuo articolo e’ una manna dal cielo.. Ho scoperto di essere incinta circa 3 settimane fa e il mio fidanzato è ameicano. Tralasciando le emozioni che abbiamo provato, ora c’è un grande ostacolo.. Avevo pianificato di viaggiare per il prossimo anno non avendo io il visto per rimanere negli Stati uniti per più di tre mesi.. Ora vorremmo stabilirci negli Stati uniti, ma non sappiamo come muoverci. Il fatto di essere incinta mi da’ un qualche diritto a rimanere? Non essendo cittadina, posso stipulare un’assicurazione medica? Ti ringrazio tantissimo, sono estremamente preoccupata e magari tu hai qualche informazione in più. A presto, Alice

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