Reinventarsi

30 anni. Tornare a studiare (all’estero) per costruire un futuro migliore.

Written by Amiche di fuso

La nostra amica Chloe, una coreana con lo stesso sogno tirato fuori dal cassetto, ci aveva dato il contatto giusto.
Di fronte a noi ora c’era Sue, un agente d’istruzione, che prendeva i costi delle scuole australiane e con la penna li tagliava per noi, tracciandoci sopra una linea a scrivendo una cifra ragionevole.
Per quanto le cifre possano essere ragionevoli in Australia.

Ci pensammo molto.
Volevamo rimanere.

Tornammo per accettare l’offerta, io sulla sedia a rotelle, con la gamba rotta ed il gesso blu.
Sue ebbe la delicatezza di lasciarci da soli durante la firma del contratto.
Che firmammo.

Eccoci dunque di fronte ad un fatto compiuto.
Saremmo rimasti due anni in Australia con un visto studenti, mio marito avrebbe studiato per diventare Chef al costo di 6000 dollari l’anno e poi avremmo iniziato le pratiche per entrare permanentemente nella terra dei canguri.
Ho scattato fotografie a raffica di quel momento della firma, c’è lui che ride ma è rosso in viso, contrito, strappato in due, le mani sulla testa.

Siamo tornati a casa e mi sono raccolta per far chiarezza.

Davvero vuoi questa vita Serena?
Un corso da Chef lo consacrerà all’Hospitality, con i suoi orari, con i weekends sempre lavorativi, con le cene separati, le festività inesistenti.
Siamo stati male quella sera.
Perché la risposta la conoscevamo e da un bel po’.

Ma fuori c’era Lei.
Melbourne, piena di luci e colori.
Che esci in strada ed è subito amore, festa nel tuo cuore.
Respiri un’aria che frizza nel naso.
E sei felice da scoppiare.

In quella stessa settimana arrivò la conferma dall’Università Scozzese.
Lo avevano preso per studiare Computer Science, una possibilità di cui mormorava da tre anni.

Che vita vuoi Serena?

Per Melbourne avrei sacrificato l’ambizione di mio marito, ma avrei perso troppo.

Che vita vuoi per te, Serena?
Lui ha deciso la sua strada.
E tu?

A trent’anni ero partita con l’idea di poter far tutto, mi era sempre riuscito tutto così bene, avevo – senza modestia – spesso brillato sul lavoro, facendo la differenza.
In un paese straniero ero una favolosa master of none, con una laurea umanistica pronta da darmi in faccia esattamente come in patria.
In un settore, la psicologia, che non mi interessava più, che mi aveva stufato e saturato.
A dimostrazione che non siamo, né saremo per sempre, le persone che eravamo a diciotto anni, fresche di maturità.

Io per me voglio un lavoro, un lavoro bello, che mi stimoli e mi spinga a fare.
Creativo, ma vero.
Che porti ad una carriera.

Presi la lista dei corsi universitari ed iniziai a guardare dal settore sanitario.
Infermiera?
Perché no.
Sono ricercate in Australia e ben pagate.

Sì, ok, ma non credo di voler far questo, dopotutto.

Arrivata alla facoltà di informatica l’occhio mi cade su Computing, Graphics & Animation, un corso che – anche se ancora non lo so – corre assieme a Computer  Science – all’IT – differenziandosi  da questo grazie a moduli dedicati alle mie passioni di sempre.

E non mi vedrete mai dire di essere una blogger, ma l’esperienza con Amiche di Fuso è stata essenziale per riconoscere alcuni piccoli talenti.
Avevo creato una serie di vignette che conoscete come “capisci di essere un expat“, disegnato e montato l’introduzione dei nostri video, scelto la musica e lanciato piccoli progetti che raccontavano un po’ quella che sono: creativa sì, ma anche orientata al prodotto finale, agli obiettivi.

In famiglia ben pochi si aspettavano qualcosa da me.
Qualcosa che non fosse un fiocco rosa o azzurro da appendere alla porta di casa, nel quartiere di sempre.
Lo volevano e chiedevano indipendentemente da quello che volevo io.
Come donna dovevo volere dei figli e non pensare alla realizzazione personale.
Era la strada da seguire, indipendentemente da quello che volevamo noi come esseri umani e come coppia.

Non credo di aver dato una bella notizia quando ho informato tutti che sarei tornata sui libri a 32 anni compiuti.

Ed anch’io passavo dall’entusiasmo alla paura, devastante, di fallire.

Non solo avevamo abbandonato la nostra casa.
Ad aspettativa finita, mio marito si era anche licenziato da un lavoro pubblico.
Avevamo gli occhi di tutti addosso, fallire equivaleva a sentirli dire che era vero ciò che pensavano: stavamo sbagliando tutto.

Anche se noi sapevamo di aver ragione.
La nostra!
Fosse anche solo perché lo volevamo.

Ma la responsabilità era proprio tanta e la percepivo pesarmi tutta addosso.

