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Tornare al lavoro dopo la maternita’

Sono trascorsi circa sei mesi dalla mia scelta di tornare al lavoro dopo la maternità, un anno particolare e felice che ho deciso di vivere appieno senza raccontarne molto sul blog e sui social.

Sono una donna che parla, rispetto agli standard attuali, relativamente poco della sua esperienza di maternizzazione. Un po’ perché penso che parlare di maternità oggi giorno abbia preso i connotati di un estremismo politico. Un po’ perché, e questo lo avevo accennato anche nel mio articolo “Nel mio corpo che cambia“, è qualcosa che da fuori si percepisce ma solo da dentro si comprende, a modo proprio, attraverso le tempeste e le bonacce del proprio essere.

Ad inizio 2021 sono diventata mamma per la seconda volta. Nonostante abbia reagito molto più positivamente a questo arrivo rispetto alla mia prima esperienza posso dire che gli effetti sono arrivati, senza quasi me ne accorgessi, dopo un bel po’. Non sono stati il post-partum, le notti insonni, la quantità di pannolini e di pappe da cambiare e preparare. Non è stata la prima parola, il primo passo, l’inserimento al nido. E’ stata invece la mia quotidianità, già da tempo impostata e con il secondo figlio in un qualche modo “sigillata” a far cambiare definitivamente la mia visione della realtà e il mio livello di consapevolezza su svariati temi di famiglia e di coppia.

La nascita del mio secondo figlio ha aperto un ulteriore nuovo capitolo di me, come madre ma soprattutto come donna, che mi sta portando a riconsiderare fortemente la realtà in cui sono calata. Su Instagram paragono la maternità all’indossare un paio di occhiali nuovi: facendolo saltano all’occhio alcuni dati lampanti, difficili da nascondere e in un certo senso, amari da ingoiare. Ho sempre pensato che essere nata donna sia stata una grande fortuna, e sentire le cose in “quel” modo un privilegio incredibile.

Sentire così intensamente può essere spesso però una sorta di condanna e penso che più di qualcuna di voi, leggendomi, possa in un certo senso capire ciò che intendo dire.

Il mio tempo personale si è ridotto ad una linea sottile, anzi diciamolo: impercettibile.

Con il primo figlio l’organizzazione in coppia si sperimenta. Con il secondo questo esperimento in due, anzi in quattro, diventa un vero e proprio collaudo. Specialmente lavorando.

Sono una persona cui presenza in famiglia e lavoro vorrebbero correre di pari passo ma sempre più mi rendo conto di quanto sia una chimera. Raggiungere l’equilibrio, tra maternità e carriera, è una favola che raccontiamo e ci raccontiamo, ma che purtroppo quasi mai rappresenta la realtà. A farle da coda c’è sempre una pietra bastarda, quella dell’insoddisfazione, che perseguita le più ambiziose, ma ormai fa da ombra anche a chi con lei non ha mai avuto a che fare.

Una madre che lavora è sempre più che abbastanza ma lei, rispetto a se stessa, non si sente mai abbastanza: non abbastanza presente, non abbastanza efficiente, non abbastanza sul pezzo. Dovrebbe essere tutto direttamente proporzionale ma allo stato dei fatti, riconosciuto non lo è.

Potrei raccontarvi decine di ritorni di colleghe sul posto di lavoro, in Italia e in Germania. A prescindere dal settore e dalle condizioni più o meno favorevoli in cui avviene il rientro (ad es. concessione del part-time, mantenimento del ruolo), il sentimento comune è abbastanza fluttuante, raramente veramente sereno. Una madre che torna sul posto di lavoro lo fa spesso (eccetto la sottoscritta) poco volentieri, causa un ambiente che, al contrario di lei, spesso non è cambiato. La scarsa empatia e comprensione verso nuove esigenze – come ad esempio la flessibilità oraria – crea, nella quotidianità di molte madri, disagi che sfociano in conflitti con cui spesso i datori di lavoro non vogliono sporcarsi le mani.

A fare da legittima accompagnatrice all’insoddisfazione, la stanchezza.

Non so come sia stato o sia ancora per voi, ma ho percezione di essermi abituata a un tale ritmo per cui la quantità della mia stanchezza non è più misurabile. Questa cosa ha iniziato – ironicamente parlando – ad affascinarmi tanto da iniziarmi in una adesione sfrenata a letture, seminari, corsi sull‘ iper performance. Newsletter di qua, libri di la‘, video e dirette di qua…una serie infinita di distrazioni rispetto al rimedio più semplice, economico, efficace che dovrebbe adottare una madre: dormire o almeno…cercare di dormire nel tempo che le e‘ dovuto. Fare “Switch off”, come direi io.

Diventare mamma per la seconda volta è però spesso, in alcune giornate già stanche e insoddisfatte, rabbia. La rabbia materna è qualcosa di cui non si vorrebbe parlare, ma che intacca inevitabilmente molti angoli della nostra quotidianità. La panettiera che al mattino ci serve male, la collega che si dimostra poco collaborativa, la responsabile che ci lancia frecciatine poco felici. Donne attive ovunque, ma per molteplici aspetti stanche, non sufficientemente ascoltate né supportate, scarsamente riconosciute.

Un potenziale enorme per una società la cui evoluzione potrebbe essere, con poco, accelerata notevolmente.

La notizia di un’imprenditrice italiana “self made” pronunciatasi poche settimane fa su questo argomento con affermazioni poco felici mi ha lasciato un profondo sconforto. E‘ veramente o sarà ancora tutto così, quando mia figlia lavorerà? Per quanto tempo ancora questo immenso potenziale, le madri, verrà così scioccamente sottovalutato e mal compreso? Cosa dovrà succedere, perchè maternità ( e paternità) possano veramente fare pace con l’evoluzione sul posto di lavoro?

Care madri di oggi, di domani e di ieri, cosa corre nella vostra testa mentre volano queste parole e queste domande?

Da Monaco di Baviera, stanca ma forse mai abbastanza?!?

Alessandra

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Author

Alessandra Monaco di Baviera

Italiana di nascita, cittadina europea, Alessandra vive dal 2012 nella bella citta’ di Monaco di Baviera in Germania. Qui lavora da otto anni come architetto e trascorre le sue giornate dividendosi tra ufficio e cantieri. Circa tre anni fa dice si ad un nuovo progetto, quello della sua famiglia, e diventa mamma di un piccolo terremoto che colora le sue giornate di miriadi di pasticci e risate argentine. Nel 2019, rispondendo a una personale necessita’ di mettere le proprie esperienze di emigrata nero su bianco, comincia a pubblicare i propri articoli sul web, inaugurando una nuova, lunga fase di racconti sulla propria quotidianita’. Per conoscerla ancora piu’ da vicino la trovate su theitalianpot.com.

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