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Un viaggio chiamato trilinguismo

Quante lingue conoscete o avete dovuto imparare nel corso della vostra vita?
Quante tra queste avete solo sfiorato, profondamente amato, o addirittura aspramente odiato?
Ogni lingua è legata a precise emozioni, se vogliamo anche a un capitolo della nostra vita, e nel mio immaginario raffiguro ognuna di loro come una porta che può aprirsi in tenera età e rimanere spalancata per sempre, a tratti socchiudersi o sbarrarsi, ma le cui chiavi chissà perchè ci rimangono sempre tra le mani.

Ogni lingua appresa può essere un’opportunità, ma in alcune fasi della vita anche un fardello, un “qualcosa in più” di cui non sappiamo esattamente che farcene. Questa opinione vi sembrerà straniante, dato che da tempi remoti ci hanno sempre trasmesso l’idea che più lingue sappiamo più facilmente ci muoveremo su questo pianeta, ma nel mondo di un bambino queste teorie suonano talvolta stridenti e oggi vi racconterò attraverso la mia personale esperienza perchè.

Da tre anni e mezzo in qua a mio figlio di porte se ne sono aperte tre, una italiana, una spagnola e una tedesca.

Attraverso le prime due entra ed esce convulsivamente, a toni sempre alti ed allegri, su quella tedesca invece si sofferma un po’ taciturno, osserva con i suoi faretti curiosi e non si avventura nel varcare quell’uscio che a tratti attira e a tratti un po‘ spaventa.
Su questa situazione mi sono fatta un bel po’ di domande (“sarà il contesto…saranno le persone…o la mancanza di iniziative che gli offriamo”), su nessuna delle quali ho però avuto una risposta certa e positiva.

Fatto sta che dopo quasi ventisei mesi di asilo nido il fringuello mi cinguetta solo in italianolo e di lanciarsi con il tedesco non accenna minimamente. Spalancati mi rimangono gli occhi quando la signorina Rottermeier del momento mi racconta che alla domanda rivoltagli di partecipare a un gioco lessicale in tedesco, il piccolo rompe il silenzio e risponde “Meine Mama kann Deutsch sehr gut” (:”Mia mamma sa il tedesco molto bene”).

Da lí, silenzio assoluto di nuovo, o meglio: canoro concerto di risposta in italianolo a tutti i vani tentativi delle sciagurate educatrici di intavolare una conversazione in tedesco.

Tra lo sgomento e un po’ il divertito (pensando alle espressioni perse di quelle povere signorine) decido di affrontare l’argomento durante la visita pediatrica annuale.

I controlli vanno tutti a buon fine, ma al momento di svolgere alcuni giochi in lingua tedesca mio figlio esita su alcuni passaggi. La pediatra mi si rivolge e dice “non riesco a inquadrare bene la situazione…che ne dice di farlo vedere da una logopedista?” in quel momento penso di aver perso dieci chili, ma non per la preoccupazione (come molti di voi potrebbero pensare) bensí per il conforto di potermi confrontare e eventualmente farmi aiutare da una persona esterna, ancor meglio professionista.

Fare le madri mica è un lavoro sempre facile. Ti senti dentro delle cose, ma chissà per che coincidenza fortuita il 90% del tuo intorno non capisce quello che stai veramente provando.

“Eh, ma che esagerata! Ha solo tre anni!”
“Non ti sembra di essere troppo affrettata!”

“Corri un po‘ troppo!”. E cosi`via.

Da mamma devi imparare a incassare e convivere continuamente con le opinioni altrui, soppesando se e perche‘ quello che pensi ha un fondamento reale o meno. Stavolta ho però avuto la fortuna di poter prendere una strada diversa. Senza drammi, senza angosce, ho cambiato chip e mi sono detta “Sí forse è ancora piccolo ma che male può  fargli un po’ di supporto esterno? Proviamoci, e se la cosa funziona reciprocamente, vediamo che cosa succede!“

La ricerca dello studio logopedico è andata fortunatamente bene. A Monaco gli ambulatori che si occupano di questa disciplina sono moltissimi, ognuno con le proprie caratteristiche e specializzazioni. Ne abbiamo scelto uno puramente tedesco (come l’asilo che sta frequentando) e malgrado la lunga fila di richieste siamo riusciti, dopo la diagnostica, a fissare un appuntamento settimanale con un orario non proprio facile ma perlomeno costante.

