Quando sono arrivata in Kuwait, ormai quasi sette anni fa, ricordo che avevo in mente una sola cosa:
trovarmi un lavoro.
Ero davvero preoccupata di perdere il mio posto nella società e anche la mia indipendenza.
Viviamo in un mondo dove esisti solo se hai un lavoro.
Un’etichetta da affibbiarti.
Conoscevo i miei limiti legati alla lingua inglese, ma ero determinata a superarli.
Mio marito ne aveva parlato con il responsabile dell’ufficio legale della sua società che aveva promesso di aiutarmi.
Ci eravamo messi subito alla ricerca di un corso di inglese serio per me, così come di un nido per Giada. I pochi nidi trovati avevano però un orario impossibile da conciliare con qualsiasi corso o lavoro. Erano aperti dalle 8.30 alle 12, mentre i corsi di inglese erano tutti dall’ora di pranzo in poi.
Anche a voler superare questo problema, cercando un aiuto fisso in casa, ci siamo imbattuti nei problemi con il visto.
Avevo iniziato già da un bel po’ la pratica del visto da moglie, quello per cui il mio sponsor è mio marito.
Questa procedura comporta che nessuna azienda possa assumermi, quindi l’impossibilità di lavorare.
Non regolarmente almeno.
Esiste solo una certa categoria di lavori che si possano fare con il visto da moglie, ma sono impieghi “marginali”, spesso con stipendi bassi e, in ogni caso, accessibili solo dopo un anno di permanenza in Kuwait con questo visto.
In Kuwait per poter lavorare occorre avere il work permit, il visto di lavoro appunto.
Anzi è più corretto dire che per poter vivere qui abbiamo bisogno di essere titolari di un contratto di lavoro o che almeno lo sia un componente della famiglia.
Quindi dovevamo scegliere se interrompere le mie pratiche per il visto, rimanendo però io e Giada senza coperture assicurative, fino a quando non avessi trovato un lavoro oppure aspettare un anno.
Confesso che queste problematiche burocratiche, insieme alla difficoltà di trovare una tata o un nido, mi hanno fatto desistere dal mio intento di cercarmi un lavoro.
Ho deciso di rimandare. Ho deciso di provare a vivermi la mia famiglia.
Il motivo per il quale tra l’altro avevamo accettato l’offerta di lavoro qui.
Stare finalmente tutte e tre insieme.
Crescere, provare ad essere sereni, dopo anni di lontananza e stress vari.
Non era per la mia realizzazione personale che avevo accettato di venire in Kuwait, perché se fosse stato per quello sarei rimasta a Milano dove avevo più chance da giocarmi e una rete su cui poter contare.
Poi in realtà, se mi seguite da una po’, sapete che mi sono impegnata in mille altre cose e che ho trovato la mia realizzazione personale in altre attività.
Mi sono, come si dice qui, reinventata.
Non sono mai stata ferma.
Ma un lavoro vero, quello no, non l’ho mai cercato per tanti motivi.
Primo fra tutti è che mi sono data la chance di provare a fare qualcosa che mi piacesse davvero. Poi sicuramente perché qui è difficilissimo, per una donna non kuwaitiana e arrivata con il titolo di “moglie al seguito”, ricollocarsi in maniera adeguata.
Vedo tante mie care amiche che ci provano a trovare lavoro in Kuwait e le ammiro.
L’ostacolo del visto è molto grosso.
Perché se rimani con il visto del marito i lavori che ti vengono offerti non sono mai allineati con il tuo curriculum.
Ho amiche che si sono messe a fare le assistenti a scuola. Guadagnando sei euro all’ora, con stipendi al di sotto dei 900 euro mensili per giornate lavorative che iniziano alle sei e trenta del mattino e finiscono alle sedici.
Un lavoro che molte hanno accettato di fare perché i figli vanno in quella scuola e pertanto si concilia con orari e vacanze scolastiche. Anche se alle spalle avevano altri titoli di studio, diverse esperienze e stipendi più alti. Anche se non era il lavoro dei loro sogni.
Almeno come assistente nessuno ti fa problemi con il visto. Quindi questo tipo di lavoro si concilia bene se hai figli, se sai che ti fermi poco e non hai tempo e possibilità di costruirti altre carriere.
Ho amiche con lauree, master e tante esperienza, che si sono viste offrire di tutto, ma quasi mai impieghi allineati con il loro curriculum e l’esperienza acquisita. Amiche che comunque non si sono arrese. Anche perché, avere un arco temporale vuoto sul curriculum, è molto difficile da accettare.
Si sono presentate a tanti colloqui, anche per ruoli non eccezionali, sentendosi spesso dire: “Lei è la candidata perfetta per noi!”. Salvo poi non avere più notizie.
O, appunto, ricevere offerte per lavori non assolutamente allineati con titolo, esperienze e, nella pratica, anche diversi da quello che si era detto nel colloquio.
Il problema del visto diventa uno strumento spesso di “ricatto” per avere salari più bassi, carichi di lavoro diversi, lunghissimi mesi di prova.
Nessun tipo di benefit.
Un problema reale è poi farsi riconoscere i titoli di studio.
Ho sentito mettere in dubbio pure la Laurea in Medicina conseguita alla Cattolica di Roma, per privilegiare una collega laureata in Egitto. “Scusi ma non ho mai sentito parlare della Cattolica”, si è sentita dire la mia amica.
Senza contare che mi sono imbattuta in tre diversi casi di amiche che avevano conosciuto il loro futuro marito nell’azienda in cui entrambi lavoravano e, quando si sono sposate, al marito è stato imposto il trasferimento all’estero. Con conseguente perdita del lavoro per la moglie perché nella destinazione imposta non c’erano possibilità lavorative per lei.
Non è mai facile per una expat wife trovare lavoro.
Soprattutto in questa parte di mondo.
Ricordiamocelo quando ne incontreremo una e penseremo: “Che bella vita che fa!”.
Ma questo tema sarà oggetto del mio prossimo post dal titolo “I pregiudizi sulle donne expat”.
Ora vorrei che mi raccontaste com’è trovare lavoro nella vostra parte di mondo.
Mimma
Argomento davvero interessante.
Pur vivendo in Italia, trovo molto utili gli spunti di riflessione che fornite: anche in Italia le motivazioni per cui una donna (moglie e mamma) non lavora possono essere molte.
Non avendo un lavoro fuori casa (e non cercandolo), anch’io mi sono sentita giudicata da molti che probabilmente pensavano “che bella vita che fa!”…naturalmente senza conoscere.
Seguirvi, mi fornisce un punto di vista insolito e utile su temi validi a tutte le latitudini. Grazie!