Espatrio Tips&Tricks

Guida femminista all’espatrio e alla vita all’estero

Guida femminista espatrio
Written by Elisa, Abu Dhabi

Lo so, questo titolo farà storcere il naso a qualcuna. E in fondo l’ho scelto apposta. No, non per far storcere il naso, ma per attirare l’attenzione di chi potrebbe avere bisogno di leggerlo. Per esempio la me di dieci anni fa.

Io non sono partita a seguito di un partner. Almeno, non nel senso in cui lo si intende spesso: il mio compagno non aveva ricevuto un’offerta di lavoro all’estero che ci aveva richiesto di spostarci. Il mio ragazzo sarebbe partito volentieri, ma per uno stage di sei mesi: l’espatrio e sempre stata una mia idea, un mio obiettivo che ho perseguito con determinazione fin dal liceo, quando mi ero imbattuta nel primo blog di Greta da Milwaukee e mi ero chiesta come potessi trasferirmi anche io, un giorno, negli Stati Uniti.

Sono passati dieci anni (ma che davvero?) e negli Stati Uniti non ci sono mai arrivata. Vi diro di più: nemmeno credo di volerci andare. Sto bene ad un paio d’ore di aereo e di fuso da tutti i miei affetti, a distanza di treno dalla Torre Eiffel, in un Paese dove la sanità pubblica esiste, le pistole le portano solo i criminali e i sindaci vanno a pregare nelle moschee come nelle chiese.

Però un paio di cose sull’espatrio al femminile le ho imparate: prima in coppia, poi da single ed infine in coppia internazionale. E le condivido qui, non per chi è una veterana, ma per chi approccia questa vita per la prima volta, magari da molto giovane.

Perché la me diciannovenne avrebbe voluto sentirsi dire queste cose, e invece ha sentito solo lamentele sul cibo francese e inviti a non abbandonare la famiglia di origine.

1) La lingua locale

Forse sei in partenza per un Paese di cui conosci la lingua, forse no. Nel secondo caso, chiediti se vuoi impararla o meno. Chiediti anche quanto ti ci vorrà a impararla, e se avrai il tempo di impararla bene. In questo Paese parlano una lingua in cui ti riesci ad esprimere in caso di emergenza? Se la risposta è no, puoi appoggiarti a un partner, o un amico, con cui comunichi bene o ti servirà un traduttore?

Esempi di vita vissuta: nel 2015 sono andata a Dubai come ragazza alla pari presso una famiglia a cui avevo fatto da babysitter in Francia. Mi avevano voluta esplicitamente perché la madre non parlava bene inglese, e il padre era spesso in giro per lavoro. La seconda settimana mi sono trovata a tradurre un ricovero per sospetta appendicite di uno dei bambini. Probabilmente per la famiglia sarebbe stato un grosso stress se io non ci fossi stata dall’inizio. Più probabilmente per la madre, visto che a lei in questa dinamica toccava la cura della prole. E infatti ha insistito affinché in casa ci fosse qualcuno che parlasse inglese e francese in caso di emergenze.

Quando ero in Macedonia, ho scelto di imparare il macedone a livello base, perché avrei lavorato in inglese e perché avendo un’assicurazione sanitaria, avevo accesso ad ospedali in cui si parlava inglese. Quando ho avuto una polmonite non da covid durante il covid, l’unico modo per farmi avere degli antibiotici è stato far chiamare il mio amico macedone che poteva parargli in lingua locale. E comunque, quando sono andata a comprare le lenzuola ho dovuto disegnare i vari pezzi di biancheria su un foglio perché nel 2020 non c’era il macedone su Google Translate.

2) Indipendenza Economica

Questo punto non è necessariamente legato all’espatrio, ma può essere reso più complicato dall’espatrio a causa di valute diverse, tempi di trasferimento e cambio di valore della moneta.

Se sei donna e parti a seguito di un partner, hai modo di mettere qualcosa da parte su un conto tuo? Conti di iniziare a lavorare a un certo punto, anche solo per avere un po’ di soldi a tuo nome? Il tuo partner capisce l’importanza del fatto che tu abbia soldi tuoi? Se invece hai un lavoro tuo, riesci a mettere qualcosa da parte ogni mese o va tutto in costi e servizi per la famiglia? Se dovesse succedere una disgrazia e uno di voi due dovesse morire, sai che i suoi beni verrebbero congelati per un periodo? Avresti di che vivere, per te e per eventuali figli, se dovesse succedere, e viceversa?

