Reinventarsi Vivere all'estero

Questioni di linee rette

Written by Amiche di fuso

Quando decisi che avrei frequentato il college ero un poco preoccupata perché, se da un lato mi dava l’occasione di uscire di casa ogni giorno per andare a lezione e vedere altre persone, dall’altro la maggior parte dei compagni di corso che avrei incontrato avrebbero avuto la metá dei miei anni. Spesso ho sentito dire che il college negli Stati Uniti é un luogo dove si creano amicizie, di quelle vere per la vita, ma c’é da dire che questo avviene non tanto nelle classi, fra compagni di corso, ma piú frequentemente fra chi divide la stanza nei dormitori, chi fa parte della stessa confraternita e cosí via.

campus La mia frequenza del college é invece prettamente accademica e, se a questo aggiungiamo il gap generazionale e culturale, socializzare non diventa cosa facile.
Mi trovo spesso a cercare quindi un dialogo piú con i miei professori che con i compagni di corso e, anche ai gruppi studio tanto in voga qui, di solito io preferisco un colloquio con i professori. Ben presto mi sono resa conto che lo scoglio piú difficile da superare non sarebbe stata la lingua, ma far comprendere cosa volevo esprimere. Non mi riferisco al far capire i significati delle parole o delle frasi, ma proprio quelli che erano i contenuti di un testo scritto. Spesso infatti ho dovuto rianalizzarli insieme ai professori. Molte volte, questo é stato fonte di sconforto perché scrivere in inglese per me é laborioso e comporta un lungo processo. Vedere che spesso tutto questo lavoro veniva gettato al vento perché, in fase di revisione, i professori suggerivano di tagliare interi passaggi ed eliminare dettagli stilistici che mi avevano richiesto un notevole sforzo per essere elaborati elegantemente, mi ha fatto dubitare delle mie reali capacità di comunicazione. Questo, poi, si rifletteva negativamente anche fuori dall’ambito accademico perché tutto questo lavoro per me non é  importante solo per avere un riscontro scolastico, ma é prima di tutto fondamentale per il mio processo di integrazione. Confesso che, una delle cose che mi terrorizza di più riguardo al mio futuro di expat, é quando sento storie di persone che sono qui da anni e anni ed ancora hanno problemi a parlare in una lingua che non sia la loro. Il college mi può dare un’opportunità unica per approfondire tanti aspetti della cultura di questo Paese che ci ha accolto ed io ho sempre cercato di sfruttare al massimo quest’occasione.

Poco piú di un mese fa mi è successa una cosa significativa. All’inizio di agosto ho cambiato tutor al laboratorio di scrittura e, in un primo momento, ero uno poco delusa perché ho scoperto che la nuova tutor, pur essendo qui da parecchi anni, non era madre lingua inglese, ma francese. Temevo di non riuscire ad assorbire tutta l’autenticità della lingua che vorrei assimilare. Fin dal primo incontro, invece, c’é stata una svolta: tutto era facile nel comunicare con lei e non dovevo spiegare piú tante volte il mio pensiero. Questo, di certo, non perché il mio inglese fosse improvvisamente migliorato!
Così, al termine dell’incontro, non ho potuto fare a meno di dirle: “Liliane, é incredibile come sia stato tutto semplice. Con te mi viene facile parlare e farmi capire!“ e lei subito mi ha risposto: “Ma é perché i nostri cervelli sono allenati nello stesso modo!“.
Lí per lí non ho capito ed ho pensato ad una sorta di affinitá elettiva, ma ovviamente mi sbagliavo. Lei, infatti, mi ha spiegato di come nelle diverse culture le menti siano abituate a ragionare in modo diverso: noi italiani, come i francesi, siamo abituati a una comunicazione ricca di dettagli, all’eleganza stilistica, mentre gli Americani, cosí come gli Inglesi e i nord europei, sono diretti e vanno subito al punto. Gli orientali hanno un approccio ancora diverso.

Ora non voglio entrare qui nel dettaglio di questi aspetti che potrebbero portare ad una lunga digressione sulle differenze culturali, ma comprendere questa cosa, ha cambiato totalmente il mio modo di pormi e di affrontare le lezioni e i compiti a me assegnati.

Sono sempre stata convinta che il processo di integrazione dovesse passare non solo dalla lingua, che cerco di migliorare ogni giorno, ma anche e soprattutto, dalla conoscenza delle tradizioni e della cultura.  La spiegazione di Liliane invece, mi ha fatto comprendere come non basti solo imparare queste cose.
Per capire appieno una nazione ed il suo popolo è assolutamente necessario comprendere anche il suo modo di ragionare.

