Vivere all'estero

Il Texas è uno stato mentale

Written by Diletta Texas

Se vi chiedessi di chiudere gli occhi e pensare ad una canzone che vi ricorda il Texas probabilmente una delle prime che vi verrebbe in mente è “Country road, take me home ” di John Denver

E poco importa se quella canzone parla del West Virginia, delle sue montagne e dei suoi fiumi.
La verità è che pensando al Texas ci immaginiamo immensi campi sterminati e cowboys che montano cavalli su terre a perdita d’occhio, cappelli a falda larga e stivali a punta.

Ci immaginiamo strade dritte centinaia di chilometri che puntano all’orizzonte, i ranch, i cactus, il deserto, il petrolio.  Ma è solo questo il Texas?

No, il Texas è tanta altra roba ed io sto cercando di capirlo.

È enorme, il più grande Stato americano dopo l’Alaska, il più popoloso dopo la California, grande il doppio della Germania, ha due fusi orari, svariati aeroporti e diverse regioni climatiche.

In Texas tutto è grande. Più grande di ogni nostro riferimento materiale. 

 Le bandiere, le bibite, le macchine, le strade, le case.

A primo sguardo sembra quasi che questa grandezza, sia troppa anche per apprezzarla. Tutto sembra esagerato, sproporzionato, inafferrabile. Le bandiere per strada, grandi come un mini appartamento di New York, i bicchieroni di bibite senza fondo, i pick-up immensi,  le strade  con una quantità di corsie che  manco nelle piste dei migliori sogni dei bimbi.

Tutto sembra troppo, e vi confesso che tutto ciò oltre che stupirmi a primo sguardo mi ha anche profondamente disturbato. Forse perché vengo da una piccola cittadina del sud Italia, probabilmente perché amo le piccole cose e rinnego da sempre la megalomania.

Ecco, il mio primo pensiero su questo paese è stato: sono megalomani.

Ora che è passato qualche anno, ho iniziato a non lasciarmi più stupire solo dalle grandezze e a guardare le cose intorno a me con più lucidità, rivedendo alcune delle mie posizioni e consolidando altre, provando a capire le ragioni e le radici di tanti usi e costumi locali.

L’esercizio è arduo e sfidante e spesso mi riscopro ottusa e miope. Altre invece sono grata a questo posto, probabilmente il luogo più lontano culturalmente e fisicamente da tutti i posti dove ho vissuto fino ad ora.

La storia di questo paese è speciale e racconta tanto di quello che è oggi.
“I primi ad arrivare qui dall’Europa furono gli spagnoli che rimasero fino al 1821, quando questo territorio fu annesso al Messico, come colonia. Nel 1835 ci fu una rivoluzione ed un anno dopo in un paesino di campagna a sud di Austin (Washington on the Brazos) fu firmata una dichiarazione di indipendenza. Dieci anni dopo il Texas decise di entrare a far parte degli Stati Uniti mantenendo non solo una sua autonomia come è normale in uno stato federale, ma conservando una propria orgogliosa identità frutto del fatto che si era liberato da solo e che era stato una repubblica, uno stato autonomo, con una propria bandiera “

Vi cito queste parole direttamente da un podcast “ Da Costa a Costa “, interessante carrellata di informazioni  costruttive e super utili, fornite dal giornalista Francesco Costa, notoriamente attento alle storie e dinamiche oltreoceano. E’ stato proprio l’ascolto di una puntata sul Texas a spingermi ad approfondire la storia di un paese che oltre ad ospitarmi per gli ultimi anni, al momento continua a non convincermi del tutto e quindi provo ad sporcarmi le mani, a capire qualcosa in più, ad andare più in fondo.

Credo sia sempre importante capire  la storia dei paesi dove abbiamo l’occasione di essere ospitati, e in special modo per me quella del Texas alla luce di quello che vi ho raccontato. 

 “In Texas si guarda al Congresso e alla Casa Bianca con una distanza e uno scetticismo di fondo che in buona parte prescinde anche dal fatto che in quel momento a Washington comandino i repubblicani oppure i democratici. 

In generale i Texani pensano di essere perfettamente in grado di badare a se stessi, di non avere bisogno di qualcuno che da Washington gli dica cosa fare e come farlo. La cosa a cui viene data più importanza da queste parti è la libertà, con ricadute spesso concrete. Ad esempio quella  di pagare meno tasse possibili e decidere come, quanto e se investire i propri soldi per la pensione o per curarsi. Avere un sistema sanitario pubblico che non funziona oppure avere la libertà di fare quello che si vuole della propria terra senza chiedere permessi. Oppure ancora la libertà di difendere la proprietà e la gente come meglio si crede, senza doversi affidare ai poliziotti o comunque ad una autorità che si considera fino ad un certo punto” 

Questo è esattamente quello a cui sto facendo più fatica ad abituarmi. La mia cultura ed il mio vissuto mi hanno insegnato un concetto diverso di libertà. Io non credo sia giusto difendermi da sola, selvaggiamente, come non credo in un paese dove chi non ha possibilità economiche non può curarsi come dovrebbe. 

Eppure credetemi, mai come in Texas, ho notato così forte e radicato l’orgoglio di appartenere a questa terra. Operai, classe dirigente, borghesia ed una quantità inverosimile di stranieri a cui è stata concessa la cittadinanza, ma anche dagli eterni clandestini, tutti sono tanto grati a questa terra per la ricchezza che produce, per il petrolio, per gli immensi capi di allevamento, per le mille possibilità di lavoro che un posto come questo offre, per il sogno che questo paese  ha permesso loro di sognare. 

L’American dream esiste, ma non è il mio. 

Il mio è una vita che ha avuto la fortuna e l’opportunità di conoscere davvero tanti luoghi e tante culture diverse e di questo ringrazio il cielo ogni giorno,  ma anche, riprendendo le parole con cui ho iniziato a scrivervi oggi : “Take me home, to the place, I belong.”

Portami a casa, al posto in cui appartengo. 

Diletta, Houston 

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Author

Diletta Texas

In uno strano mix di curiosità, poesia e resilienza, da quasi vent’anni giro il mondo con la mia famiglia. Tre continenti, otto paesi, due figli e un cane che si sono uniti strada facendo.
Lingua che arriva dritta al punto e cuore tenero e generoso. Appassionata, schietta e carismatica, amo cucinare se sono nervosa e andare a teatro se sono felice.

1 Comment

  • Interessante questo tuo articolo. Solo di recente ho scoperto questo fatto del Texas che era annesso al Messico. Io non ci sono ancora stata ma ho sempre pensato che fosse uno stato con una mentalità provinciale, iper cattolica e anti abortista ma essendo uno stato enorme come tu hai descritto, probabilmente dipende dalle zone in cui ci si trova. Di certo so che tutti sono armati fino si denti …inquietante.

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