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Da vagabonda a emigrata per amore di Barbara

Ma i primi expat come se la son cavata? Ecco l’esperienza di Barbara, emigrata per amore, che più di trent’anni fa è volata in Australia e si è reinventata proprio a seguito della sua esperienza. Seguitela su Migrants for love

Penso di aver ereditato lo spirito vagabondo da mio zio che a soli vent’anni lasciò il paesello per cercare avventura in Sud Africa. Nonostante le critiche costanti che sentivo arrivare dai famigliari, nei miei occhi l’idea di esplorare, conoscere e scoprire cominciò a farsi strada e, proprio come il mio zio avventuriero, a vent’anni anch’io lasciai il paesello!

L’idea iniziale era di passare qualche mese a Parigi per perfezionare la lingua. Era il lontano 1986 e, influenzata da anni di Hair e Jack Kerouak, mi vedevo libera e vagabonda, nonostante il tempo degli Hippy fosse passato da un pezzo, e mi abbandonai alla mia nuova vita parigina senza pormi troppe domande sul futuro.

Dopo anni passati a girovagare per il mondo mi innamorai di un viaggiatore australiano e da vagabonda diventai emigrata per amore.

Sono arrivata a Melbourne nel 1991, anni pre internet quando l’Australia era davvero dall’altra parte del mondo. Il volo durava due giorni e sull’aereo non c’erano i film on demand; le telefonate costavano un patrimonio ricordo che avevo un’offerta speciale per parlare tre minuti alla settimana con la mia mamma. E poi c’erano le lettere. Fogli di carta con fiumi di parole che non potevano essere cancellate e corrette, buste con i bordi rossi e blu che facevano battere il cuore quando spuntavano dalla buca, e di colpo non ti sentivi più cosi lontana.

Sono un’immigrata nostalgica, non c’è nulla da fare. Ma sono tuttavia felicissima dell’arrivo di internet, di Skype, di WhatsApp e dei voli con solo uno scalo e con film da guardare tutta la notte!

I primi anni a Melbourne non sono stati facili. Purtroppo mi sono resa conto molto presto che essere emigrata per amore non apportava tutti i vantaggi della vita indipendente, spensierata e senza impegni a cui mi ero abituata.

Oltre al fatto della lontananza, sorsero subito una serie di problemi che non avevo programmato.

Nonostante avessi sviato alcuni di quegli ostacoli che si devono affrontare arrivando in un nuovo paese, come per esempio trovare casa e sentirsi persi in una città sconosciuta (avevo una guida locale, con casa in quartiere tranquillo!), non tardai ad accorgermi che la mia vita era completamente dipendente ed avevo perso la mia identità.

Il mio futuro marito tornava a casa dopo un anno passato a viaggiare e cominciò subito a lavorare, a vedere gli amici, a passare tempo con la sua famiglia, con me al seguito naturalmente! Io non potevo lavorare perché non avevo il visto giusto ed ero finanziariamente dipendente da lui. I suoi amici erano carini e disponibili, ma non mi vedevano come un individuo ma come parte di una coppia, ero socialmente dipendente da lui. E infine c’era la sua famiglia, accogliente in superficie ma senza nessun desiderio di approfondire la mia conoscenza. Ero la fidanzata italiana, abbastanza esotica ma non sempre facile da capire!

Con questi precedenti mi chiedo come diavolo mi sia venuta in mente l’idea di richiedere la residenza e passare quattro mesi ad aspettarla. Per amore, solo per amore!

Con il visto giusto la mia vita ha preso un’altra direzione. Innanzi tutto ho cominciato a lavorare come insegnante di italiano, un lavoro che ho amato da subito e che mi ha dato la possibilità di acquistare sicurezza nelle mie capacità, oltre che a darmi un’indipendenza economica. Tramite il lavoro ho conosciuto altre ragazze italiane che sono diventate la mia famiglia e piano piano ho trovato il mio posto a Melbourne.

Ci siamo sposati e abbiamo avuto due meravigliose bambine. Il mio giro di amicizie è cresciuto, con l’asilo e la scuola sono entrata a far parte della comunità del quartiere ma i disagi di quei primi anni facevano ancora capolino.

Per venirne a capo ha fatto parecchio lavoro su me stessa, con l’aiuto di un bravo counsellor, fino ad arrivare al punto in cui ho deciso che questo lavoro poteva essere d’aiuto agli altri e, alle soglie dei quarant’anni, sono tornata a studiare.

Dal 2009 sono diventata counsellor e in questi anni ho lavorato nel campo sociale, dedicandomi soprattutto al sostegno delle donne e collaborando con varie organizzazioni di assistenza.

Dal 2015 ho cominciato a lavorare in proprio, concentrandomi sul lavoro online e lavorando soprattuto con problematiche relative all’espatrio.

