#expatimbruttito

Nuova lingua: nuove figuracce!

Ci sono persone più portate a fare figuracce e altre meno, ma imparando una lingua nuova ci si espone di più al mondo dei fraintendimenti, delle pronunce sbagliate e delle parole inventate.

Capita a tutti, vuoi che non sia capitato anche alle Amiche di Fuso?
Oggi vi riporto le nostre gaffe più clamorose, a patto che nei commenti ci raccontiate anche le vostre!

A Valentina Svizzera è capitato di confondere il tedesco e l’inglese quindi una volta le è uscito al posto di six ( 6 in inglese) la parola sex perché stava pensando in tedesco (sechs=6) ma stava parlando in inglese: dire I’ve paid sex ha lasciato il suo interlocutore senza parole!

Anche Serena è campionessa di gaffe un po’ sconce: “Appena emigrata mi ostinavo a fare lo spelling come in Italia (a come Ancona… ), pazza: come se loro poracci conoscessero le città… ma era l’abitudine!
Comunque invece di dire Naples dissi.. nipples!! Napoli e capezzoli non sono la stessa cosa vero?”
E ancora oggi ci confessa che per dire bed sheet trascina la iiii all’infinito per evitare che suonino invece  bad shit e qui evito la traduzione! 😉
E ci racconta di quella volta ad un evento a Melbourne in cui aveva visto la scritta Beer Free e immaginava di poterne bere quanta voleva e invece ha scoperto che significava proprio il contrario: non si poteva bere birra!

Io stessa ricordo ancora la confusione che avevo quando, appena arrivata in US, leggevo all’ingresso degli edifici “Drugs Free” o “Guns Free” che significava che non si potevano introdurre mentre io traducevo letteralmente capendo che ne distribuivano gratuitamente!

E pure per la nostra Alessia le gaffe sono state a luci rosse: “In Danimarca chiedevo (traduzione letterale, parola che non uso mai in italiano) froci senza pane con cipolle e ketchup, invece di wurstel (bølser invece di pølser). In California ho chiesto cock’o’nut ice-scream invece di coconut ice-cream e sono stata corretta da una 4enne!! Sempre in California, prima volta da Costco, ho ordinato una polish sausage invece che un Polish sausage (niente, io le salsicce è meglio che non le ordini 😂), e quella fu una figura plateale perché la tizia dietro al bancone lo strillò e tutti i duecento individui in fila si misero a ridere mentre io volevo morire! Se parliamo di pronunce simili (che a me pare di differenziare, ma per chi ascolta no), allora ho: pin, pen and pan, che li mando in crisi anche quando mi pare illogico che capiscono che mi serva una padella per scrivere… Poi ho bad e bed che però, dopo molto tempo e molta fatica, differenzio a sufficienza per capire che mi sento male e non mi sento letto. Poi ne ho due che invece mi devo sempre fermare prima di dirle perché, specialmente da stanca, le inverto: ship e sheep, sheet e shit!”

Anna invece ha litigato con il francese in un paio d’occasioni: “L’amministratrice del condominio una volta mi ha ripreso perché invece di cout (costo) dicevo cut (che suona come cul). Un’altra volta appena uscita con la mia bambina dall’ospedale a momenti arrivo alle male parole con la farmacista che mi voleva dare delle compresse (francese per garzine) e io le ripetevo che non avevo bisogno di compresse perché pensavo fosse come in italiano pillole!”

A Mimma è capitato di confondere witch (strega) con bitch (ehm…una donna di facili costumi) e si è arrabbiata quando l’hanno chiamata M’am (signora) capendo invece Mom (mamma). Lei ha pensato: “E che è tutta sta confidenza!?”

La nostra Elena è expat da una vita e quindi ha una bella lista di figuracce:

“In Ecuador la classica figura di quando sono andata a chiedere un “test de gravidanza”, la farmacista mi dice:”Talvez está embarazada” e io che pensavo: “Ma sì più che talvolta imbarazzata forse sono proprio incinta ma va bene va”. E ovviamente anche la parola embarazada (incinta) usata come imbarazzata ma questa l’hanno fatta tutti.
Poi il primo anno a NY tutti che mi chiedevano “Hi How are you”. E io, GIURO, tiravo certi pipponi e raccontavo tutta la mia giornata soprattutto al portiere di casa. Poraccio. In realtà nessuno vuole una risposta.
Ci ho messo inoltre almeno 2 anni buoni a capire cosa diavolo mi chiedevano ogni volta alla cassa dopo che pagavo: “Cash back?”. Ve lo giuro non riuscivo a capire che cosa volessero e sorridevo come un’ebete. Ho poi imparato a dire no ma sempre senza capire perché. Solo alla fine ho capito che alla cassa puoi chiedere soldi contanti quando paghi con la carta o bancomat.
Per finire, ancora oggi 3 maggio 2016, non so come si dice odontotecnico in inglese e mi viene fuori qualcosa come “ortodontriatechnician”… WHAT?!?”