Esempi di vita vissuta: quando io e il mio ex ci siamo lasciati e lui è rientrato in Italia, mi ha lasciata sola a pagare l’affitto dell’appartamento che avevamo preso insieme. Sono riuscita a coprire il doppio affitto il primo mese grazie ai pochi soldi che avevo risparmiato nei primi mesi di lavoro, e poi affittando l’appartamento su AirBnB quando andavo via i fine settimana. Se avessi dovuto inviarmi soldi dall’Italia, era il periodo peggiore per farlo perché avrebbero perso moltissimo al cambio.

3) Skills e formazione

Cosa speri di guadagnare dalla tua esperienza all’estero? Che capacità vuoi acquisire e come ti serviranno in futuro? Va benissimo fare un’esperienza, o imparare una lingua, ma sii chiara con te stessa su cosa ti aspetti e cosa renderà l’esperienza all’estero degna di essere vissuta.

Esempio di vita reale: A Londra ci sono finita soprattutto come compromesso con il mio ex, che non voleva vivere in un paese non anglofono visto che già parlava a fatica inglese. Quando ci siamo lasciati, ho deciso che sarei restata per diventare Project Manager, un ruolo che mi sembrava sufficientemente in domanda e versatile per me. E infatti grazie alla mia esperienza in project management, ho potuto lasciare Londra per la Macedonia, e tornarci quando ho voluto.

4) Sogni e aspettative

A cosa stai rinunciando per andare a vivere all’estero? Una domanda che dovrebbero farsi tutti, ma che dovremmo farci ancora di più noi donne, cronicamente tacciate di trascurare la famiglia, traumatizzare i figli e di essere egoiste. Chiedersi cosa si lascia indietro può aiutarci a capire con che spirito stiamo facendo il passo avanti: uno spirito di avventura, di sacrificio o entrambi? E non è che sia necessariamente sbagliato espatriare con spirito di sacrificio: ci sono cose più grandi che i nostri sogni individuali. Per me reinventarsi è un’arte bellissima, e tante di noi, me inclusa, hanno trovato nell’estero l’occasione perfetta per farlo. Ma è importante coltivare questo dialogo con noi stesse, ed essere sicure che il futuro che ci stiamo costruendo, per quanto diverso da quello che ci siamo immaginate, è un futuro che ci piace.

Esempi di vita vissuta: io non mi sono mai vista a vivere in Italia, e quindi non immaginavo di stare rinunciando a qualcosa. Finché non ho iniziato a vedere i miei amici di infanzia fare trekking di un giorno insieme, o la mia famiglia fare i barbecue a distanza in giardino durante la quarantena. E mi sono resa conto della differenza tra ciò che è gratis e ciò che ha un prezzo che sei disposto a pagare.

5) Network di supporto

Una delle cose che manca più spesso all’estero è un network di supporto. Soprattutto in grandi città, in Paesi dove la cultura è più individualista, o in posti dove non si parla bene la lingua è difficile trovare qualcuno che vada a comprarti il pane se sei ammalato, che abbia una copia delle chiavi di casa per ogni emergenza, o che abbia voglia di costruire qualcosa di più che una superficiale amicizia. E nel frattempo, ti mancherà il network di supporto che possa accompagnare i tuoi genitori a una visita, o aiutarli a cambiare contratto telefonico.

Si, questo vale per tutti, ma questo pesa più spesso sulle donne perché sono quelle che si dedicano alla cura dei famigliari. Non sottovalutare lo stress che questo comporta, la voglia di avere il dono dell’ubiquità per essere presente in due posti contemporaneamente, e la fatica di occuparti di una famiglia senza il villaggio di contorno.

Esempi di vita vissuta: qui avrei mille esempi da fare, ma ve ne lascio due che mi fanno salire le lacrime agli occhi. Il primo è dell’epoca del Covid, quando ho invitato due persone che conoscevo da due mesi a trasferirsi a casa mia per non restare isolati ognuno nel suo appartamento, e abbiamo passato due mesi bellissimi (e a volte anche difficili) sostenendoci gli uni gli altri. Uno dei due l’ho perso di vista, l’altra è rimasta una delle mie migliori amiche. L’altro è stato il giorno in cui io e il mio compagno ci siamo finalmente trasferiti nella nostra nuova casa, e ci siamo resi conto di non avere nessuno da invitare per una cena celebrativa in cima agli scatoloni perché degli amici che avevamo invitato per il nostro ultimo trasloco due se ne erano andati da Londra, due erano in vacanza e due si erano rivelati meno amici del previsto.

6) La coppia

Su questo tema chiamo in causa altre amiche di fuso. Ne ha parlato Manuela, sfornando un decalogo per me utilissimo su cosa rappresenta per lei un percorso di coppia. Nadja invece ha parlato proprio delle difficoltà extra della coppia in espatrio, di come il peso delle decisioni fuori da una zona conosciuta sia più pesante, e di come il risultato sulla coppia dipenda molto da ogni situazione. E che quindi sia possibile che la coppia scoppi, come ci raccontava una lettrice.

