Dopo due anni, i peggiori della mia vita da quando ho memoria, siamo tornati a casa.
Ho riavuto, finalmente, la mia estate italiana.
I sentimenti sono stati contrastanti. Su tutto prevaleva tanta, tanta emozione.
Ora, nel ricordo tutto è ancora più bello, prezioso e importante.
È volato via in fretta.
Mio marito, che mi conosce, sull’aereo mi aveva chiesto di non fare troppe scene al mio arrivo.
Io ero sicura di scoppiare a piangere.
Ho pianto tanto nei giorni prima, solo al pensiero di riabbracciare mio padre e mia madre.
Quando, nella notte del giorno prima della partenza ci è arrivato l’sms che eravamo tutti negativi, non ho dormito.
Stava accadendo.
Il covid mi ha lasciato tante ferite, nuove paure, tra cui quella di non credere alla cose finché non sono realmente accadute.
Ed è per questo che ho trattenuto il respiro fino all’arrivo. Ed è per questo che mio marito temeva una mia scena madre. Mi conosce.
La tentazione di buttarmi per terra e baciare il suolo è stata forte, ma avevo l’urgenza di arrivare dai miei genitori e non l’ho fatto.
Poi ho visto i miei genitori.
Con un cartello tenuto da mia sorella e le gemelline, le amichette pugliesi di Giada.
Ho mandato fuori mia figlia. Spinta con forza.
Io sono rimasta dietro quella porta ad aspettare le valige.
Non ho pianto.
Non ho avuto il tempo. Il sorriso mi illuminava il volto, ma soprattutto mi sono sentita stringere in un abbraccio forte. Quello di mio padre. E la sua solita energia ha spento ogni lacrima pronta a uscire.
Mi sono sembrati tutti così belli. Veri. In forma.
Ricordo che ho pensato questo:” Stanno bene”. È vero stanno bene.
Perché questo è stato il mio pensiero.
La nostra storia la conoscete, l’ho raccontato più volte. Il libro Quando tutto è cambiato la custodisce.
In questi due anni, oltre alla preoccupazione per trovare una soluzione per noi, ho pensato tanto ai miei familiari. Spesso con ansia e pensieri catastrofici.
Perdermi due anni delle loro vite, mi ha a lungo impensierito.
È stato bello capire sin da subito che mi ero sbagliata.
Nei giorni successivi mi sono mossa come una sopravvissuta, girando per il mio adorato paese, incredula di essere lì. Ho camminato e guardato tanto.
Dopo qualche giorno, intorno alla tavola, a cena finita, ho aperto il mio cuore, e sono venute fuori le lacrime.
In questa vacanza, soprattutto all’inizio, la commozione ha preso il sopravvento nel ricordo di certi avvenimenti, della sofferenza, della paura.
Da sempre cerco di non far trapelare mai quello che mi fa stare male e mi preoccupa. Sono stata brava in questi due anni. Solo adesso, in loro presenza, ho aperto il mio cuore. Spesso semplicemente solo raccontando. Le lacrime sono state spesso lì a testimoniare tutto.
È stato terapeutico.
Non sempre è filato tutto liscio in questa mia estate italiana.
Se per due anni hai vissuto in una bolla, per proteggerti, succede poi che ritrovarti nella vita vera possa destabilizzarti.
Mi sono resa conto che oltre a misurarmi verso i luoghi come una sopravvissuta, spesso mi sono sentita una disadattata. Non più in grado di vivere in una convivialità allegra e accogliente.
Non è stato facile non avere paura sempre.
Così come non entrare in crisi se qualcuno per salutarti ti dava la mano, ti abbracciava e baciava.
Non spaventarti quando veniva qualcuno a trovarti e ti raccontava di essere stato ad una festa.
Ho fatto davvero tribolare non poco la mia famiglia con questo senso di allarme perenne.
Ci ho messo molto più di quello che immaginavo a rilassarmi.
Mi sono resa conto che chi non deve partire ha un modo diverso di vivere.
Un senso del pericolo molto diverso. O forse sono io esagerata.
Anche la presentazione del libro, avvenuta poco dopo il mio arrivo, non è andata come speravo.
Rileggere tutto, vedere le mie amiche in Australia bloccate, vedere i numeri che salivano, mi ha toccato nel profondo. Anche durante la presentazione mi sono commossa.
Come abbiamo detto spesso durante le nostre chiacchierate legate al libro, abbiamo vissuto tutti nella stessa tempesta ma non sulla stessa barca.
Davvero avremmo bisogno di girare con un cartello appeso con su scritto: “FRAGILE. FRAGILISSIMO.”
Per fortuna poi sono partita per le Marche, dove c’è la casa di mio marito. Lì, immersa nel verde, fra le morbide colline marchigiane, è ricominciata la mia guarigione.
Fatta di pedalate in bicicletta, spiagge enormi con pochissime persone, cene con un numero ristretto.
Ebbene sì, tornare in una bolla è stata la mia soluzione.
Ma poi da lì è stato tutto in discesa.
Siamo tornati in Puglia.
Nella casa di campagna, la mia preferita.
I muri a secco, gli alberi di ulivi, le cicale come sottofondo perenne.
Abbiamo avuto la comunione di Giada, incontrato amici importanti.
Ci siamo sempre seduti in 12 intorno al tavolo. I miei genitori e le mie sorelle.
Mi sono goduta i nipoti.
È venuta mia cognata dall’America per una settimana. Mio nipote acquisito da Roma.
Giada è rinata.
Lei, a differenza mia, è entrata immediatamente in sintonia con tutto.
Anche mio marito è stato più bravo di me.
La famiglia nella mia vacanza italiana ha avuto un ruolo importante.
Abbiamo deciso di passare con loro tutto il tempo possibile.
Confesso che ora mi pento un po’ a non essere andata a visitare tutti i luoghi a me cari.
Ma la Puglia questa estate è stata presa d’assalto e le folle mi terrorizzavano.
Ho fatto il meglio che ho potuto.
Sono ancora un’anima fragile.
Anzi, questa mia estate italiana, mi ha dato ancora di più la misura di questo.
Però ci sono potuta andare in Italia e di questo non sarò mai sufficientemente grata.
Sono tornata in Italia. Ho riabbracciato i miei genitori e le mie sorelle.
E poi sono tornata in quella che si sta guadagnando il nome di casa: Dubai.
Partire e rientrare.
Cose che un tempo erano normali e ora non lo sono più.
Almeno per me.
Questa mia estate italiana non la dimenticherò mai più.
Mimma, Dubai
Cara Mimma, sai bene quanto mi ritrovo in questa descrizione della tua estate italiana. Anche per me, uscire dalla mia bolla, è stato difficile e ci ho messo un po’ a trovare un precario equilibrio. Molte volte non mi sono sentita capita, in pochi percepivano il rischio per noi dell’entrare in contatto con un positivo e vedere sfumata la possibilità di tornare a casa o rimanere bloccati da qualche parte, il rischio c’era, l’abbiamo corso, per fortuna è andata bene. Diciamo che poi ho vissuto di più il trauma al rientro qui in Inghilterra, dove tutto è tornato come prima e diventa difficile crearsi la propria bolla sicura…..la pandemia “credono” sia finita e per chi è prudente come noi diventa un bel casino! Un abbraccio grande, Fabi x
Ci siamo scritte. Mi faceva bene parlare con te . Purtroppo sono sentimenti forti . Ma decisamente normali .
i tuoi post riescono sempre ad emozionarmi!
Grazie cara. Avevo in mente tutt’altro post . Ma poi come al solito lascio parlare il cuore .