Frequentando con assiduità questo ambiente e entrando in contatto anche con altri pazienti come mio figlio mi sono sorpresa della varietà d’età e di casistica che questi ambulatori raccolgono in una città in rapida crescita come Monaco: moltissimi bambini, di madrelingua tedesca ma anche non, ma anche tantissimi adulti che in seguito a traumi da incidente devono ricominciare quasi da capo, e con esercizi ben più complessi di quelli a cui si sottopone mio figlio.

I risultati sono individuali e quasi mai immediati: ogni buon lavoro richiede pazienza. Cosí, nel nostro caso ad esempio, anche dopo una decina di incontri Leonardo continua a preferire l‘italiano e lo spagnolo per il primo approccio, ma ha anche finalmente capito che ci si può relazionare anche in tedesco e che a volte (ad esempio nel gioco) vale la pena cambiare registro. Molti passaggi evolutivi mi sono stati spiegati mano mano dalla logopedista e questa sta diventando un’occasione di crescita non solo per mio figlio ma anche per me come madre.

E a noi genitori cosa è stato detto di fare?
Per il momento – sorprendentemente – quasi nulla.
“Continui a parlargli esclusivamente nella sua lingua e non usi il tedesco” mi è stato detto “e se lo coglie esprimendosi in tedesco semplicemente, lo premi!”
Due regole, semplici e chiare, e la richiesta di un principio di coerenza e ordine nell’aiutare mio figlio nello sviluppo di un non sempre cosí semplice trilinguismo.

E voi avete avuto esperienze trilingui, su di voi o sui vostri figli, da poter raccontare?
Che rapporto avete con la lingua del posto in cui vivete? Avete imparato a farla propria?

Alessandra – Monaco di Baviera

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Author

Alessandra Monaco di Baviera

Italiana di nascita, cittadina europea, Alessandra vive dal 2012 nella bella citta’ di Monaco di Baviera in Germania. Qui lavora da otto anni come architetto e trascorre le sue giornate dividendosi tra ufficio e cantieri. Circa tre anni fa dice si ad un nuovo progetto, quello della sua famiglia, e diventa mamma di un piccolo terremoto che colora le sue giornate di miriadi di pasticci e risate argentine. Nel 2019, rispondendo a una personale necessita’ di mettere le proprie esperienze di emigrata nero su bianco, comincia a pubblicare i propri articoli sul web, inaugurando una nuova, lunga fase di racconti sulla propria quotidianita’. Per conoscerla ancora piu’ da vicino la trovate su theitalianpot.com.

1 Comment

  • Noi siamo quadrilingui, mamma italiana, padre canadese (bilingue francese e inglese), siamo raminghi per lavoro, adesso siamo a Vienna. Ma siamo stati 2 anni a Berlino quindi hanno imparato il tedesco. Ho 5 figlie. La prima ha iniziato a parlare (oltre mamma e papà intendo) a 3 anni. Le altre 4 prima dei loro 4 anni parlavano male. Qualsiasi lingua. Adesso la più piccola ha 6 anni. Scrive da un anno in 3 lingue, parla tutte e quattro in modo comprensibile. Il problema è che mischia le lingue. E le va ricordato di usarne solo una. A scuola intendo o con le amiche.
    A casa parliamo indifferentemente le 4 lingue. Anche mischiate. È giusto, è sbagliato? Non so. Ma per ora va così. Le altre figlie invece scrivono correttamente italiano tedesco e inglese. Il francese lo usano solo oralmente, quindi lo capiscono e lo leggono bene, ma produzioni scritte ne fanno poche e la grammatica perfetta non la sanno. Cambiando spesso paese si sono dovute adattare. Si lamentano della perdita degli amici, ma il sapere 4 lingue, e a volte confonderle, non dà loro problemi. A livello personale intendo. Mio consiglio: fate quello che ritenete giusto per voi. E andrà tutto alla grande.

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