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Differenze fra scuola italiana e australiana

differenze fra scuola italiana e australiana
Written by Manuela Sydney

Io non sono un’expat navigata come tante delle Amiche di Fuso.
Prima di trasferirmi in Australia, due anni fa, non avevo per nulla chiare le differenze tra i vari sistemi scolastici.

Anzi, vi dirò qualcosa che vi farà sorridere: ero consapevole che potessero cambiare gli approcci educativi ovviamente, ma ero altrettanto convinta che i curricula, l’enfasi sulle materie, le materie stesse, fossero in linea di massima simili nel mondo. Almeno nel mondo occidentale.
Voi espatriati di lungo corso lo potreste trovare ridicolo, ma vi assicuro che sono caduta dal pero nel capire quanto effettivamente il sistema australiano fosse diverso da come lo avevo immaginato.
Non vi parlerò delle differenze pratiche fra scuola italiana e australiana, lo ha già fatto Nadja qua.

In questo articolo, voglio affrontare la sostanza delle cose: la differenza concettuale tra i due sistemi.

Differenze fra scuola italiana e australiana


Credo che entrambi abbiano dei grandi punti di forza e preferire uno all’altro, dipende un po’ dall’idea personale che si ha della scuola e da quello che vorremmo per i nostri figli. A volte penso che una via di mezzo tra i due, potrebbe essere l’ideale.
Le differenze fra scuola italiana e australiana sono molte, ma credo si possano riassumere in due punti principali.

Sistema pubblico verso sistema privato

Qui in Australia, molto più che in Italia, ci si affida a istituti privati, laici o cattolici, per l’istruzione dei propri figli.
Ci sono anche gli istituti selective (sia pubblici che privati) per i bambini particolarmente dotati, con un programma di studi più corposo. A questi si accede tramite un esame.
L’idea che personalmente mi sono fatta, vivendo qua da quasi tre anni e avendo visitato molte scuole locali, è che la differenza fondamentale, non sia tanto relativa alla qualità dell’istruzione offerta dalla pubblica rispetto alla privata, quanto piuttosto a una serie di benefit che arrivano dalle scuole private:

  • Relazioni, prima di tutto: l’ambiente giusto ed esclusivo.
  • Punteggio spesso più alto per l’ammissione all’università.
  • Attività pomeridiane.
  • Prestigio.
  • Opportunità.
  • Insegnanti meglio pagati e più disponibili.
  • Classi più piccole.

Per farvi capire la proporzione, nel quartiere dove abitiamo noi, abbiamo una High School pubblica di riferimento (che abbiamo scelto) e otto istituti privati. Con un prezzo che varia dai 18 ai 35.000 dollari annuali.

Una struttura scolastica di questo genere mi pone di fronte alcuni interrogativi e, prima di scegliere, ci ho pensato molto e tanti dubbi ancora non li ho risolti.

Il fatto che si debba pagare, rende le scuole private poco omogenee, secondo me. Ogni scuola accoglierà quella fetta di popolazione che può permettersi quella retta.
A mio avviso, questo, non è un bene. Credo sia molto importante mischiare le classi sociali, piuttosto che stratificarle.

Studiare in una scuola pubblica ha dato a me, che non vengo da una famiglia abbiente, la sensazione che sarei potuta diventare tutto quello che volevo.
Ho avuto la possibilità di rapportarmi con tutti, di frequentare tutti e di comprendere meglio le differenze sociali, dandogli il peso che meritano. Ho avuto pari opportunità, pari attenzione. Non ho subito alcuno svantaggio iniziale.

Mi si dice che, se i bambini sono dotati, ce la fanno comunque. Certamente è vero e anche l’atteggiamento familiare ha un peso nella formazione, così come il contesto e il carattere. Però in questo, forse, apprezzo un pochino di più il sistema italiano.

A onor del vero devo specificare che non posso affermare di conoscere quello australiano talmente bene da poterlo giudicare. Sicuramente posso affermare che questa è una delle cose che mi ha spiazzata di più, appena arrivata.

Approccio alla conoscenza

Non potrebbe essere più diverso.
In Australia l’enfasi si pone molto sull’apprendimento pratico ed è una cosa che apprezzo. I bambini si sentono liberi di esprimersi e imparano attraverso l’esperienza diretta.

Credo che, soprattutto nei primi anni, sia un approccio ottimo. Si sentono più coinvolti, stanno meno tempo seduti al banco e si divertono.

Un’altra cosa che, secondo me, è nettamente migliore rispetto alla mia esperienza italiana, è il tempo passato all’aperto. I bambini passano fuori una gran parte della della loro giornata. Le classi si mischiano, si gioca insieme. Non esiste la mensa come la intendiamo noi, ma il pranzo e la merenda vengono consumati all’aperto, nei giardini della scuola.

I libri di testo non esistono, per nessuna materia. La storia e la geografia si studiano a seconda dell’argomento che si sta affrontando in classe e non seguendo un ordine cronologico.

I bambini si sentono felici di imparare, perché subiscono meno pressione.
Vengono spinti, fin da subito, a scoprire e coltivare i propri talenti, a fare domande e a mettersi in gioco in prima persona.
La tecnologia non è considerata il male, ma viene insegnata e così imparano a destreggiarsi online, in tutta sicurezza.

