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No, non sempre “se vuoi, puoi” (neppure in espatrio)

Written by Veronica Marocco

Fatemelo dire, basta! Basta con “se vuoi puoi”, basta con questa filosofia della positività, del sorriso, della forza di volontà come motore unico e ultimo delle nostre azioni.

No, a volte si vuole e non si può e come amo dire io, te la devi mettere in saccoccia (a volte mi piace anche sostituire la saccoccia con lo zainetto, scegliete voi quello che preferite).

A volte ci sono delle imposizioni che riguardano la nostra salute, a volte una mancanza del budget necessario alla partenza, altre ancora ci sono delle questioni familiari, dei momenti che non sono quelli giusti.

L’unica cosa per la quale mi sento di dire che “se vuoi, puoi”, è forse l’Amore: quello, come dice il Sommo Vate, è un cosa semplice. Per il resto, per quanta buona volontà ci si possa mettere, comanda la Vita.

E inoltre, chi non può o non riesce, chi è? Qualcuno che non ci ha provato abbastanza? Un pigro, un perdente? Chi non ha creato la propria vita da sogno ha delle colpe, dunque?

Certo che no. Una cosa che ho imparato attraverso molti alti e altrettanti bassi è proprio che “si fa quel che si può con quel che si ha”. Avrei dovuto prestare più attenzione ai miei amati Radiohead, a vent’anni, e il loro “the best you can is good enough“.

Ho potuto dedicarmi ad alcune passioni, fare dei lavori che amavo, sono stata fortunata. Ma non avrei potuto, se mio marito non fosse stato il breadwinner della famiglia. D’altro canto, alcuni di questi lavori, di questi luoghi, li ho dovuti lasciare per seguire il suo lavoro. Oppure per occuparmi della famiglia.

Ho avuto fortune e sfortune, come tutti. Ho avuto grande forza di volontà, in molti momenti, ma questa non basta a creare la vita che vorresti.

Veniamo bombardati ogni giorno da notizie, sui social e addirittura sui quotidiani nazionali, che ci raccontano di gente che si reinventa, che molla tutto e vive la vita che ama, che ha un’intuizione geniale e crea la app del secolo. Di gente che segue continuamente corsi, che si aggiorna, che cambia vita. Oppure siamo circondati da sedicenti maestri su Internet che ci vendono corsi grazie ai quali finalmente la nostra vita svolterà.

Ora, al netto che sia possibile farlo, a volte, semplicemente, è impossibile. E quando si scava in molte di queste storie, si scopre quasi sempre che quelli che hanno mollato tutto per vivere in van non hanno bimbi piccoli, e, se li hanno, hanno certamente altre forme di sostentamento, non solo la creazione di contenuti (tra l’altro, sembra che tutti creino contenuti di chissà quale valore) sui social o la vita da nomadi digitali.

Che il ragazzino laureato in sei anni in quattro facoltà diverse viene da una famiglia che ha potuto sponsorizzare i suoi corsi estivi di Inglese e Informatica negli Stati Uniti, o le migliori scuole internazionali, o i tutor privati che lo hanno accompagnato nel percorso.

Che la ragazza che ha inventato la app o creato la catena di ristoranti dal nulla appena uscita dall’università grazie alla rete di contatti parentali aveva vissuto un anno a New York dove aveva fatto stage in aziende prestigiose (pensate che il figlio di un operaio possa mantenersi un anno a New York con uno stipendio da stage? se volete ve lo dico io).

Che la donna expat (se vogliamo, la tanto vituperata “moglie al seguito”) poiché ha un marito che guadagna abbastanza per tutta la famiglia possa dedicarsi al volontariato, fondare una ONG, oppure creare una azienda dal nulla? A volte capita, altre no, per mille e mille motivi.

Ora sia chiaro, non voglio che questa mia passi come un messaggio negativo: la volontà, la motivazione sono fondamento essenziale di ogni nostra impresa, come benissimo ci ha spiegato la nostra Federica. Ma non lasciamoci irretire dai messaggi irrealistici e spesso sensazionalistici da cui siamo circondati.

Facciamo quel che vogliamo come possiamo e con quello che abbiamo. Il che vuol dire che forse creeremo una nuova startup rivoluzionaria, forse continueremo a fare il nostro lavoro di sempre perchè non possiamo proprio rischiare quello stipendio, forse per qualche anno non potremo lavorare perchè con due bimbi piccini in paesi lontani (ogni riferimento è puramente casuale).

Di nulla di questo dovremo farci una colpa. Desideriamo, sogniamo, lavoriamo e lottiamo per ciò che ci rende felici, consapevoli che potremmo non farcela, e va bene così.

A volte vinci, a volte impari.

Veronica, Marocco

Foto di jurien huggins su Unsplash

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, quando pensavo alla possibilita' di partire dall"Italia la mia immaginazione si fermava a Londra...e invece dopo due anni in Francia, nel 2011 scendo dalla scaletta di un aereo che mi porta dritta a Hong Kong, per quasi quattro anni. Nel 2014 la seconda tappa del tour asiatico: Tokyo, immensa, calma e caotica al tempo stesso. Dopo due anni nella megalopoli giapponese, nuova destinazione è Taipei, capitale dell'isola di Taiwan, che rimarrà nei nostri cuori: qui è nata Beatrice, la nostra bambina. Nel 2019 siamo arrivati a Shanghai, per poi tornare in Europa, in Francia, nell'estate del 2020. Per l'inizio del 2022, quando ormai credevo sarei rimasta europea, e dopo essere diventati quattro, accogliendo Francesco (nato a Nizza), un nuovo biglietto aereo diceva Doha, Qatar. Un bel giro del mondo del quale proverò a raccontare.

6 Comments

  • Oh finalmente qualcuno che lo dice! Non ne posso più di leggere di gente che ha ottenuto un successo strepitoso in un determinato campo partendo dal nulla, solo con la forza di volontà. Non è vero, semplicemente si racconta una parte della storia, omettendo particolari decisivi, come per esempio altre sostanziose fonti di reddito che hanno permesso la realizzazione personale. Tutti a fare soldi a palate come content creator o solo viaggiando ovunque senza programmi. Dimenticando solo di dire che i finanziamenti per queste esperienze arrivano da altre parti.

  • Grazie Veronica per questo post, come detto da Elena: liberatorio!
    Mi hai alleggerito i pensieri della giornata, spesso appesantiti da pensieri più grandi che mi fanno sentire in colpa o “non abbastanza” perché non riesco a fare certe cose.
    A parole dico agli altri e a me stessa (con scarsi risultati) le cose che tu hai scritto qui; poi in pratica mi ritrovo a paragonarmi con altri, in rete e nella vita reale…che condanna Come se ne esce?

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