La pignolata. Così si chiama per me. Non struffoli e non cicerchiata. L’unico nome per quanto mi riguarda è pignolata e si prepara a Natale. Non a carnevale come mi è capitato di vedere qui in Australia.
I dolci natalizi calabresi sono molti. Le nnacatole e le San Martine per esempio. Per carità, buonissimi eppure, per me, non esiste Natale senza inverno e non esiste Natale senza la pignolata.
Fin da piccola l’ho sempre associata a un momento di festa e al profumo delle bucce di arancia che scoppiettano nel caminetto. Al sapore del miele caldo che sprigiona odore di gelsomino e alla lingua scottata per non aver saputo aspettare. Alle mani appiccicose per tutti i chicchi rubati e alla pancia piena che però ha ancora un piccolo spazio.
C’è chi alla pignolata da una forma di ciambella, chi di piramide, chi la mette in piccoli porta dolci e chi, come mia madre, la portava in tavola porzionata su foglie di arancio. Bellissima da vedere e facile da mangiare.
Ecco qui la mia preziosa ricetta di famiglia. Quella che, sulla nostra tavola, non manca mai.
INGREDIENTI
1 kg di farina (la 00 oppure quella che vi piace)
10 uova
150 gr di zucchero
1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva
Miele
confettini colorati, se piacciono
Olio di arachidi per friggere
Ci sono piccole varianti di cui tener conto. Alcuni aggiungono la scorza di limone. Io no. Nel caso di questo dolce preferisco che tutto l’aroma sia dato dal miele. E, infatti, ne scelgo sempre uno eccellente. In Calabria di solito il millefiori che mi restituisce l’aroma di gelsomino e zagara. In Australia uso quello grezzo di eucalipto.
Altra cosa: io non uso sempre gli zuccherini colorati. A me non piacciono, ma spesso i bambini trovano divertente completare l’opera e farli cadere a pioggia sul dolce.
Il procedimento è semplicissimo
Versare la farina setacciata su un piano da lavoro, unire le uova, lo zucchero e l’olio e impastare energicamente a mano per amalgamare gli ingredienti e ottenere un composto compatto.Impastare a mano non è un dettaglio, ma è una cosa fondamentale.
La mano di chi impasta trasmette qualcosa agli ingredienti e crea un’alchimia unica e irripetibile. Un marchio di fabbrica direi.
Una volta ottenuto un buon impasto, staccare tante piccole palline (la dimensione di una pallina da ping pong direi) e iniziare a filarle a mano. Questo è il momento in cui di solito noi bambini arrivavamo ad aiutare e questo è il momento in cui faccio arrivare i miei figli.
Musica di Natale in sottofondo, magari cioccolata fumante nelle tazze e tutti a filare tanti serpentoni piuttosto sottili, che andranno poi tagliati in tanti piccoli cecini. Piccoli, mi raccomando che poi crescono un po’ in frittura.
A questo punto non resta che far scaldare in padella larga o in una pentola fonda una gran quantità di olio d’arachidi, portare a temperatura e friggere la nostra pignolata, accertandoci che anneghi letteralmente nell’olio. In questo modo verrà una frittura asciutta. Appena i chicchi sono dorati vanno tolti con una schiumarola e adagiati su carta da frittura.
Arrivati qui nessuno resiste e si comincia a mangiare prima di finire la preparazione del dolce. Per quello è importantissimo non diminuire le dosi, mi raccomando!!
Mentre mangiate, chicco dopo chicco, iniziate a scaldare il miele in padella. Non troppo, ma un pochino alla volta. Altrimenti si brucerà oppure i chicchi risulteranno troppo “mielosi”.
E adesso il momento più delicato. Amalgamate velocemente i chicchi al miele con un cucchiaio di legno e poi, aiutandovi con una schiumarola, toglieteli dal fuoco e adagiateli sulle foglie di arancio o su un piatto per dolci cercando di dare subito la forma che preferite. Non aspettate perché il miele, raffreddandosi, li attaccherà tra loro e sarà poi difficile muoverli a piacimento.
Che dire di più? Se deciderete di preparare la pignolata farete di certo un figurone.
Buon Natale!
Manuela, Sydney