Espatrio Vivere all'estero

La scelta della scuola Francese Internazionale: i miei pensieri

scuola Francese Internazionale
Written by Veronica Marocco

Capita (sempre) che si parli di scuola, fra genitori all’estero, e capita (spesso) che mi si chieda il perché della scelta della scuola francese, e non british, american, e via discorrendo. La scuola francese spesso non viene percepita come international ma come, appunto, semplicemente francese: a scuola francese all’estero ci vanno i francesi, si pensa. Il che non è del tutto vero.

Ora, va detto che il sistema scolastico francese è stato esportato un po’ ovunque nel mondo, e la scuola francese si trova in tantissime città, per varie ragioni. A volte residui di un colonialismo passato, o comunque di una forte impronta culturale lasciata in eredità dalla Francia. La Francofonia è un concetto importantissimo, che fa sí che in tutto il mondo popoli e stati di diversa storia, abitudini, in posizioni lontanissime dal globo fra loro si ritrovino accomunate da questo concetto un po’ astratto, ma terribilmente concreto: parlare il Francese, con tutto ciò che comporta.

Ma perché noi l’abbiamo scelta, e continueremo (si spera) a sceglierla in futuro, non importa dove ci porterà questa avventura expat? Oggi vi spiego le nostre motivazioni, che ovviamente sono personali, sperando di dare una minima idea di questo sistema e di una certa forma mentis.

Anzitutto, la mia storia familiare. Per una serie di motivi che attraversano la storia della mia famiglia d’origine, i miei bimbi ed io abbiamo doppia nazionalità, italiana e francese. In Francia vivono i miei genitori e quelli di mio marito (strana la vita!), e abbiamo comprato casa lí anche noi. Il nostro paesello sulla Costa è casa, l’aeroporto di Nizza quello in cui atterro quando torno in vacanza.

Mi sembrava dunque ridicolo che i bimbi fossero francesi senza parlarne una parola (nota bene: in casa si parla rigorosamente solo italiano. Abbiamo sempre scelto di parlare solo e solamente la nostra lingua madre, anche per non trasmettere eventuali storpiature ai bambini) ma soprattutto che un giorno non potessero approfittare della loro casa, di un insegnamento universitario quasi gratuito e di ottima qualità, di eventuali possibilità lavorative. Se si possono avere due Stati europei che ci riconoscono come cittadini, che possono farci studiare o lavorare, perché no? (Resta ovviamente inteso che qualora volessero partire per gli Stati Uniti, il Cile, l’Australia, il Polo Nord o qualsiasi altro punto del globo terracqueo, li sosterremmo e li aiuteremmo!).

L’aver vissuto un anno e mezzo in Francia, mentre eravamo “in transito” fra Cina e Qatar. Mia figlia è stata inserita alla scuola pubblica ed è entrata in Moyenne Section, il secondo anno di materna, dopo aver frequentato un nido taiwanese a Taipei e poi uno anglo-cinese a Shanghai. Nel mezzo, un asilo indonesiano di lingua inglese a Bali, per qualche mese. Quando ci siamo trasferiti qui, abbiamo deciso per una continuità, una continuità che da quando è nata non ha mai avuto. E ora che ha cinque anni, e dopo le rocambolesche avventure dell’era del Covid, abbiamo sentito che ne avesse il bisogno.

Il fatto che la scuola francese, anche all’estero, mantenga una certa austerità che, se a volte può risultare strana per noi italiani in Francia, una volta all’estero diventa un punto di forza. La scuola internazionale francese non ha bisogno di vendersi, di farti visitare un campus dotato di ogni confort, di riempirti di depliant, di fare marketing. Se ci vuoi andare, sei tu che decidi, nessuno sarà lí a cercare di convincerti. Quando ho effettuato la pre-iscrizione di Beatrice, a fine Ottobre 2021, mi è stato detto che avremmo avuto la risposta quando si sarebbe riunita la commissione a inizio Dicembre, e se ci fosse stato posto sarebbe stata ammessa. Punto.

(Ovviamente il lato negativo c’è: fino a poche settimane prima della mia partenza, non sapevo ancora se mia figlia avesse avuto una scuola da frequentare. Se ci fosse posto per lei.)

La scuola francese è moderna quando deve, ma mantiene ancora molti aspetti tradizionali che apprezzo: il corsivo, la grafia, lo scrivere a mano, i calcoli vecchio stile e via discorrendo. Si lasciano le app e i tablet ai più grandi, non che non ci siano. Ma non per i piccoli. Durante la didattica a distanza, avevamo una app per le video conferenze e per chattare con la maestra, i compiti e i lavori a casa venivano mandate con semplici foto dal cellulare, a fronte di mamme che mi raccontavano di varie applicazioni a seconda della materia, delle lezioni, per caricare o scaricare i materiali. A me piace cosí.

