Mercoledi’ 7 gennaio sono state uccise 12 persone in una redazione nel centro di Parigi. Le vittime erano giornalisti e vignettisti molto noti in Francia. Tra loro due poliziotti, che già sorvegliavano il luogo. Il giornale, satirico, era già stato varie volte minacciato per le sue vignette sull’Islam e il mondo arabo. A Parigi è l’attentato più grave degli ultimi 150 anni.
Da noi la notizia è arrivata mentre pranzavamo. Ce l’ha portata una nostra collega, musulmana e credente. Piangeva a dirotto, per l’assurdità della natura umana e perché non riusciva a non sentirsi male, pensando che la sua religione fosse usata come scusa per degli omicidi. Sporcano la mia religione, ci diceva, tra le lacrime.
Io sono uscita dall’ufficio quasi subito dopo. Non ce la facevo ad aspettare e pensare di attraversare la città sui mezzi nell’orario di punta, col rischio di chissà cosa o semplicemente dei ritardi dovuti alla tensione di migliaia di persone che si muovono insieme. Le folle mi spaventano e la concentrazione necessaria al mio lavoro mi aveva ormai lasciato.
Esco, e tutto è normale. C’è la solita confusione e varietà parigina. Ci sono persone di nazionalità e colori differenti, molto più di quanto io abbia mai visto in qualsiasi altra città. C’è anche chi non ha ancora sentito la notizia, lo capisci dalle loro risa. Sul grande vagone della metro c’è la stessa varietà che vedi fuori, ciascuno immerso nei suoi pensieri, tanti sono tristi –credo- e toccati dalla notizia. I soliti mendicanti sono guardati un po’ peggio del solito: tutti vorremmo stare in silenzio e tranquilli, sia chi, come me, chatta con le amiche ma sotto sotto non è tranquilla, sia chi credo si senta guardato male per il colore della sua pelle o per il taglio dei proprio occhi o per il proprio velo. Lo stato d’assedio di cui amano parlare i giornali italiani proprio non c’è. Magari c’è stato nelle strade più vicine al giornale, ma non altrove. Non può esserci polizia ovunque a Parigi, è troppo grande, è troppo densa.
E’ molto doloroso, per chi a Parigi ci vive, pensare che in una città così piena di altre culture possa succedere questo. E’ molto triste, per me che mi trovo qua senza averne radici, vedere che questo può succedere non troppo lontano da casa mia. E’ spiazzante percepire che l’enormità di questa città faccia sì che tutto continui normalmente, e che tutto non possa essere controllato.
Anna, Francia
Ha collaborato con Amiche di Fuso da giugno 2014 ad agosto 2016
come a Sydney un mese fa, davvero la crudeltà umana non ha fine…
Triste pagina della storia umana 🙁
Ce ne vogliono tante di persone come la tua collega, che fanno capire a tutti che la violenza non è l’islam.
Grazie per la tua preziosa testimonianza.
Grazie a tutti voi dei vostri bei commenti. Non so quanto sia visibile fuori, ma qui tutte le oirganizzazioni musulmane hanno pubblicamente condannato l’atto, ed e’ una cosa bella – mostra che la mia collega non e’ un caso isolato
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