Reinventarsi

Il PhD: una valida alternativa per rimanere in Australia?

PhD per rimanere in Australiacom
Written by Amiche di fuso

Come vi pre-annunciavo qui, la fine è giunta. Dopo quasi 4 anni e 345 pagine di tesi, il mio dottorato di ricerca alla University of Sydney è (quasi)* giunto al termine. È stata una bella esperienza? Non sempre. Lo rifarei? Al momento la mia risposta è decisamente no, ma sono ancora sotto l’effetto dell’euforia post-consegna. Ne è valsa la pena? È presto per dirlo. Fare un PhD per rimanere in Australia è una valida alternativa per chi non ha altre opzioni? Potrebbe esserlo, con le dovute premesse e precauzioni. Ma andiamo per ordine.

Innanzitutto, che cos’è un PhD?

Il PhD (o dottorato di ricerca) è un corso di studi di 3 anni (ufficialmente, anche se nella realtà ne può durare molti di più) che consiste nel condurre una ricerca su un argomento specifico sotto supervisione di un paio di professori (non necessariamente esperti nel settore). A seconda dell’area di ricerca, il PhD può comportare esperimenti di laboratorio, ricerca sul campo (anche all’estero), interviste o focus groups, questionari o altri metodi di ricerca qualitativi e quantitativi. Durante il PhD sarà possibile seguire dei corsi, fare tutoraggio, partecipare a conferenze etc, ma niente di tutto questo è obbligatorio o garantito. Sta al singolo studente muoversi attivamente in questo senso. Infine, il dottorato culmina in una tesi sostanziosa (in Australia si tratta di circa 80.000 parole) che solitamente non viene discussa, ma analizzata da tre esaminatori selezionati.

Quali sono i vantaggi di un PhD?

  • Possibilità di ottenere un visto: da un punto di vista prettamente pratico e materiale, essere ammessi a un dottorato di ricerca, solitamente, vi garantirà un visto per la durata del programma e, per lo meno in Australia, la possibilità di rimanere per un certo periodo nel paese dopo la fine del programma per cercare lavoro. E in un paese come l’Australia, dove è piuttosto difficile ottenere un visto per un periodo relativamente lungo, non è una cosa da sottovalutare.
  • Possibilità di ottenere una borsa di studio: solitamente, chi fa un PhD all’estero, lo fa dietro borsa di studio. Come studente internazionale infatti, il dottorato avrebbe altrimenti costi proibitivi. Volete un esempio? Un anno di PhD in giurisprudenza all’University of Sydney senza borsa di studio vi costerebbe 40.000$ l’anno. E spesso la borsa non copre solo il costo delle tasse universitarie, ma prevede anche un piccolo stipendio (in Australia siamo intorno ai 27.000$ l’anno netti) che vi permette di studiare senza dovervi necessariamente trovare un altro lavoro. Inoltre, c’è la possibilità di fare domande per più borse una volta cominciato il dottorato, ad esempio per comprare dell’equipaggiamento che vi serve, oppure per presentare o partecipare a una conferenza o simili.
  • Fare ricerca attiva e sul campo: la maggior parte dei dottorandi che ho conosciuto in questi anni sono stati attratti proprio dalla possibilità di fare ricerca attiva e sul campo durante il PhD. Personalmente, ho scoperto che questa possibilità dipende moltissimo dal campo di ricerca, dalle possibilità finanziarie, dalle tempistiche e dalla predisposizione di relatori e università. Organizzare ricerca attiva richiede molta pazienza, programmazione e spirito di iniziativa, e non è per tutti… ma è sicuramente una possibilità per molti!
  • Il più alto livello di istruzione possibile: anche se è possibile fare un post-doc dopo il PhD, il dottorato di ricerca è il più alto livello di istruzione che è possibile ottenere. Insomma, più qualificati di così non si può essere, anche se ovviamente è possibile ottenere più di un dottorato (ma chi vorrebbe farlo a parte Sheldon Cooper?).
  • Possibilità di insegnare all’università: generalmente – al giorno d’oggi – per diventare un professore universitario è necessario un PhD. Come lecturer forse non è sempre necessario, ma per diventare professore a tutti gli effetti, questo titolo è necessario. E se, come nel mio caso, insegnare non è nei vostri piani immediati, fa sempre comodo avere il dottorato in tasca per poterlo usare, in futuro, se i vostri piani cambieranno.
PhD per rimanere in Australia

Photo courtesy of pixabay.com

Quali sono le difficoltà di un PhD?

