Perché parlare di libri, suggerimenti di lettura sulla Corea del Nord?
Neppure io so perché. Eppure ad un certo punto, da qualche anno, mi sono appassionata alla storia e alla narrativa di questo Paese così controverso e ormai conosciuto tramite i telegiornali, nonché i resoconti di quei pochi che hanno potuto entrarvi come turisti. Ma la più grande mole di materiale arriva da coloro che hanno disertato, coloro che sono riusciti a fuggire da una delle dittature più dure al mondo.
Quando vivevo in Cina, avevo raccolto quanto più informazioni possibili sul viaggio, che avrei voluto fare in treno da Pechino (la mia paura di volare non mi permetteva certo di considerare il volo con Air Koryo possibile). Poi è arrivato il Covid-19, e poi il trasferimento in Francia. Il mio desiderio mi appare oggi molto, molto lontano.
Prima di descrivervi la mia piccola collezione di libri su questo paese, una premessa è doverosa. Nel mio interesse, non c’è nulla di morboso, nè ammirativo. Semplicemente, forse perché sono un po’ nerd, forse perché i metodi di comunicazione e propaganda dei sistemi dittatoriali sono uno dei miei argomenti preferiti da quando studiavo la storia e la letteratura dell’Unione Sovietica, ho iniziato a documentarmi, per quanto potevo e per quanto è concesso. Perché trovo incredibilmente affascinante (ripeto, non in senso positivo!) da come sia possibile che un sistema, una classe politica, possano far vivere una popolazione in una sorta di circuito chiuso, riuscendo a creare una Storia, miti, leggende, plasmare totalmente le menti di chi in questo sistema nasce e vive.
Altra nota che mi sento di aggiungere, questa volta sui resoconti dei fuggitivi. Va notato come questi sembrino spesso tutti uguali, al punto che si sono avuti enormi dubbi su molti di questi. Da un lato credo che le storie dietro queste fughe terribili si assomiglino tutte per forza di cose, dall’altro è stato fatto notare come a volte ormai i rifugiati nordcoreani raccontino ciò che si aspetta da loro, omettano particolari di cui si vergognano, arricchiscano la loro storia con particolari sentiti da altri. Comune denominatore è sempre il fiume ghiacciato da oltrepassare per arrivare in Cina dal confine settentrionale, e da lí, poichè i consolati e le ambasciate sudcoreane presenti in territorio cinese non sono autorizzate ad accogliere rifugiati (la Corea del Sud riconosce nazionalità e status di cittadino ai compaesani del Nord in fuga, accogliendoli) l’inizio del terribile viaggio.
Alcuni attraverso il deserto del Gobi arrivano in Mongolia, e da lí vengono rimpatriati al Sud. Altri, tramite falsi documenti cinesi, arrivano a Seul volando dalla Cina. Altre vie sono quelle del Sud-Est asiatico. Una volta all’aeroporto internazionale di Seul una nuova vita ha inizio, spesso in maniera molto traumatica. Ma di questo potremmo parlare (e scrivere) per ore. Iniziamo!
Il primo libro, quello che mi ha introdotto a questo mondo, è stato Nothing to envy di Barbara Demick, giornalista americana, tradotto in Italia da Piemme col titolo Per mano nel buio. Quella della Demick è una raccolta (oggi leggermente datata) di interviste a persone che sono fuggite dalla Corea del Nord. Il titolo inglese, “Nulla da invidiare” deriva dall’immagine che la propaganda da decenni diffonde fra gli abitanti: quella del paese che non ha nulla da invidiare al resto del mondo.
Due autrici italiane ci hanno regalato due testi davvero interessanti: Loretta Napoleoni (giornalista e analista politica) con Kim Jong Un, il nemico necessario, e Carla Vitantonio, con Pyongyang Blues. La prima ci offre uno spaccato geopolitico e sociologico sul paese, la seconda invece per me è stata estremamente interessante, in quanto una delle poche persone straniere ad aver vissuto in Corea del Nord, lavorando come insegnante di italiano. Carla Vitantonio ci regala il resoconto degli anni passati nel paese attraverso gli occhi di una donna italiana, di una cittadina di un paese (e un continente) democratico.
Tra i resoconti di rifugiati nordcoreani, il famosissimo La ragazza dai sette nomi di Hyeonseo Lee: questa ragazza giovanissima che, dopo essere fuggita e aver vissuto sotto falsa identità in Cina, riesce ad arrivare nel Sud.
Poi il controverso Fuga dal campo 14 di Blaine Harden, resoconto della storia di Shin: unico memoir (finora) di un rifugiato nordcoreano nato in un campo di concentramento del regime a causa delle colpe della sua famiglia.
Ultimo dei racconti di fuga da questo paese che ho letto è stato La mia lotta per la libertà di Yeonmi Park. Doloroso, intenso, interessante ma anche quest’ultimo non privo di controversie alla sua uscita, a causa di alcune contraddizioni nei vari racconti della sua autrice.
Termino questa rapida carrellata con Stella del Nord di D.B. John. Un vero e proprio romanzo, finalmente (se così si può dire…). D.B John utilizza particolari e dettagli reali sul governo della Corea del Nord per creare un vero e proprio thriller, con un finale alquanto fantasioso. Scorrevole, godibile (anche qui, concedetemi il termine) ma sicuramente da annoverare nel dominio dell’enterteinment.
Qui chiudo, sperando di poter approfondire ancora e aspettando, come molti, che una svolta arrivi nel destino di milioni di persone, ridotte in uno stato di miseria e ignoranza assoluta. Una svolta che, seppur relativa ad uno stato minuscolo e apparentemente poco importante, potrebbe essere una svolta per la geopolitica mondiale.
E ovviamente, come sempre aspetto commenti, suggerimenti, o semplicemente qualcuno che condivida con me le sue letture!
Veronica, Francia
Anch’io ho una grandissima curiosità verso questo Paese! Grazie mille per i consigli, alcuni libri li avevo già letti, ma altri non li conoscevo e non vedo l’ora di averli fra le mani 🙂 Ho provveduto adesso ad acquistarli su Amazon ehehe