Ora che le mie ragazze sono cresciute, il mio sogno è di rincorrere l’estate e passare sei mesi a Melbourne e sei mesi nella vecchia Europa, emigrata per amore e vagabonda!

Barbara, Melbourne.

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Se anche tu sei come noi una #adieffina per il mondo, alle prese con nuove abitudini, costumi, lingua e fusi sei la persona che fa per noi. Raccontaci la tua storia, chiacchiera con noi, allarga i nostri orizzonti. Questo spazio è tutto per te .

5 Comments

  • Bravissima Barbara anche se mi discosto da te sul tema ” nostalgia”…Io vivo molto ma molto più vicina all’Italia…e sono quasi costretta a tornarci spesso data l’età super avanzata di mia madre che , testarda ed autonoma ..quasi, vive da sola ….coadiuvata da sorella e, fratello e nipote…ciononostante …leggendo la tua frase “sei mesi a Melbourne e sei nella vecchia Europa” mi sono venuti i brividi..sì perchè a me 10 giorni mi bastano e avanzano e vado in pura depressione ogni volta che vado là e comincio a contare giorni ore minuti secondi che mi separano alla partenza ..e la presenza , gli incontri le merende gli abbracci con amiche carissime e figli…ne ho tre là non riescono a farmi sentire ” a casa”…zero via zero…casa è dove sono ora …Italia un luogo nel quale sono vissuta per un dato periodo….sono emigrata felice e convinta,ogni mattina mi alzo saluto con gioia la mia casa , il mare che vedo in fondo all’orizzonte pianifico la giornata e sorrido alla vita!

    • Ciao Gabriella, non so dove tu viva, ma piu’ che nostalgia di Italia io ho “voglia” di Europa, di pietre vecchie e di quel bagaglio culturale che appesantisce un po’, ma fa parte di me 😉

  • Questo post giunge esattamente a puntino, dopo una riflessione che ho fatto sul io blog qualche giorno fa. Sto cercando di collezionare storie di donne che si sono spostate “per amore”, non per un progetto di vita personale. Qualche anno fa passai un periodo come volontaria alla Caritas e lì per la prima volta sentii parlare della depressione della donna che segue l’uomo per il progetto migratorio e di vita di LUI, mentre lei trova sempre mille difficoltà ad integrarsi, trovare un progetto proprio, un posto e un senso nella vita. Nel 90% dei casi è la donna che segue l’uomo. E quando si tratta di migranti da paesi più poveri, finisce che le donne stanno sempre tra loro, non escono di casa, non imparano la lingua, etc (e vengono in ambulatorio con il figlio di 5 anni che traduce, perché lui invece andando a scuola sa tutte le lingue). Ovviamente è un po’ diverso per noi expat, perché le donne, istruite, imparano la lingua, trovano un lavoro oppure pensano “ma sì, è il momento giusto per procreare” e nel frattempo fanno figli, aiutate anche dal fatto che di solito uno stipendio all’estero è sufficiente per una famiglia e si inseriscono nella vita sociale del posto tramite i figli. In qualche modo però tutto ciò è socialmente accettato, mentre se fosse il contrario (l’uomo che sta a casa e ci mette anni a re-inventarsi, solo per seguire la carriera della moglie) tutti penserebbero che lui è strano o sta buttando il suo tempo o è sottomesso, etc.
    Credo che tu abbia molta esperienza in questo campo, visto il tuo lavoro come counsellor. Cosa ne pensi? Mi farebbe piacere scambiare qualche idea 🙂 Grazie mille!

    • Ciao Aidi, sono sempre disponibile a parlare delle difficolta’, a volte nascoste, dell’emigrata per amore. Contattami pure in privato e saro’ felice di condividere la mia esperienza personale e professionale e sapere qualcosa di piu’ sul tuo lavoro alla Caritas. A presto 🙂

  • Come ti capisco Barbara! Io sono in Australia dal 2009 e per i primi anni, non mi è mancato niente dell’Europa…qui tutto era bello, nuovo, esotico, non ho guardato indietro per tanto tempo.
    È solo di recente che, mentre la mia vita qui si fa stabile e ‘definitiva’, la malinconia dell’Europa mi assale. Ed è malinconia ma non delle cose che avevo in Europa (non le avevo impegnata a sopravvivere con il mio lavoro precario) ma delle cose che potrei avere ora, con sennò di poi.
    Poter volare in una capitale, vedere le alpi, parlare in altra lingua….
    Spezzata tra NSW e Queensland il mio posto del cuore in Australia forse lo devo ancora trovare. Eppure tante piccole cose sono casa anche qui…le spiagge, l’oceano, la natura…
    I famosi sei mesi e sei mesi sono anche il mio sogno e forse l’unico equilibrio che si può trovare tra il vecchio e il nuovo continente.

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