  • Motivazione: chi inizia il PhD sa quando comincia, ma non può sapere quando finirà. In teoria il programma dura 3 anni ma, in pratica, finire entro 4 è un miracolo. In media se ne impiegano più di 5. Soprattutto se si prevede di fare ricerca sul campo, esperimenti o altri metodi di ricerca “hands on”, sarà molto difficile rientrare nei tempi previsti e la durata del PhD può estendersi significativamente. In tutto questo, è difficile mantenere la motivazione e l’entusiasmo per il progetto che si è iniziato. Nonostante la passione per l’argomento scelto, arriverà necessariamente un momento – di solito verso il secondo anno – in cui il solo pensiero di leggere o scrivere anche solo un’altra parola in materia ti fa venire il vomito. Momento che deve necessariamente passare, se non si vuole abbandonare il progetto.
  • Originalità: è requisito del programma che la tesi ed il progetto siano “substantially original contribution to the knowledge of the subject concerned“. Questo comporta una pressione enorme durante l’intera durata del programma e, in particolare, nelle fase di stesura della tesi. Come essere originale? Che punto di vista diverso assumere? Da che angolo affrontare il problema? Queste sono solo alcune delle domande che affliggono i dottorandi dal primo all’ultimo giorno di PhD e la risposta non è per nulla facile o scontata, altrimenti saremmo tutti dottori. Inoltre, data la durata del progetto, è possibile che, mentre voi siete ancora strada facendo, qualcun altro vi “rubi” l’idea e pubblichi materiale in linea con il vostro pensiero. Dovrete allora essere bravi a sfruttare questo materiale in supporto alla vostra tesi, ma senza farvi perdere il vostro punto di vista originale.
  • Ostacoli durante la ricerca:  specialmente se si usano metodi “attivi”, è possibile e probabile che avrete qualche intoppo. Un esperimento che non viene, un participante da intervistare che si ritira, questionari non restituiti, ipotesi che si rivelano sbagliate. Fa parte della ricerca trovarsi in vicoli ciechi, dover fare dietrofront e ricominciare dall’inizio. Se va bene, una soluzione alternativa la si trova, se va male si deve pensare a un piano B. Sarebbe semplice gettare la spugna ed ammettere la sconfitta, ma qui entrano in gioco la creatività e la tenacia di un dottorando.
  • Solitudine: personalmente questo è stato l’ostacolo più grande dei miei ultimi 4 anni, ma capisco che è una cosa molto personale e che dipende molto dal campo in cui si fa ricerca. Per chi lavora in laboratorio, ad esempio, o fa parte di una squadra, ovviamente questo problema non si pone. Ma per chi fa ricerca individuale, magari nella solitudine della propria casa o di una biblioteca, tutto questo tempo passato da soli può essere davvero alienante e bisogna fare uno sforzo per cercare di socializzare nel tempo che non si passa davanti al computer.

Cosa ci vuole per fare un PhD?

