Lifestyle Vivere all'estero

Il nido vuoto? Forse si, forse no.

Written by Valeria Il Cairo

Esiste la sindrome del nido vuoto. Non sono sicura di esserne dentro.

L’ho visto arrivare in aeroporto al Cairo con un fare irriconoscibile. Un uomo, o forse ancora no, ma di certo trasmetteva sicurezza e traspariva felicità.

La voce diversa. Il cuore no. Il suo abbraccio neanche.

I primi mesi dell’Università di mio figlio non sono stati terribili.

Sinceramente non ho mai creduto che lo sarebbero stati. Mi è mancato, tanto, ma ho saputo come colmare questa assenza.

Come scrivevo recentemente ho sempre creduto di non poter affrontare questa vita da girovaga in attesa che mio marito rientrasse dal lavoro; così come ho sempre creduto che, nonostante io sia una persona organizzata, a volte apprensiva, non sarebbe stato giusto riempire eventuali vuoti stando “addosso” ai miei figli.

Ho cominciato a lavorare su me stessa ben prima di quando mio figlio ha spiccato il volo per la sua nuova vita universitaria, ad Agosto 2023.

Mi conosco, e ho voluto arrivare pronta emotivamente al distacco. Ho sempre saputo che mio figlio sarebbe stato un ragazzo in movimento. Dal momento in cui abbiamo deciso di fare questa vita, confermarla e testimoniarla ai nostri ragazzi, non potevo aspettarmi andasse diversamente al momento della scelta universitaria.

I mesi lontana da Jacopo sono stati caratterizzati, all’inizio, da un gergo che aveva la funzione di tranquillizzarmi, esclusivo tra me e lui: “inviami un emoji quando sei a casa, a qualunque ora!” e così è stato per il primo mese, più o meno. Poi il buongiorno e/o la buona notte, e le videochiamate inizialmente concordate.

Gli ho lasciato lo spazio necessario, anche mentale, per organizzare la sua routine dove, all’inizio, sono entrata “su appuntamento”, poi invece sempre meno e in modo più naturale, meno concordato, direi. Soffrivo per non essere presente fisicamente, ma sapevo che dovevo evitare di soffocarlo con fare apprensivo: domande, messaggi, telefonate.

Ci sono stati giorni, in questi cinque mesi, in cui mio figlio era desideroso di raccontare e stare al telefono più del consueto…in quelle sere, mentre magari stavo cucinando, lui era lì che raccontava e non smetteva, poi portavo il telefono a tavola e lui continuava a chiacchierare. Quando chiudevamo il telefono mi si stringeva il cuore perché sapevo bene cosa volesse dire quel suo parlare instancabile. Inviava segnali di richiesta di attenzione, e così non è passato giorno in cui non gli ho scritto un messaggio incoraggiante.

Lui ha gestito inevitabili momenti di crisi senza dirlo apertamente, il più delle volte, ma noi lo vedevamo chiaramente teso, soprattutto nelle settimane precedenti agli esami. Cosa potevo fare? Semplicemente, fargli sapere di poter contare su di me.

Il suo arrivo il 21 Dicembre qui al Cairo ha reso i giorni di festa davvero speciali, e per noi è stato davvero Natale. Naturalmente ha rivisto i suoi amici della scuola, è andato in giro con loro, ma ha dedicato tempo anche a noi genitori e alla sorella. Mi sono scoperta felice di averlo qui ma non possessiva. Lo ho osservato. Mi sono divertita a guardarlo da lontano attenta a non rompere uno strano, nuovo equilibrio. Molto più paritario.

Il giorno prima della sua partenza, il 4 Gennaio, ho pianto non poco all’idea che il giorno dopo sarebbe andato via, e che, salvo una capatina da parte mia, ci saremmo rivisti in Italia, forse, a Luglio.

Ecco, credo che questa sia la sofferenza maggiore, mista ad un pizzico di suspence – passatemi il termine. Non sapere esattamente quando ci si rivedrà tutti insieme, cosa faremo e per quanto tempo. L’unica cosa che sappiamo e che abbiamo deciso è che bisogna rivedersi in quattro da qualche parte nel mondo…pensando che tra un anno anche mia figlia lascerà il nido!

Sarebbe sciocco negare che mio figlio, ora più che mai, abbia una vita sua, tutta sua, da gestire, e forse è il risultato un po’ esasperato della vita che abbiamo scelto di fare.

Mi auguro che lui continui a fare scelte secondo quello che gli abbiamo trasmesso in termini di valori e impegno. Forse riconoscere che qualche seme sta germogliando mi rende meno triste e non passo a contare i giorni in cui lo rivedrò. Di sicuro però non abbasso la guardia! Tanto non si smette mai di essere genitori e tifare per i propri figli, supportandoli e soffrendo con loro e per loro.

Sperando che se la cavino nel migliore dei modi possibili.

Sperando che siano sereni, che siano orgogliosi del loro agire, del loro pensare, del loro creare.

Buon viaggio, Jacopo.

Valeria, Il Cairo

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Author

Valeria Il Cairo

Leccese di origine, dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche ho cominciato a lavorare a Milano, in una grande società di consulenza americana finché un giorno, con mio marito, ho colto un’occasione di lavoro all’estero che doveva essere temporanea. Correva l’anno 2003. Non sono più rientrata perché col tempo è diventata una scelta di vita per l’intera famiglia.
Ho vissuto tra Europa (Madeira e Croazia) e Medio Oriente (Abu Dhabi e Arabia Saudita) e ora mi trovo a Il Cairo.

Ho curato progetti volti a condividere le mie conoscenze della cultura e società saudita. Tra gli ultimi uno dei più interessanti è “Mi racconti la tua storia? Parole in libertà dall’Arabia Saudita” in cui ho intervistato italiani sparsi su tutto il territorio saudita. Trovate le interviste sul mio canale YouTube " Valegirovaga"

Ho sempre insegnato italiano agli stranieri e al Cairo lavoro in Università e per L'Istituto italiano di cultura condividendo e diffondendo la cultura e la lingua italiana

Trovate quasi tutto di me su https://linktr.ee/valegirovaga

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