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Chiara: dal Sudan a Dubai

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Ci ha scritto Chiara che si e’ trasferita dal Sudan a Dubai con suo marito. Ci racconta di quello che ha vissuto e visto, del ruolo della donna nelle diverse culture: 

Da donna convinta che la casa sia ovunque creiamo lo spazio per le nostra quotidianità e i nostri valori, sono partita per il Sudan per un progetto di cooperazione internazionale incentrato sulla riabilitazione pediatrica, dove tra una campagna awareness, qualche lezione pratica all’università e le jam sessions a Khartoum centro in pieno Ramadan ho conosciuto mio marito.

Finiva il mio contratto a Omdurman e la rivoluzione statava iniziando, così nello scegliere il posto con il visto più ‘facile’ per entrambi a garanzia di stare insieme, ci siamo trasferiti a Dubai, dove ci siamo sposati e viviamo attualmente.

Amo il mio lavoro come terapista pediatrica, ma amo anche aiutare gli altri a prendersi cura di sé in maniera globale, come io faccio per me stessa coltivando le mie passioni quali il canto, la musica e le attività all’aperto.
Condivido con voi una considerazione che ho fatto durante la mia esperienza in Africa.
In un Paese con ambivalenti sfumature africane e arabe quale è il Sudan, lo sguardo di una donna italiana si riempie di persone, luoghi e situazioni impossibili da comprendere senza cambiare il filtro con cui si osserva questo mondo.
Ma quando lo sguardo di due donne si incontra, la distanza si annulla e il filtro non serve, l’empatia e al contempo l’interesse nella diversità colpisce entrambe le parti.
Di donne ne incontro tante al centro di riabilitazione pedriatrica situato in Omdurman: sono mamme, figlie, colleghe, amiche, …ma soprattutto, sono donne come me, perchè una volta superata la novità del velo, quello di cui ti accorgi è di quel sorriso così simile al tuo.
Come in ogni angolo del mondo, se mettiamo da parte gli stereotipi, ogni donna è completamente diversa dall’altra, per bisogni, desideri, aspirazioni.
Il ruolo della madre è esaltato (e desiderato!), ma non mancano le donne che aspirano a un lavoro, condizione che in ogni caso l’aumento del costo della vita sta portando ad essere necessaria, distante ormai da una logica di emancipazione.
A Khartoum si parla di molte cose, riassumibili in un’unica parola: scelta.
Dalla piccola imprenditoria femminile a gruppi di artiste che si ritrovano per condividere idee, la capitale ormai dimostra iniziativa e voglia di esprimersi, pur rimanendo nel pieno dei propri legami culturali.
Ciò non cancella le “gabbie” in cui una donna può essere rinchiusa, ma quelle sono presenti in modelli e colori diversi in ogni parte del mondo. Come vive il proprio forte desiderio di famiglia una donna immersa in un mondo in cui tale valore sta venendo drasticamente meno?
Non è forse una “gabbia” simile a quella di una donna la cui società si aspetta per essa un marito, condizione che lei non desidera? Per non parlare delle “gabbie” interiori in cui una donna si può rinchiudere nonostante la possibilità di una scelta, non trovando il coraggio di dire “Basta!”.
Credo che il modo migliore con cui porsi quando si parla di diversità come un valore, talvolta sia quello di azzerare il giudizio e cercare di comprendere come le distanze culturali ci rendano infine così vicine, anche in battaglie che sembrano così distanti.
Chiara, Dubai ( @my_italianlife_in_dubai)
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