La figuraccia di Nadia con l’inglese: “Ovviamente pronunciare beach ( spiaggia ) come bitch ( ehm… di nuovo donna di facili costumi“. Con lo spagnolo invece: “La storia di embarazada pure io come Elena la usavo nella maniera sbagliata”. Ed ancora in Romania: “Continuavano a ripetere Pula e io pensavo alla città in Croazia e invece in rumeno era il membro maschile!”

Invece la nostra Drusilla è così riservata e discreta che piuttosto che dire qualcosa di sbagliato evita di parlare e quindi niente figure clamorose a causa della pronuncia per lei. E ci confessa che in Kuwait ci pensava l’amica Mimma a fare le figuracce e bastavano quelle! 🙂

Valentina, ex Houston ora UK, ci confessa di aver impiegato due settimane a Dublino per assimilare che per dire ricaricare soldi sul cellulare si dice top up e non recharge!

Claudia, Australia ci racconta: “Le mie figuracce più eclatanti risalgono all’America. All’inizio tutti mi chiedevano da quanto ero arrivata ed io, convinta che mi chiedessero per quanto sarei rimasta, rispondevo 1 anno quando invece ero li da 1 settimana. E pensare che tutti mi facevano i complimenti per l’inglese. Poi a scuola ho fatto tante figuracce quando ad esempio chiedevo una rubber per la gomma, che in gergo vuol dire preservativo, e tutti i miei compagni ridevano”

Fede, come Drusilla, nessuna degna di nota. Dice: “Figuracce non me ne ricordo non perché non ne abbia fatte ma probabilmente, anzi sicuramente, perché non me ne sono nemmeno accorta!! Beata ignoranza… C’è anche da dire che Cina e Thailandia sono due paesi in cui l’inglese non lo parlano proprio con accento british per cui è tutto accettabile e passabile!!”

E adesso tocca a me…

La mia più grossa è stata nei primi mesi quando avevo così tanta voglia di comunicare e di capire che ci provavo in tutti i modi e spesso in tempi sbagliati. Un’espressione che mi piaceva molto era il “really?!” ( veramente) da dire quando la cosa ti lascia incredulo. Ebbene, una sera a cena con degli amici uno inizia a raccontare una sua avventura ed io, che non vedevo l’ora di usarlo e sentivo il patos crescere nella storia mentre la esponeva, sono esplosa con un sonoro e carico “reallyyyy??” Lui si è bloccato, tutti mi hanno guardato e mio marito ridendo mi dice “Non ora Greta, ti dico io quando!”…e tutti a ridere! Va beh c’avevo provato!

Altra figuraccia è quando ho chiesto al commesso dove si trovava la pasta sfoglia che in inglese sarebbe la “Puff Pastry sheet” ma mi è uscita una i troppo corta e il ragazzo mi ha riso in faccia ripetendolo ad alta voce richiamando l’attenzione di tutti i presenti. Che figura di cacca, appunto.

Altro episodio imbarazzante che mi è accaduto spesso all’inizio è quando al market ero alla cassa a pagare e la cassiera americana mi “aggrediva” con una serie di domande dette così velocemente, per l’abitudine di farle, che io rimanevo di sasso. All’inizio mi veniva da piangere e volevo solo scappare. Poi è subentrata la rabbia del “Ma cavolo, io voglio solo pagare, lasciami in pace” poi la frustrazione di non capire che cosa dicesse. Insomma far la spesa era un trauma. Poi pian piano ho iniziato a emulare gli altri clienti e infine ho capito che cosa mi chiedeva e nell’ordine erano: “Buongiorno signora, come va oggi? Ha trovato tutto quello che le serviva? Borsa di carta o plastica?” dette ad una velocità supersonica, mangiando metà delle parole per le migliaia di volte in cui le faceva durante il turno di lavoro. Finalmente ho poi potuto rispondere a tutte decentemente. 😉

E voi quali gaffe avete fatto con la nuova lingua?

Greis, Italia
Ha collaborato con Amiche di Fuso dal 2014 al 2018

*immagine presa dal web

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

7 Comments

  • Io di malintesi ne ho sentiti anche da parte di stranieri…
    Villaggio vacanze in Sardegna, l’animatore parla bene italiano, ma è British. Nel presentare i concorrenti del gioco serale, chiede ad uno di loro, un simpatico “Romano de ‘Roma”, che mestiere faccia, e questi risponde: “Faccio er barista”. risposta: “Ah, che bello. E allora, se avessi ammazzato mia moglie, come mi difenderebbe?”. Attimo di sconcerto, poi ci arrivo.
    Spiego ai presenti e al diretto interessato che in italiano “barista” significa “bartender”, mentre”barrister” si dice “avvocato”. Però il romano, al pensiero di esser stato scambiato per Perry Mason,è proprio contento!