  • Disciplina, tenacia e costanza: per fare fronte alle difficoltà di cui vi ho parlato sopra, per portare a termine un progetto lungo e complicato con il PhD, ci vogliono disciplina, costanza e tenacia. Come minimo. Se siete persone che si stufano a fare le stesse cose, che iniziano mille progetti ma non ne completano nessuno o ancora, che hanno continuamente bisogno di stimoli e input per andare avanti, allora il PhD non fa per voi.
  • Self-management: spesso e volentieri come dottorandi sarete i padroni di voi stessi. Siete voi a dettare i vostri orari, i vostri obiettivi, i vostri traguardi; siete voi a dover riconoscere quando state procedendo bene, e quando invece state avendo difficoltà. Certamente avrete uno o più relatori che in teoria vi dovrebbero guidare in questo lungo percorso, ma non sempre faranno il loro dovere. Saranno sicuramente molto impegnati, e potrebbero non seguirvi come vorreste/avreste bisogno, e dovrete essere in grado di gestire il vostro progetto da soli.
  • Capacità di lavorare/essere da solo: a seconda del campo di ricerca, potreste dover passare – come nel mio caso – tutte le vostre giornate da soli e per questo è essenziale che siate a vostro agio in solitudine. Non avere nessuno con cui chiacchierare, nessuno a cui chiedere consiglio, nessuno da cui essere caxxiati. Se tutto questo vi sembra impensabile, allora forse il PhD non fa per voi.
  • Fortissimo interesse per un argomento specifico: come ho già detto, portare a termine un progetto della durata e complessità del PhD non è un gioco da ragazzi, le difficoltà sono tante e superarle è possibile SOLO se si ha un forte interesse per l’argomento scelto. Se l’interesse e la passione non ci sono (se, per esempio, si sceglie un argomento dietro indicazione del relatore), vi posso assicurare che sarà molto difficile raggiungere la fine.
  • In questa lista non ho volutamente incluso l’ottima conoscenza della lingua straniera, perché per me è scontato. Ma è ovvio che questo è forse il requisito principale per poter fare un PhD. Questo va oltre il gergo tecnico della materia o la grammatica, e comprende una più ampia padronanza della lingua. Per farvi un esempio, mentre in Italia fin dalle elementari siamo incoraggiati a scrivere periodi lunghi e complessi, qui in Australia si prediligono invece frasi corte e semplici. Inoltre, ci sono parole che in italiano hanno una connotazione positiva, mentre in inglese la stessa parola ha un valore negativo. Una confusione incredibile.

Il PhD non è sicuramente un percorso facile: già essere ammessi e ottenere la borsa di studio è difficile, ma la parte più difficile viene una volta cominciato. Infatti non è per niente facile portare avanti un progetto per almeno 3 anni, relazionarsi con la facoltà, e stabilire un rapporto stimolante con il proprio relatore. C’è molta pressione affinché la tesi e il progetto siano originali e innovativi, e non è certamente facile scrivere una tesi di quel calibro.

Ma le soddisfazioni sono sicuramente tante e le possibilità di trovare un buon lavoro dopo la laurea parrebbero aumentare (su questo punto purtroppo non posso esprimermi perché, come sapete, per il momento sono solo porte in faccia). Tutto questo per dirvi che fare un PhD per rimanere in Australia, se volete davvero rimanere in Australia, e siete intenzionati a studiare per farlo, potrebbe essere una valida alternativa. Ma non aspettatevi che sia una passeggiata: io vi ho avvisato, eh?

Claudia, Australia

 

*Quasi perché al momento ho consegnato la tesi che è in fase di esaminazione da parte di tre esperti. Il verdetto si spera che arrivi presto!

Claudia ha collaborato con Amiche di Fuso da dicembre 2014 a novembre 2019.

Potete leggere Claudia qui

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Amiche di fuso

Amiche di fuso è un progetto editoriale nato per dare voce alle storie di diverse donne, e non solo, alle prese con la vita all'estero. Vengono messi in luce gli aspetti pratici, reali ed emotivi che questa esperienza comporta e nei quali è facile identificarsi. I comuni denominatori sono la curiosità, l'amicizia e l'appoggio reciproco.

11 Comments

  • Ottimo resoconto! Mi sa che con le mie mille domande via WhatsApp ti ho dato lo spunto per questo post 😉
    Grazie ancora per il tuo supporto, perché sinceramente io non pensavo ci volesse mediamente così tanto tempo e che in tutto quel tempo avrei scritto SOLO del mio argomento della tesi!!!
    Per ora quindi lascio l’opzione PhD in stand by e vediamo dove mi porta questa mia nuova avventura di Revit Lecturer.
    Vedrai che le tue porte di apriranno, in un modo o nell’altro 😉

    • Ma figurati… e’ stato ed e’ un piacere potermi confrontare con te ed esserti utile quando posso! Purtroppo il mondo del Phd e’ ancora sconosciuti ai piu’ e non e’ sicuramente un percorso semplice… ma puo’ sicuramente essere una valida alternativa per qualcuno!

