Vivere all'estero

L’emigrazione italiana in Australia

emigrazione italiana in Australia
Written by Manuela Sydney

Atterrata a Sydney, più di tutto, mi hanno colpita due cose: la storia degli aborigeni e la storia della grande emigrazione italiana in Australia, avvenuta in seguito alle guerre mondiali.

C’è una cosa che rende l’Australia un posto molto speciale ed è il poter assistere alla trasformazione delle culture e delle tradizioni.
La grande emigrazione italiana in Australia è ancora vicina ed è ancora possibile parlare con chi l’ha vissuta. Con i diretti interessati, con i loro figli e con i figli dei loro figli.
Quanto può resistere una tradizione?
E una lingua?
E il senso di appartenenza?
Che sentimenti provoca in chi lo vive?
Quanto cambiano le sensazioni, in base alle esperienze personali?
E i figli dei figli dei figli sapranno dal filo di quale gomitolo di quale Arianna provengono?
Quante generazioni occorrono per spezzare il filo?
Si spezza?
Rifletto.
E ogni volta che qui posso parlare italiano, o dialetto, o entro in un negozio dell’usato e trovo cose così tipiche della mia terra, penso a tutte le navi che hanno solcato l’oceano in cerca di una vita migliore.

Recentemente Nadia mi ha chiesto quale personaggio storico mi sarebbe piaciuto intervistare, se ne avessi avuto l’occasione. Le ho risposto che non nutro interesse verso i personaggi famosi. Di cui, più o meno, si sa.

Mi interessano le storie piccole, quelle delle persone che, innumerevoli, solcano il nostro passato e il nostro presente.

Quella memoria mi sembra preziosa.

Quelle vite mi pare che meritino di essere raccontate. Storie enormi di gente comune. Storie che si raccontano e si perdono nella cordata generazionale.

Nipoti che si accorgono tardi del pregio, o che lo hanno sempre conosciuto. Che custodiscono nei tratti e nei gesti, la memoria di un luogo che gli scorre nel sangue.

Ogni emigrante ha una storia e, sebbene parlando con loro i tratti comuni siano spesso uguali, le vite, i sentimenti, le esperienze, sono assai diverse tra loro.

I nostri connazionali, insieme a molte altre persone arrivate da varie parti del pianeta, hanno enormemente contribuito alla crescita di questo paese (cercando una vita migliore) e lo hanno fatto pagando un prezzo molto alto, da tanti punti di vista.

Il baule che potete vedere nella foto che accompagna questo articolo, l’ho comprato qua. In uno dei tanti negozi di antiquariato o usato che sono disseminati per il continente.

Quanta vita può nascondersi negli oggetti?

Concetta Cirigliano Perna, ha scritto libri preziosi su questo argomento.

Nel suo Non soltanto un baule scrive: “Oltre agli oggetti strettamente indispensabili, quei bauli racchiusero il coraggio, le paure e le speranze di milioni di italiani…
Il dramma dell’emigrazione, infatti, ha inizio ben prima della partenza. Esso comincia con il momento dei mille dubbi, delle notti insonni trascorse a domandarsi cosa fare: stringere i denti e rimanere in patria in condizioni di vita ai limiti della sopportazione umana, oppure rinunciare alle scarse certezze e costruire un futuro altrove
?

… Ad essi dobbiamo riconoscere il grande merito di aver diffuso nel mondo un’immagine dell’Italia e degli italiani degna di ammirazione e rispetto.

A Sydney, ma anche a Melbourne, Adelaide, Darwin, è facilissimo imbattersi in memorie italiane. Si trovano valigie, utensili, bicchieri, libri. È molto facile trovare chi capisce l’italiano o, addirittura, parla un perfetto dialetto del sud. E questa cosa mi commuove. Moltissimo.

Subito dopo le guerre, il nostro paese vide emigrare circa 19.000.000 di cittadini. Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Veneto, Friuli. Questo era lo stato della disperazione.
In troppi si sposavano giovanissimi, per procura, senza conoscersi.
Siete fortunati voi, che vi potete innamorare. Noi, non abbiamo mai avuto questo lusso.
We have never been able to fall in love.

Arrivati qui downunder gli italiani venivano spesso discriminati.

Il governo australiano di allora aspirava all’Australia bianca e non si sapeva bene come classificare gli italiani.

Di nuovo dal libro di Concetta:

Nonostante l’insistenza di Mussolini nel dichiarare la razza italiana come razza ariana, non era chiaro come gli italiani potessero essere classificati. Per definirli si inventarono espressioni ad hoc come olive complexion e, successivamente, Mediterranean appearance.

Gli italiani, per non correre il rischio di essere espatriati, dovettero imparare a controllare le loro reazioni quando erano etichettati con titoli offensivi come dagos, wops, wogs, tani, mafiosi.

Mi è capitato di parlare con Vittoria, che mi ha raccontato di come fosse umiliante essere additata per il suo panino con il salame e di come questo abbia contribuito a farle desiderare di parlare solo inglese, dimenticando l’italiano. Mi ha raccontato della vergogna per la madre che, invece, l’inglese non lo ha mai imparato bene.

E ho parlato con Maria Antonietta, a cui hanno semplificato il nome in Mary e lei è tornata a casa piangendo perché, già enormemente smarrita, non riusciva a privarsi anche del nome.

E ancora Angela, che si vergognava delle piante di pomodori e melanzane coltivate in giardino.

O Ilario che, essendo nato qua e parlando perfettamente inglese, non capiva perché dovesse essere messo in una classe per bambini di EASL (English as second Language).

Valeria poi, emigrata qui all’età di quattro anni, che onora le sue radici attraverso la lingua, i viaggi, l’attaccamento. Brilla una luce particolare nei suoi occhi, quando parla della Calabria, quando ascolta musica tipica o quando cucina italiano per i nipoti.

Sembrano piccole cose, ma sono tutt’altro. Dettagli enormi che hanno segnato vite, cambiato percezioni, legato e slegato.

Anche nella mia famiglia c’è chi è emigrato in Australia o in America. Parenti che erano un pacco in arrivo da lontano, lacrime sulla guancia di mio nonno, cartoline da terre lontane, zii che vivevano nelle mie fantasticherie.

Mi sembra un privilegio essere qui oggi e aver parlato con molti di loro.

Mi sembra un privilegio poter assistere così da vicino alla loro forza, alla loro resilienza, all’onore che hanno portato al nostro paese e a loro stessi.

Guardo alla loro dignità con rispetto e mi faccio ispirare dal loro amore per le nostre origini.

Sono partiti senza nulla se non un baule, hanno perso molto e lasciato indietro vite intere eppure, quando sentono il nome Italia, nei loro occhi appare l’orgoglio di chiamarsi italo/australiani.

Manuela, Sydney

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Author

Manuela Sydney

Sono una persona curiosa. Spesso i dettagli mi attraggono più dell’insieme. Amo viaggiare (e anche tornare). La mia passione più grande è il teatro. Ho due figli, sono calabrese, ma anche romana. Sono laureata in lettere con indirizzo teatrale e a Roma organizzavo eventi culturali. Ho fatto per 2 anni la spola tra Nigeria e Italia e per 4 anni tra Namibia e Italia.
Da qualche tempo vivo a Sydney con tutta la mia famiglia, studio naturopatia e lavoro in una radio!

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