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Aggiornamento dalla Germania di Barbara

Ricordate Barbara? Era ri-partita con marito e figlio alla volta della Germania senza un lavoro e senza il tedesco ma con tantissimo ottimismo e una forte volontà di cambiamento e di farcela: oggi torna su Amiche di Fuso per aggiornarci sul suo espatrio.

Caro Albert,
volevo dirti che avevi ragione tu.

Me ne sto accorgendo sempre di più da quando mi sono trasferita in Germania.
Qui è normale mandare a scuola i bambini e ragazzi in shorts e infradito con una temperatura mattutina che sfiora i 13 gradi se durante la giornata ne sono previsti 23; non importa che perdano la sensibilità alle dita dei piedi e delle mani, poi ci sarà il sole che li scongelerà durante il giorno!

Ho capito che i tedeschi tengono molto alla forma in materia di saluti e cortesia ( ci si saluta per strada anche se non ci si è mai visti e si perde il conto dei Danke e dei Bitte pronunciati in una sola giornata ) e tengono meno, molto meno, a tutto ciò che riguarda l’abbigliamento, che per loro deve essere prima di tutto pratico.
Le mamme fanno tranquillamente giocare scalzi bambini e poppanti al parco giochi, mentre noi ansiose madri italiane inoculeremmo loro una dose massiccia di antitetanica alla sola vista di quella sabbia, location perfetta per un after-hours perpetuo di batteri e virus letali.

Per non parlare della tranquillità delle teutoniche madri al primo giorno di scuola che, a differenza mia, non fanno un sopralluogo il giorno precedente per mostrare la fermata del bus, non equipaggiano il figlio con bussola, cellulare e razzo di segnalazione. Gli dicono seraficamente che se ci sarà un imprevisto potranno chiamare a casa: loro sì che vivono la giornata serenamente, senza immaginare catastrofi e senza il cuore a pezzi fino al ritorno indenne dei pargoli.

Ho imparato che qualunque macchinario, oggetto e presidio viene attentamente studiato, verificato ed eventualmente approvato dal TUV, poi quando ristrutturano le case può capitare che gli operai tedeschi lascino 2,5 cm di dislivello tra il parquet e il pavimento della cucina e dei bagni e, alla sollevazione di qualche dubbio da parte mia, dicano tranquillamente che è standard. Nulla importa che un qualsiasi umano assonnato al mattino potrebbe rischiare di inciampare e finire con un triplo salto carpiato direttamente con il cranio sul bordo vasca o sullo spigolo della cucina.

Poi una cosa che mi ha stupito è incontrare tanti ultra ottantenni. Probabilmente da noi vivrebbero abbandonati, se non addirittura maltrattati, in case di riposo, rimbambiti da qualche farmaco furbo e seduti tutto il giorno sulla sedia a rotelle. Qui invece è diverso, escono da soli e, anche con l’incedere incerto coadiuvato da un girello, passeggiano, osservano, parlano, si incontrano e bevono il caffè. In una parola: vivono.

In Germania nessuno si lamenta della raccolta differenziata: si fa così da tanti anni ed è ormai consuetudine. Si suddivide il vetro addirittura per colore e alle scuole elementari si organizzano gite scolastiche per visitare i centri di smistamento dei rifiuti, mentre da noi al massimo li si vede nei reportage giornalistici per denunciarne il malfunzionamento, ma in fondo chi ci manderebbe il figlio in gita? ( vedi sopra after-hours…).

Ho scoperto che qui non puoi affittare una casa se non hai un lavoro e per avere un lavoro devi avere un domicilio e così per poterti registrare in Comune, però puoi aprire il conto in banca e versare anche solo 10 euro. Appena poi dichiari la tua residenza ricevi nel giro di pochi giorni il tuo codice fiscale e anche i primi balzelli come il canone televisivo, ma con altrettanta velocità puoi richiedere da subito l’assegno che ti spetta per i figli a carico.

Altra cosa che mi ha stupito è che per cambiare le targhe basta una mattina al TUV che revisiona l’auto, con qualche decina di euro ti rilascia poi la documentazione necessaria e, con il libretto di circolazione ed il certificato di proprietà, puoi sceglierti la targa con le tue iniziali e la tua data di nascita o il tuo anniversario, solo se qualcun altro ovviamente non l’abbia già prenotata. Se ti chiami Stephan Seuss però e vorresti personalizzarla, non hai speranze: qui non si può scrivere SS su una targa.

Sono ancora tutti molto sensibili su questo argomento, in special modo in questa zona, ma questo non vuol dire che non ci sia razzismo, come da altri parti nel mondo.
Il giorno del nostro arrivo una simpatica vicina del primo piano era di vedetta sul balcone. Alla vista della nostra targa e scoperta così la nostra nazionalità, pensando che fossi sorda o scema, si è messa a parlare con il marito con un tono alto e non proprio amichevole. Ho colto solo ‘italienisch’.
Ancora oggi non ci guarda con occhi gentili, forse dipende da passate esperienze o forse è solo razzista.
A qualche centinaia di chilometri dall’Italia siamo diventati noi gli immigrati e oggetto di occhiate e pregiudizi, adesso potremo dare noi dei ‘terroni’ ai veneti o agli emiliani…

Visto Albert? Avevi ragione tu. Tutto è relativo.

Barbara, Germania

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