E se la coppia scoppia all’estero, ci sono una serie di problemi aggiunti.

In primis, cosa fare? Restare dove si è o tornare nel Paese di origine? E se i Paesi di origine della coppia sono più di uno? O se eventuali figli non sono necessariamente d’accordo fra di loro o con i genitori? Cosa fare se uno dei due ad un certo punto avesse un’opportunità in un altro Paese? Accettereste di far viaggiare i figli, o di viaggiare voi? E di ritorno al punto due: da donne riuscireste ad essere economicamente indipendenti ed eventualmente sostenere i figli, qualora il vostro partner (e Dio non voglia, ma sappiamo tutti che può succedere) decida di non darvi immediatamente sostegno economico?

No, non sono argomenti facili o piacevoli di cui parlare. Ma sono necessari.

Storie di esperienza vissuta: dopo una serie di rotture in cui il dialogo sembrava impossibile, una delle cose che faccio regolarmente col mio compagno è parlare del caso peggiore. Quando abbiamo acquistato casa, ci siamo seduti e abbiamo scritto una lettera a noi del futuro, dicendoci come avremmo voluto comportarci in caso di rottura, anche unilaterale o per tradimento. Abbiamo lasciato che fossero i noi razionali di oggi a ricordarci che tipo di persone vogliamo essere il giorno in cui le cose dovessero farsi difficili.

7) Il piano di vita

Con l’eta adulta capita di mettere il pilota automatico. Almeno a me, e pure spesso. Una cosa che mi aiuta molto a rimettermi in prospettiva e il cosiddetto piano di vita: l’immagine che ho di me tra cinque, dieci e venti anni. Cerco di ritagliarmi un giorno per pensarci ogni anno, e poi di fare dei check-in ogni trimestre per vedere se la vita che sto vivendo si allinea con la persona che voglio essere. A volte quell’orizzonte futuro cambia, e sono necessari aggiustamenti. Ma farli tenendo in mente chi voglio diventare mi aiuta ad avere il coraggio di attuare il cambiamento o di tenere duro se non vedo i risultati previsti.

Esempi di vita vissuta: quando ho dovuto scegliere se restare in Macedonia con un contratto molto temporaneo o tornare a Londra, mi sono chiesta cosa avrei rimpianto di più a quarant’anni: e alla fine, per quanto dura, è stata la scelta migliore.

Conclusione: mettersi prima la propria mascherina

L’ho scritto varie volte, ma noi donne occupiamo storicamente posizioni di cura. Cura dei figli, ma anche dei partner, della casa, delle relazioni della famiglia. Ecco, se c’è una regola che insegnerei a ogni bambina, ogni figlia, ogni donna del futuro, è una regola rubata agli aerei di linea: mettiti prima la tua mascherina. Assicurati di avere abbastanza ossigeno da sopravvivere a qualunque scenario: ossigeno economico, psicologico, relazionale. Controlla questi aspetti regolarmente, e assicurati che siano sempre in ordine. Fallo per te stessa, ma anche per tutti quelli che puoi aiutare e sostenere se hai il tuo flusso di ossigeno a disposizione.

Elisa, Londra
foto: Unsplash

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Author

Elisa, Abu Dhabi

Nata con i piedi nell’Adriatico e cresciuta sotto le Due Torri, una delle mie prime ricerche su Google è stata “come ci si trasferisce negli Stati Uniti”: i risultati mi hanno convinta dell’importanza fondamentale della libertà di movimento in Europa. Ho vissuto in Francia, a Londra, in Macedonia e ora faccio base ad Abu Dhabi. Mi occupo di sostenibilità, insegno yoga, sono ambasciatrice dello slang parigino di banlieue nei quartieri bene di Londra e della cucina vegana senza glutine in giro per il mondo.

4 Comments

  • Uno degli articoli più belli e concreti mai letto!!! Si percepisce il vissuto che c’è dietro, al di là delle emozioni a caldo, e è tutto molto giusto e calibrato sull’esperienza!

  • Ciao Elisa, la tua è una analisi molto chiara, noi (io e il mio gruppo Transiti) abbiamo appena pubblicato una guida psicologica all’espatrio e vista la tua esperienza vorrei un tuo commento. Ti lascio un mio contatto per scriverti e per poi inviarti il pdf del libro. Un saluto Anna. anna.pisterzi@transiti.net . Bello il titolo.

    • Ciao Anna, ti ho inviato una email! Da insegnante di yoga, sono molto interessata al tema del benessere in espatrio di cui vi occupate.

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