  • Complimenti! Allora è fatta! Terminata una fase importante, ti si apriranno adesso opportunità fra le quali scegliere.
    Auguri

    • Grazie mille Gin. Purtroppo per il momento é una strada tutta in salita quella della ricerca del lavoro! Ma speriamo che notizie positive mi aspettino all’orizzonte! Un abbraccio

  • Brava Claudia, avevo valutato anch’io questa strada quando l’ordine degli psicologi australiani ha solo parzialmente riconosciuto la mia laurea, ma i costi erano per l’appunto proibitivi!
    Ho trovato più altre strade per la permanent residency e il prossimo mese farò domanda di cittadinanza. La mia esperienza è che anche in Australia trovare loopholes funziona meglio che puntare su qualifiche conquistate con fatica, purtroppo!!

    • Dicimo che se un’ulteriore laurea non ti serviva e hai trovato un altro modo per vedere la tua laurea riconosciuta e ottenere la PR, allora hai fatto bene! Congratulazioni per la quasi cittadinanza! So bene che emozione sia!

  • Mi ha colpito quello che hai scritto sotto “Innanzitutto, che cosè un PhD?”, oltre ad alcune cose dopo :-). Tornando a “che cos’è un PhD”, quello che tu scrivi vale per la “tua” università o per tutte le università dell’Australia e tutte le “materie”? Io ho fatto il PhD in Svezia, durata 4 anni, in una materia scientifica con molta ricerca in campo. Nel mio caso seguire i corsi è stato obbligatorio. Ho dovuto fare pubblicazioni per poter arrivare alla tesi, se non hai pubblicato su riviste internazionali, nel mio caso scientifiche, allora non puoi presentare la tesi. Devi presentare i risultati a conferenze e la tesi viene ancora discussa o “difesa” come si dice. Cioè prima devi aver pubblicato degli articoli su “riviste” internazionali, poi devi passare l’approvazione di una commissione e alla fine la difendi di persona davanti alla commissione e al pubblico. Ecco di quante parole debba essere in realtà non mi sembra sia indicato qui :-). WOW, allora complimenti per la quasi fine e buona fortuna per il futuro!.

    • Grazie per i tuoi commenti!
      Ovviamente io ho descritto la mia esperienza nella facoltà di giurisprudenza nella University of Sydney, ma alcuni tratti sono comuni anche ad altra facoltà e università.
      Essendo il mio PhD in una materia umanistica, si differenzia moltissimo da uno in campo scientifico, che sicuramente ha molto più tempo passato in laboratorio o in ricerca sul campo. In generale qui non si seguono corsi durante il PhD, a eccezione di alcuni corsi di supporto che l’università può offrire (io ad esempio ho dovuto seguire un cordo di ricerca legale ogni anno, ma era molto blando e 1 sola volta a settimana per un term). La pubblicazione di articoli è altamente caldeggiata fin dal primo giorno e sicuramente aiuta a dare validità alla tesi in sede di esaminazione, ma non è obbligatorio pubblicare. Se però si vuole entrare poi nel mondo dell’accademia, allora sarà necessario avere pubblicato diversi articoli. Penso che in generale in tutta l’Australia la tesi non sia discussa ma soltanto presentata agli esaminatori, ma ci sono alcuni casi in cui una discussione è prevista se la ricerca è particolarmente “artistica” o se prevede progetti pratici. Per la tesi, come ho scritto sopra in Australia si tratta di circa 80.000 parole, ma quando io ho cominciato la mia facoltà ne prevedeva 100.000, quindi io sono potuta stare tra le due cifre. Questo è quanto!

  • Posso {semplicemente | semplicemente | dì solo che conforto scoprire qualcuno che genuinamente know cosa sono discutendo sul web . Sicuramente sai come rendersi conto di come ottenere un problema alla luce e renderlo importante. Sempre più persone dovrebbe vedi questo e capisci questo lato di storia. Non ci posso credere non sei più popolare dato che tu l’hai dato certamente proprio il regalo.

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