Da un altro punto di vista, però, sono meno allenati a rimanere concentrati, sopportano più a fatica un grande carico di lavoro e devono essere molto automotivati per esercitarsi ed approfondire: vengono dati pochissimi compiti e non hanno niente di cartaceo per ripassare o esercitarsi.

Spesso sento dire che quella italiana è una scuola troppo teorica, con un’educazione di tipo frontale che rende noioso l’apprendimento.
Sebbene io creda che la scuola italiana avrebbe bisogno di uno svecchiamento e di alcune migliorie, non sono d’accordo con queste affermazioni. Certo l’ideale sarebbe la via di mezzo: l’approccio australiano, e il curriculum italiano.

Quasi nessuno studente italiano durante gli anni della scuola è felice di sgobbare sui libri. Mediamente, per un adolescente, letteratura, grammatica, latino, greco, storia, sono un ammasso palloso di cose da imparare.
Non sapete quante volte, durante il liceo ho pensato:
“Questa roba non mi servirà mai!” oppure
“Non posso occupare studiando l’80 per cento del mio tempo!”.

Eppure, oggi, mi rendo conto di quanto studiare così, sia stato fondamentale nella mia vita. Di quanto mi abbia preparata alla comprensione del mondo e a quella dell’animo umano, delle sue profondità. Mi sono accorta di quanto studiare in maniera approfondita e ben disciplinata, ci renda potenti e liberi.

Mi sono accorta di quanto abbia aiutato la mia elasticità mentale, di quanto abbia allenato la mia resistenza e la mia resilienza. Gli archetipi e i miti greci, mi hanno aiutata a decifrare il senso di una cassandra inascoltata. Ho ritrovato l’ereditarietà della colpa nei testi di psicologia. E non dopo averli studiati un mese, ma dopo averli approfonditi, per anni, in ogni loro sfaccettatura.

Insomma: io penso che serva.

Vedo che i professionisti italiani sono ricercati in tutto il mondo, nonostante (o in virtù) di un’educazione così teorica.
Non conosco nessuno che, a fronte di un’educazione teorica, non sia stato capace di inserisi egregiamente nel pratico mondo del lavoro.

Ho imparato a usare un power point da grande. Ci ho messo poco. È uno strumento. Non so invece se da grande avrei avuto il tempo di compiere l’allenamento mentale che mi ha offerto lo studio teorico delle cose. Non so se ne avrei avuto la voglia, se non ne avessi intuito l’importanza. Spesso sento dire: “Ma davvero pensi che sia importante studiare tutta la storia? E a cosa serve?”.

Di contro, però, il lockdown ci ha dato un esempio di come il sistema australiano, abbia funzionato meglio in caso di emergenza. La didattica a distanza è stata attivata per tutti e velocemente. I bambini hanno avuto le loro maestre online, tutti i giorni e per tutto l’orario scolastico.

Ci sono ovviamente altre differenze tra la scuola italiana e australiana, oltre a queste due principali. Non meno importanti, ma un po’ conseguenti: si cambiano gli insegnanti ogni anno, ci sono le divise scolastiche, spesso le scuole sono divise in maschili e femminili ed esistono gli awards, premi che vengono dati ai bambini nel corso dell’anno.

Far compiere ai miei figli un pezzo del loro percorso scolastico qui, credo rappresenti una grande ricchezza. Abbiamo incontrato insegnanti meravigliosi ed è questo che poi, tirando le somme, fa davvero la qualità rispetto ad ogni altro tipo di giudizio.

Questo metodo ci sta insegnando molto, i bambini hanno la possibilità di confrontarsi con diversi punti di vista. Quello che tengo a dire, pero, è che, spesso, noi italiani, pensiamo che ciò che è fuori è sempre e comunque meglio. Abbiamo un po’ la sindrome de l’erba del vicino è sempre più verde.
Certamente abbiamo molto da prendere da altri sistemi, ma credo che abbiamo anche molto da dare. Soprattutto per quanto riguarda la scuola.

Tempo fa leggevo un libro. Ve ne lascio qua un estratto, perché mi ha fatto molto riflettere proprio su questo argomento.
È di Anniek Cojean e si intitola Les memories de la Shoah

Un preside di un liceo americano aveva l’abitudine di inviare questa lettera ai suoi insegnanti, all’inizio di ogni anno scolastico:

Caro professore, sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto cose che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti, bambini uccisi con veleno da medici ben formati, lattanti uccisi da infermiere provette, donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiori e università. Diffido – quindi – dell’educazione. La mia richiesta è la seguente: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani”.

Manuela, Australia

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Author

Manuela Sydney

Sono una persona curiosa. Spesso i dettagli mi attraggono più dell’insieme. Amo viaggiare (e anche tornare). La mia passione più grande è il teatro. Ho due figli, sono calabrese, ma anche romana. Sono laureata in lettere con indirizzo teatrale e a Roma organizzavo eventi culturali. Ho fatto per 2 anni la spola tra Nigeria e Italia e per 4 anni tra Namibia e Italia.
Da qualche tempo vivo a Sydney con tutta la mia famiglia, studio naturopatia e lavoro in una radio!

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