  • Sono una non expat, nel senso che lo sono per tradizione familiare (diaspora? roba da dilettanti…).
    Cresciuta trilingue, per pigrizia sono diventata interprete e poi linguista ed ho cambiato a mia volta paese ed aggiungendo nuovo sangue alla discendenza ed una nazionalità alla collezione. Sono abituata a saltabeccare da una lingua all’altra, ciononostante ricordo una sonora risata dei miei colleghi quando un vuoto di memoria mi ha fatto dire “Junfernnamen” anziché “Mädchennamen” (nome da vergine anziché nome da nubile).
    Nonostante tutto la dislessia mi rende difficoltoso apprendere lingue nuove (per ora ne conosco otto, più qualche dialetto, a livelli diversi). Una carissima amica/sorella romena mi ha fatto conoscere il suo paese una vita fa, dieci anni or sono ho comprato casa ed ho cercato di imparare il rumeno con successo molto relativo visto che tutti, a parte la mia vicina, parlano qualche lingua a me più nota, e lo fanno volentieri; non ho mai parlato di pula, ma di curva sì, suscitando l’ilarità generale. Infatti curva significa prostituta, e la deviazione dalla linea retta è invece la curba. Con la bi ben pronunciata. Evviva i falsi amici.

  • Mi permetto poi di suggerirle un trucco, made in Benny Lewis. Se vuole sapere l’esatto sinonimo di una parola italiana in un’altra lingua, provi a cercare la corrispondente voce di Wikipedia e nella colonna “leggi in un altra lingua” clicchi sulla lingua desiderata. E’ così che sono riuscito a spiegare ad un amico iraniano cosa fosse esattamente l’animale simile a un castoro, in effetti una nutria, che aveva avvistato in un canale. Allo stesso modo, scoprirà che “odontotecnico” si rende con “dental laboratory technician”.

  • Oddio che meraviglia questo post! E che “nostalgia” dei primi tempi quando non capivo una mazza di quello che mi dicevano i parigini, nonostante 7 anni di studio del francese!
    La mia più grossa gaffe è stata con un compagno dell’Università a cui ho detto: “j’ai envie de toi!” ( Ho voglia di te!) credendo di parafrasare “je suis envieuse” (sono invidiosa) visto che non sapevo come si dicesse!

  • Italiana, vivo in Italia, ma nel mio passato annovero diversi viaggi. Ricordo in particolare due episodi, frutto di una traduzione decisamente “letterale”. Troppo.

    17 anni. Stati Uniti. Primo dei dodici mesi la per studio con un programma di scambi.
    Raccontavo ai miei nuovi amici la mia estate appena trascorsa, dicendo che ero stata al mare “to take a bath, even more than one, with all ma friends”. Allora non sapevo che con quella frase avevo in effetti detto che facevo il bagno (pulizia) assieme a tutti i miei amici.

    Invece da ventenne nella metro di Parigi spiegavo ad un poliziotto, che dovevo “salir les escalier”. Lo stupore sul viso del poliziotto mi fece dubitare della mia frase. Infatti gli avevo appena detto che dovevo sporcare le scale.

    Tempi andati! Ciao, Greta. grazie per avermi aiutato a ricordare.

  • In inglese ho sempre fatto fatica con la H aspirata all’inizio delle parole. Quando ero in Olanda, una volta un amico doveva venire a cena da me e mi disse che voleva comprare il pane perché “I hate the bread”, o almeno io capii che odiava il pane comune e quindi voleva occuparsene lui, mentre invece lui aveva detto “I ate the bread”, cioè che l’aveva mangiato tutto, l’aveva finito e quindi doveva ricomprarlo.
    Anni prima invece, quando di inglese masticavo davvero pochissimo, dissi a una persona che come lavoretto part-time facevo la mistress (ovviamente volevo dire waitress).

  • Ciao, la mia prima avventura all’estero risale all’estate del 2004, scambio Erasmus con Bristol. Primo incontro con la cultura inglese, tanto stupore nel notare l’assenza di contatti fisici tra persone. Cerco di descrivere questa mia osservazione ai compagni di laboratorio, tutti inglesi, dicendo°I noticed how here you don’t touch yourselves°…invece di dire °each other°. Che risate, dopo, tutti tropo imbarazzati per farmi notare cosa stavo dicendo, in realtà!

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