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Porta aperta e cuore aperto: di come sono finita (di nuovo) a condividere casa

Written by Elisa, Abu Dhabi

Ne avevo scritto nel 2017, della bellezza e dell’importanza che per me hanno le case con le porte aperte. Ne scrivo di nuovo oggi, nell’appartamento di Londra dove il 2023 è iniziato, e che lasceremo di nuovo tra qualche mese.

Tra le sorprese che questo 2023 mi ha regalato ci sono state non una ma ben due esperienze di coinquilinaggio, o condivisione della casa con altri adulti con cui non ho una relazione.

Lo ammetto: a me la vita in comunità piace. Mi piace condividere gli spazi, cenare assieme, parlare con qualcuno di diverso dal mio partner, conoscere amici di amici. Sono stata felice di comprare la nostra prima casa e andare a vivere assieme, ma la fine dell’epoca del coinquilinaggio per me e stata dolceamara. Per quanti sforzi si possano fare, le cene a due sono molte di piu delle cene in gruppo, perche richiedono uno sforzo per essere organizzate. Nelle case condivise, semplicemente, avvengono, e offrono occasione di scambio, di confronto, senza grandi sforzi. E resta comunque la possibilità di ritirarsi nel proprio spazio privato.

So di essere stata fortunata ad avere delle esperienze cosi positive di condivisione della casa. Non sono stata fortunata con tutti i coinquilini, ma con alcuni davvero moltissimo, e ho potuto creare questo senso di comunità piu volte, ospitare persone appena trasferite, persone in viaggio, persone arrivate tramite couchsurfing, famiglie mie e dei miei coinquilini. Ci siamo sempre trovati a cena, cucinando per chi arrivava tardi, facendo a turni per coprire i costi della spesa. Soffocante per qualcuno, incredibilmente gratificante per me.

Mi sono sempre detta che un giorno mi piacerebbe costruire una comunità, dove le persone possano venire ad abitare per un periodo piu o meno lungo. E nel frattempo, abbiamo preso casa a Londra, abbiamo scoperto di aspettare un bebé, e io ho ricevuto un’offerta di lavoro negli Emirati Arabi che ci avrebbe separati per un po’.

Quando è arrivata la conferma del mio trasferimento ad Abu Dhabi, mi immaginavo la tristezza di un monolocale in cui rientrare la sera da sola per i quattro mesi in cui avrei vissuto senza la mia famiglia. Invece, la mia manager si è offerta di ospitarmi a casa sua: la sua famiglia rientrava in UK per l’inizio della scuola, lei sarebbe rimasta fino a Natale. Ho una casa grande, ha detto, potresti stare qui. Mi fa piacere avere compagnia. Anzi, ogni tanto in settimana si ferma a dormire anche un’amica di Dubai.

E cosi mi sono trovata a condividere la casa con due professioniste, una in procinto di ricongiungersi con la famiglia, una single e in carriera, entrambe negli Emirati da abbastanza tempo da offrire spunti preziosi per il mio periodo di adattamento. Sono loro che hanno visto la mia pancia crescere di settimana in settimana, sono loro che hanno fatto il tifo per me quando cercavo di ritagliarmi il tempo di andare a nuotare ma collassavo comunque sul letto alle nove di sera, e sono loro con cui ho condiviso nuove ricette, provato ristoranti, e bevuto la tisana prima di addormentarmi.

E mentre io iniziavo la mia avventura mediorientale, una nostra cara amica terminava un anno di backpacking in giro per il mondo. Voglio trasferirmi in Spagna, ha detto, ma l’azienda con cui lavoro non puo farmi un contratto da remoto, quindi devo fermarmi in UK finche non trovo un nuovo lavoro. Io ho pensato a mio marito che torna a casa da solo ogni sera, lui che adora fare da mangiare in compagnia, fare due chiacchiere dopo cena. E abbiamo pensato la stessa cosa. Vuoi fermarti da noi per tre mesi, riprendi fiato e vedi come va? Potresti trovarti a dover montare una culla o ritirare un pacco di vestiti da neonato su Vinted verso dicembre, ma saremmo contenti entrambi di averti qui.

E cosi, quello che temevo diventasse l’appartamento del nostro isolamento di coppia sposata e in attesa, si e trasformato in una piccola comunita di cene a tre quando tornavo a Londra, ma anche di videochiamate in cui io vado a dormire mentre loro rientrano da lavoro, o organizzano un brunch per il weekend, o vanno a cena al ristorante etiope dopo yoga.

Pensare me e mio marito separati, ma in comunità, è stato uno dei pensieri confortanti di questi mesi di transizione. Sapere che mentre ci mancavamo, entrambi abbiamo goduto di quello scambio e confronto che ci mancano dalla nostra vita precedente, mi fa pensare che abbiamo, entrambi, usato al meglio questo tempo di attesa, facendo il pieno di un tipo di vita da individui adulti che metteremo da parte per un po’.

Porte aperte e cuore aperto è il mio augurio alla mia famiglia per questo decennio che arriva. Che la porta aperta sia la nostra pratica quotidiana per tenere il cuore e la mente aperti a quello che la vita vuole donarci. Che possiamo ospitare ancora persone di passaggio, in arrivo o in partenza, e ricreare piccole comunità che arricchiscano la nostra costellazione a tre.

Elisa, Abu Dhabi

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Elisa, Abu Dhabi

Nata con i piedi nell’Adriatico e cresciuta sotto le Due Torri, una delle mie prime ricerche su Google è stata “come ci si trasferisce negli Stati Uniti”: i risultati mi hanno convinta dell’importanza fondamentale della libertà di movimento in Europa. Ho vissuto in Francia, a Londra, in Macedonia e ora faccio base ad Abu Dhabi. Mi occupo di sostenibilità, insegno yoga, sono ambasciatrice dello slang parigino di banlieue nei quartieri bene di Londra e della cucina vegana senza glutine in giro per il mondo.

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