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Expat in Inghilterra

expat in Inghilterra
Written by Guest

Mi presento: mi chiamo Laura, ho 45 anni e dal 2008 sono una expat in Inghilterra nella ridente Contea del Somerset. Vivo in una piccola città di 64.621 abitanti che ne è capoluogo, ma sembra più un villaggio rurale. Tutto è iniziato un po’ per caso, ma anche per stanchezza della situazione lavorativa in Italia.

Ricordo come ieri quando il mio compagno, ora marito, tornò a casa dopo una giornata di duro lavoro, stanco e demoralizzato e mi disse: “Voglio andare via da Roma, trasferiamoci all’estero!”. Silenzio. Prima pensai che stesse scherzando, ma quando capii che così non era, mi si gelò il sangue!

14 anni di vita a Roma, amici, lavoro… tutto sarebbe stato da rifare! Ho sempre sperato che avrebbe prima o poi cambiato idea, ma la situazione lavorativa italiana allora era deprimente per entrambi e così partimmo con l’idea che dopo massimo 2 anni saremmo tornati.

Invece sono passati 13 anni e siamo ancora qui!

Ricordo benissimo ancora oggi la sensazione che provai quando chiusi la porta di casa dietro di me, con una sola valigia e tanta paura. 

In Inghilterra ebbi subito uno shock perché credevo di conoscere la lingua inglese, ma capii subito che non la conoscevo affatto. Fu un vero dramma e dovetti rimboccarmi le maniche. Prima studiai da sola, poi trovai un insegnante privato.

Mille furono le avventure per prendere il bus che mi portava a casa di questo professore di lingue che viveva in una casa immersa  nella campagna inglese!

Infine, per perfezionarmi ancora, feci un corso di lingua all’Università di Bristol.

Nel frattempo la vita lavorativa di mio marito era molto soddisfacente, mentre io ebbi diverse difficoltà iniziali importanti oltre alla lingua.

Quando contattai l’ordine degli avvocati, la SRA (solicitor regulation authority), ebbi un’altra brutta sorpresa quando mi comunicarono che avrei dovuto convertire la mia laurea, con 8 esami e la tesi, e fare anche il Legal practice course, ovvero la pratica, in quanto il sistema giuridico inglese è diverso. Mi vennero in mente le parole che pensai all’indomani della mia laurea italiana: “Non dovrò più sostenere un esame all’università, è finita!”. E invece ho dovuto prendere un’altra laurea.

 In seguito, quando ho iniziato a lavorare, ho sempre avuto la sensazione di dovermi impegnare più degli altri, ma forse questo è anche per colpa mia. Spesso mi agitavo per una scadenza e, una volta, un mio collega mi disse: “Rilassati, qui siamo in Inghilterra! Bevi un po’ di tè!”. L’uso di una tazza di tè come panacea ad ogni male all’inizio mi faceva ridere, ma adesso fa parte anche della mia quotidianità. 

Anche per quando riguarda le amicizie e la vita sociale all’inizio fu piuttosto complicato ingranare perché gli inglesi sono molto riservati. Per lo più uscivamo con i colleghi di mio marito.

Ma, a questo punto del mio racconto, vi starete chiedendo: “Perché sei rimasta?”.

 Perché, dopotutto, la vita qui mi piace tantissimo!

Mi piace che alle 5 del pomeriggio chiudono quasi tutti gli uffici, si torna a casa e si ha tempo da passare con la famiglia o per fare altre cose.

Ho subito amato il verde delle colline che ci circondano e mi mancano tantissimo quando siamo in Italia in vacanza.

Contrariamente a quanto si possa pensare, viste le mie origini salentine, mi piace il clima freddo e la nebbia, che trovo estremamente romantica. Le mie giornate ideali sono proprio quando, al mattino, ci sono le gelate e la luce intorno alle colline è blu o rosa chiaro. In quei giorni tutto è ricoperto di brina, l’aria è frizzante e, tutto ciò, mi fa sentire viva!

Inoltre, da qualche anno abbiamo acquistato la nostra casa e abbiamo così creato qui il nostro “nido” o “home”, per usare un termine inglese.

Anche se sono trascorsi 13 anni, ogni giorno continuiamo ad imparare comunque qualcosa di nuovo. Questo anche grazie alle nostre due figlie, Cecilia di 8 anni e Irene di 6.

Il fantastico “mondo inglese” è infatti cadenzato da una serie di regole non scritte, ma che costituiscono una sorta di galateo che è bene conoscere per non fare brutte figure.  Ne cito alcune per rendervi l’idea: 

  • Gli inviti alle feste  devono pervenire almeno tre settimane prima (lo stesso vale per pranzi o cene) altrimenti è considerato scortese perchè non si dà il giusto tempo per organizzarsi. Poco dopo la festa si devono scrivere delle Thank you cards specificando nel ringraziamento il regalo ricevuto.
  • Anche un semplice play date non può essere lasciato al caso ed è bene organizzarlo con largo anticipo. Questa è una cosa che ho dovuto imparare ad accettare perché io sono molto spontanea e per me, un invito all’ultimo momento, non è certo fonte di stress.
  • Se sei invitato a cena a casa di un amico, in genere è buona educazione inviare un messaggio di ringraziamento la sera stessa. Per cene più formali, invece, deve essere inviata una Thank you card seguita da fiori. 
  • Anche per i funerali è richiesto l’invito e non ci si può presentare in chiesa spontaneamente Solo questo meriterebbe un capitolo a parte!
  • Gli inglesi hanno uno strano modo di salutarti. Presto ho capito che se ti chiedono: “You’re right?” mentre ti incrociano velocemente in un corridoio o per strada, non sono molto interessati alla tua risposta né alla tua domanda “And you”? e tirano dritto senza rispondere!  

Alcune cose le trovo davvero divertenti, altre piano piano invece sono entrate a far parte anche della mia vita, come la cena alle 6 di sera e il tè a tutte le ore. Le mie sorelle o amiche in Italia mi fanno sempre notare come io mi sia “inglesizzata”. Lo trovo divertente e un po’ ci scherzo su prendendomi in giro, ma credo che è inevitabile assorbire e fare propri alcuni usi e costumi dei paesi che ci ospitano.

Per me l’Inghilterra è ormai “casa”. È una sensazione strana perché, anche quando torno in Italia, mi sento a casa, però mi manca la mia vita e quotidianità inglese. Viceversa quando sono in Inghilterra mi manca l’Italia.

Io credo proprio che vivrò sempre la mia vita con il cuore spaccato a metà, una parte italiana e una parte inglese.

Laura, Inghilterra

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