La scuola francese, all’estero, secondo me è davvero inclusiva pur mantenendo la sua “francesità”. In Francia spesso mi lamentavo del fatto che, a fronte delle molteplici nazionalità nelle nostre classi, mi sembrava si volesse indirizzare tutti verso l’integrazione e l’assorbimento nel sistema dell’Education Nationale. La scuola formava il cittadino francese. Nelle scuole all’estero ho invece molto di più l’impressione che si formi il cittadino (francofone!) del mondo.

Un altro aspetto inclusivo che mi piace molto è anche quello economico. Il Lycée Français solitamente costa meno delle altre scuole internazionali, in quanto la madrepatria sostiene sempre le sue “dislocazioni” all’estero, che siano scuole, istituti di lingua e cultura, uffici commerciali e via cosí. Lo Stato è sempre presenza attiva, e questo fa sí che non solo la spesa sia più contenuta, ma anche che coloro che dimostrino che l’azienda non si fa carico delle spese scolastiche, possano ottenere un forte sconto.

I cittadini francesi poi hanno l’opportunità di chiedere delle borse di studio per coprire parte della retta, se non tutta, nel caso in cui le loro finanze non permettessero loro di pagare la scuola. E a me questo principio che a nessun bimbo francese possa essere negata in toto l’istruzione per motivi puramente economici piace molto.

E, ultimo ma non ultimo, il fatto che coloro che arrivano dalla Francia o da altra scuola francese all’estero possano appunto avere una continuità assicurata nella loro vita scolastica (a meno ovviamente di una reale mancanza di posti a scuola). Gli assessment esistono, ma vengono fatti solo nelle classi dalle elementari in poi e solo per coloro che vengono da altri insegnamenti, ovviamente. Personalmente preferisco essere fuori da una certa logica di colloqui, esami, prove che durano giorni, competitività a vari livelli per entrare in prima media, ad esempio. Questo perchè non sono sempre convinta che sia prova della qualità dell’insegnamento, che si valuta su altre basi, non sulle restrizioni all’accesso.

Una pecca? Qui a Doha non si fa tantissimo inglese, mentre in altre scuole francesi nel mondo l’insegnamento è al cinquanta per cento per ognuna delle due lingue, in un quadro di ricerca del bilinguismo, a cui si aggiunge sempre la lingua locale e poi con gli anni una terza lingua. Ma per ora ci va bene così. Nel futuro (che non abbiamo idea di dove ci porterà!), sarà possibile optare per le sezioni Internazionali, che permettono poi più facilmente di entrare in università di lingua non francese.

Inoltre, addio scuola fino a pomeriggio inoltrato come a casa. Qui si inizia alle 7:30 e si esce alle 12:45, causa di tutti i miei disastri organizzativi (ma qui nessuna scuola finisce tanto tardi, in realtà, e quasi nessuna ha la mensa, ahimé).

Ovviamente, non mi stancherò mai di ripeterlo, nessuna città, nessuna scuola, nessuna casa e nessuna esperienza sono perfette. Le pecche, i difetti, ci sono sempre. Le nostre preferenze e motivazioni sono diverse, e su nessuna di queste si discute. Però mi faceva piacere raccontare la nostra esperienza in un sistema di cui si parla un pochino meno rispetto ad altri, e che a me continua a piacere molto, un sistema che reputo solido. Anche se a casa si parla, si mangia e si ama in Italiano!

Veronica, Qatar

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, quando pensavo alla possibilita' di partire dall"Italia la mia immaginazione si fermava a Londra...e invece dopo due anni in Francia, nel 2011 scendo dalla scaletta di un aereo che mi porta dritta a Hong Kong, per quasi quattro anni. Nel 2014 la seconda tappa del tour asiatico: Tokyo, immensa, calma e caotica al tempo stesso. Dopo due anni nella megalopoli giapponese, nuova destinazione è Taipei, capitale dell'isola di Taiwan, che rimarrà nei nostri cuori: qui è nata Beatrice, la nostra bambina. Nel 2019 siamo arrivati a Shanghai, per poi tornare in Europa, in Francia, nell'estate del 2020. Per l'inizio del 2022, quando ormai credevo sarei rimasta europea, e dopo essere diventati quattro, accogliendo Francesco (nato a Nizza), un nuovo biglietto aereo diceva Doha, Qatar. Un bel giro del mondo del quale proverò a raccontare.

2 Comments

  • Ciao Veronica, domani sera, se tutto va bene, sarò a Doha per vedere mio figlio e nuora. Ho letto con piacere il tuo post sulla scuola francese… noi abbiamo vissuto 25 anni all’estero di cui una quindicina in Francia. I ragazzi hanno seguito sempre la scuola francese anche quando eravamo in Spagna e condivido quasi tutti i tuoi pensieri. Se hai voglia, magari riusciamo a berci un caffè insieme a Doha… sarebbe simpatico.

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