Espatrio

Pensieri sparsi, sensi di colpa e canzoni che lasciano il segno.

Written by Diletta Texas

C’è una canzone di Fiorella Mannoia che si chiama “In viaggio”. 

Non riesco a sentire quella canzone senza che due lacrime assassine puntualmente righino il volto. La cantò Fiorella Mannoia nel 2012.  Io avevo lasciato l’Italia ormai da diversi anni e la mia amica di sempre, al nostro ennesimo saluto, mi disse : “sentila, è quello che vorrei dirti ogni volta che ti lascio andare via”. 

Noi due, che di saluti ne abbiamo avuti tanti, applichiamo la strategia della normalità. La abbiamo adottata dal nostro primo grande saluto. 

Si sta insieme fino all’ultimo momento possibile e poi, quando è ora, semplicemente ci si abbraccia come se dovessimo vederci il giorno dopo. 

Spesse volte funziona, alcune fa davvero male. 

Perché è proprio vero che mentre ci si imbarca su un aereo per tornare alla vita di tutti giorni, lontano spesso decine di migliaia di chilometri dai cari, è proprio lì, che quel morso allo stomaco mi chiede se sto facendo la cosa giusta. 

Si dice che lo stomaco sia il nostro secondo cervello. Concordo. Spesso lo stomaco ci comunica grandi informazioni. Ci fa male anche perché in qualche modo soffre insieme al cuore e non solo per qualche cibo indigesto. 

Ogni volta cerco di capire se ho preso la strada giusta per la mia vita. Se la scelta di sposare una causa familiare logisticamente impegnativa sia stato il percorso giusto. 

Convivo, a momenti alterni, con questi piccoli tormenti da sempre. Perché il senso di colpa verso le persone che amo mi interroga costantemente. 

Quando sono partita avevo 30 anni e tutti questi interrogativi non me li sono posta. Avevo la presunzione dentro di me che fosse tutto dovuto alla mia vita. Una visione molto ego riferita consolata dal quel pizzico di egoismo tipico dei più giovani. E’ solo col passare degli anni, uno sull’altro, paese dopo paese, che ho cominciato a vacillare. 

Spesso ho sensi di colpa verso la mia famiglia d’origine. Quando succedono eventi belli o cose più gravi, genitori che non stanno bene,  è tutto un domandarsi se è giusto vivere cosi lontano. Eppure ho una sorella straordinaria che fa pure la parte mia. Cosa sarei senza di lei davvero non so. Spesso anche con lei mi sento in difficoltà perché conosco il peso delle sue giornate a sbattersi tra lavoro,  famiglia, figli, vita di tutti i giorni. 

Poi ci sono gli amici e le amiche. Tanti amici miei hanno scelto in modo più o meno volontario di spostarsi anche loro per lavoro. Magari non proprio lontano come ho fatto io. Eppure qualche volta mi sento male per non riuscire a stare loro vicino come vorrei e come so fare. Le tante ore di fuso, ritmi diversi,  spesso ti allontanano inesorabilmente dalla routine che una amicizia forte richiede. E lo so che se amicizia vera è, rimane nel tempo, ma non sapete quante volte vorrei affondarmi in uno dei loro abbracci. 

Allora voi penserete. Bene, almeno trovi pace tra le mura. Del resto la mia è senza dubbio una scelta per la famiglia. La maggior parte sì, qualche volta no. 

Cosa ho regalato ai miei figli rispetto a quello che gli ho tolto ? Un vero bilancio lo potremo fare quando saranno adulti e avremo la serenità di parlarne senza ferirci troppo. Girando per tanti paesi hanno imparato tante lingue ed aperto mente e cuore e gloriosamente anche il palato. Io sono molto orgogliosa dei ragazzi che sono diventati e mentre li guardo crescere sereni e liberi, mi sembra di non aver fatto troppo danno il fatto di non avere radici fisse, amici di infanzia ad aspettarli a casa. I loro amici di scuola sono nomadi e giramondo come loro. Nessuno di loro ha vissuto troppi anni nella stessa città. 

Una mancanza ? Un arricchimento ? Chi può saperlo.  La verità è che loro non conoscono la differenza. La loro infanzia è sempre stata così. 

Il testo della canzone della Mannoia è molto struggente. Andatelo a cercare, sentitevelo in cuffia. Parla di terra natia, di come trattenerla tra le dita attraverso le cose che viviamo lontani da casa. Parla di amore amicale, che soffre ma protegge nonostante la distanza.  Perché, almeno a me, le parole scaldano e spesso, quando le giornate sono freddi inverni , le parole coprono. 

“Domani partirai, non ti posso accompagnare, sarai sola nel viaggio, io non posso venire. Il tempo sarà lungo e la tua strada incerta, il calore del mio amore, sarà la tua coperta”.

Diletta, Houston

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Author

Diletta Texas

In uno strano mix di curiosità, poesia e resilienza, da quasi vent’anni giro il mondo con la mia famiglia. Tre continenti, otto paesi, due figli e un cane che si sono uniti strada facendo.
Lingua che arriva dritta al punto e cuore tenero e generoso. Appassionata, schietta e carismatica, amo cucinare se sono nervosa e andare a teatro se sono felice.

1 Comment

  • Quanto ti capisco…ho passato anni e anni con un grande macigno sulle spalle fatto di sensi di colpa verso la mia famiglia. Ci sono voluti anni, ore infinite dalla mia psicologa per capire che non era una colpa essermene andata dal mio paese.
    Poi non sono stata fortunata ad avere una sorella come la tua, anzi. I miei tutt’ora si comportano come se io potessi prendere un aereo come loro prendono un taxi e, se non lo faccio, non starei facendo la mia parte.
    E’ complicato. Il titolo Pensieri Sparsi è perfetto, perché i pensieri vanno e vengono così, in base al sentimento e alla situazione vissuta al momento.
    Riguardo a cosa sia meglio per i figli, ripeto quanto mi è stato detto dalla mia psicologa anni fa: “devi prima star bene tu, poi, di conseguenza loro staranno bene. Non funziona al contrario.” E visto che hai scelto di andare a vivere fuori, nella tua bilancia c’era sicuramente qualcosa che pesava di più verso questa decisione, il che vuol dire che è quella giusta per te e, conseguentemente, per i tuoi figli.
    Prova a pensare “al contrario”, io lo facevo spesso nei momenti di sconforto (che non mi capitano quasi più): prova a pensare se avessi rinunciato ad andare a vivere all’estero. Pensa a come sarebbe la tua vita, i tuoi giorni, sognando la vita all’estero, pensando proprio alle opportunità che avresti avuto e potuto offrire ai tuoi figli.
    Sono sempre stata del parere che dovevo andare a vivere all’estero, anche per, eventualmente, rientrare dicendo che non faceva per me (non è successo). Perché bisogna provare le cose che ci attirano, altrimenti avrei passato la vita con la frase “e se fossi andata, come sarebbe stata la mia vita?”.
    Un carissimo saluto,
    Ana

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