Quando lunedì scorso mi sono di nuovo seduta nel banco avevo una consapevolezza nuova e tornare a scuola si sta rivelando un esperienza ancora piú importante. Se prima era già un’ occasione per socializzare, incontrare persone e ovviamente per imparare, ora é l’occasione anche per poter comprendere meglio le persone che mi circondano quotidianamente, capire come ragionano ed i principi che regolano questa società.

Probabilmente a me il college non rimarrá nel cuore come il posto dove ho coltivato le amicizie di una vita o dove ho fatto feste pazze e cose così, ma sarà il luogo che mi ha fatto fare dei passi importanti nel riuscire ad inserirmi qui in Texas. Mi ha fatto infatti comprendere un’aspetto fondamentale del processo d’integrazione e, anche se la nostra esperienza di expat in futuro ci dovesse portare in qualche altro posto, dove magari le persone non ragionano con linee rette, ma con spirali o hanno pensieri che zigozagano ancora più dei miei, io saprò che è importante comprenderlo!

Valentina, Texas.

Valentina ha collaborato con Amiche di Fuso da febbraio 2014 a settembre 2015, potete continuare a seguirla sul suo blog Parole Sparse dove racconta le sue avventure in Texas. 

 

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

15 Comments

  • È quello che cerco di far capire, giornalmente, ai miei studenti spagnolo. Io insegno inglese, ho avuto la fortuna di impararlo da piccola insieme all’italiano e di vivere negli Stati Uniti e nel Regno Unito, per cui ho un po’ le due ‘modalità di pensiero’. Gli spagnoli sono barocchi e arzigogolati, e io mi trovo spesso a tagliare intere frasi o paragrafi delle loro composizioni. Mi piace l’immagine che hai usato, te la rubo, la userò per far capire loro cosa intendo … Io infatti il mio blog lo scrivo in italiano perché forse, in un certo senso, è più poetico. Però poi scrivo poesie – minimaliste – in inglese.

    • É una cosa con cui lotto quotidianamente con due semestri ma capirla devo dire che nelle ultime settimane mi ha reso la vita decisamente più semplice. Alla modalità di pensiero diretta mi sono adattata bene per le cose veloci e quotidiane ma scrivere un elaborato senza usare troppe metafore, aggettivi e così via mica é tanto facile.

  • Post interessante, non sapevo questa cosa. Noi quindi siamo più prolissi nel parlare e loro più sentitici e diretti. Bella però questa differenza, anche se per te comporta un modo differente di scrivere e relazionarti.

    • Proprio cosí, soprattutto nello scrivere, perché parlare mi sento meno sicura quindi di necessitá faccio virtù e cerco di essere efficace, ma sintetica 😀

  • Vero, vero e verissimo.
    Persino per i test di inglese non considerano solo la competenza grammaticale ma bensi’ l’impostazione del tema (introduzione, paragrafi e conclusione)! 🙂
    MAH!

    • Infatti sono stati valutati anche nel componimento durante l’esame del TOEFL e nel test di ingresso al college. Peró pensavo fosse una questione come dire più tecnica/didattica invece oltre che quell’aspetto é proprio anche una forma mentis

  • Estremamente interessante. Mi chiedevo come ragionano i tedeschi, popolo di filosofi.
    Pur parlando benissimo il tedesco mi sono sempre resa conto di non essere al 100% me in tedesco, perché credo che parlando una parte di me vada persa.
    Mi sono anche sempre rifiutata di leggere un romanzo in tedesco perché non comprenderei le scelte stilistiche e lessicali dell’autore.
    Credo che lessicalmente parlando noi abbiamo un vocabolario più vasto ricco anche di sinonimi. Il tedesco ha invece tante parole che da sole esprimono un intero stato d’animo o un discorso molto più ampio e filosofico.

    • Infatti mentre mi informavo leggevo che di solito il tedesco viene associato alla struttura lineare inglese con qualche piccolissima deviazione proprio dovuta alle maggiori sfumature linguistiche che sono presenti. Leggere in inglese mi sta piacendo sempre di più anche perché ho sempre meno bisogno di farlo con il dizionario accanto e quindi diventa più rilassante.

  • Posso aggiungere una mia esperienza? tempo fa, ho avuto occasione di chiedere spiegazioni al negoziante cinese sottocasa in merito ad un articolo di stampa che parlava del suo paese. Non ricordo il merito della risposta, ma ricordo bene che nel darla ha seguito il metodo orientale “a spirale”: partendo da un dettaglio, si e’ avvicinato gradualmente, ed e’arrivato al punto. Molto interessante: da quel giorno quel signore per me e’ “il professore”, ed e’ diventato il mio riferimento quando voglio sapere qualcosa sulla Cina!

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