Prima di tornare in Europa mi sentivo soffocare, dilaniata.
Volevo incidere sulla pelle le parole libertà, freedom, disegnarmi delle ali sulla schiena.
Volevo tranquillizzare me stessa e dirmi che in Europa avrei ritrovato la stessa leggerezza che mi ha accompagnata in Australia.

Avevo una paura dannata di fallire.
Chi ero io per pensare di studiare informatica?
Ero un asino in matematica, una che fa fatica a seguire le lezioni e preferisce scarabocchiare sul proprio quaderno, spegnendo il cervello.
Avrei fallito.
Di fronte a tutti.

Forse già al primo esame.
O a quello di matematica.

Ero fuori di me per la paura.

Un giorno decisi una cosa, di punto in bianco.
Serena, facciamo che invece ce la fai.
Basta pensieri distruttivi e fantasie negative.
Ce la fai.

E ragazzi, il primo anno è finito e ce l’ho fatta.
Alla grande.

Conquistando il massimo dei voti anche in matematica.

Dedicato a tutti quelli che pensano che il proprio treno sia passato, di esser troppo vecchi o di aver avuto l’immensa fortuna di nascer donne e la sfortuna di averlo fatto prima dell’anno 3000.

Serena, Scozia

Serena ha collaborato con Amiche di Fuso dal 2014 al 2018 e continua a scrivere per facciocomemipare.com

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

20 Comments

  • Gentile signora, pensare che a trent’anni si sia troppo vecchi per riprendere a studiare e reinventarsi con una nuova carriera e’ un’altro dei non pochi problemi dell’Italia (e forse di altri Paesi, non saprei dire). Pare che si chiami “ageismo”, ma e’ una delle tante incarnazioni di quella brutta bestia che si chiama, a chiare lettere, “razzismo”.
    Lei lo avra’ gia’ scoperto: studiare mantiene giovani, meglio di qualsiasi beverone o crema di bellezza. E nel mio piccolo ne so qualcosa: per stare al passo con i miei figlioli, ho preso il DELE A2 di spagnolo studiando in treno.
    I miei complimenti, e tenga sempre la barra su questa rotta!

    • Si, ma diamoci del tu. 🙂 Bellissimo l’esempio del treno e del A2 in spagnolo… 🙂

  • Certo che puoi raggiungere tutti gli obiettivi cui aneli, sia tu che tuo marito potete. Tutti noi possiamo, bisogna solo impegnarsi e probabilmente farlo fuori dall’Italia.

  • come scrive Sheryl Sandberg, la domanda porsi é “What would I do if I were not afraid” e tu l’hai fatto d’istinto e stai avendo successo vivendo la tua vita: brava!

  • Ciao!! Scusa la domanda idiota…ma non ho capito, alla fine tuo marito ha studiato per diventare chef oppure ti ha seguita in Scozia studiando computer science?
    Comunque sia ti invidio tantissimo, ho 28 anni, un marito brasileiro, viviamo fuori dall’Italia, ma non so ancora che diavolo fare della mia vita e sono persa persa persa…

    • Si’, siamo qui insieme. 🙂
      In bocca al lupo, sono sicura che farai presto chiarezza!

  • Ciao Serena e complimenti! Studiare, secondo me, e’ la piu’ bella cosa che si possa fare nella vita. Una decisione che ho preso anch’io quando mi sono trasferita in UK e… ce l’ho fatta a laurearmi! Un abbraccio pieno di entusiasmo per te e in bocca al lupo!

  • Davvero complimenti per il coraggio e per la decisione!
    Anche a me spesso torna la voglia di studiare, ancor più in questo periodo in cui sento la necessità di cambiare. Chissà che prima o poi trovi il coraggio!

  • Grande Serena! Questo limite dei trent’anni (mi sa che te l’ho scritto anche in calce a qualche altro post) ce lo portiamo dietro come una palla al piede. Mamma mia quante cose ci si aspetta dalle trentenni…quante porte infiocchettate…eppure, nonostante queste aspettative da deludere, andiamo avanti ancora e ancora, fiduciose in quello che abbiamo scoperto di voler fare. Complimenti per questo primo anno completato con successo!

  • Ciao Serena.
    Che bello leggerti in questa storia.
    Anche io, Serena, ho appena compiuto 30 anni ed è già un anno che vivo in uno stato di ansia paralizzante; mi sento fuori tempo e fuori luogo per tutto.
    Vivo in Olanda e con enormi difficolta sto cercando di convincermi di voler provare a iscrivermi all’università il prox anno, per la prima volta peró.
    I miei desideri sono trasparenti agli occhi della mia famiglia, e il mancato sostegno morale, la totale assenza di comprensione, nel corso degli anni, mi hanno resa una donna troppo insicura di sé

    Le tue parole mi hanno regalato una forte emozione, trasmesso speranza e ispirata moltissimo.
    Grazie di cuore!

    • Mi dispiace moltissimo di leggerti cosi’.
      L’universita’ non e’ facile ma pensaci, puoi sempre provare e vedere se puo’ fare al caso tuo.
      p.s.
      A volte occorre accontentarsi delle briciole e fa veramente male.
      Ma abbiamo una vita sola e qualcosa per noi dobbiamo farlo.

      Un abbraccio!

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